SCIENZA E RICERCA

Il rebus dei raggi cosmici

Ogni giorno, ogni ora ed ogni secondo, particelle lanciate fino a raggiungere la velocità della luce, si scontrano contro l'atmosfera del nostro pianeta. Una raffica di elettroni, protoni e frammenti di nuclei giunge sulla Terra. Questi fenomeni, i raggi cosmici, sono organizzati in una pioggia di cariche elettriche positive e di cariche elettriche negative. Alcune giungono a noi ad energie che possono essere eguagliate dagli acceleratori di particelle costruiti dall’uomo, altre ci sono sparate contro ad energie centinaia di milioni di volte superiori. Le più comuni si imbattono casualmente nel nostro pianeta provenendo dai ogni luogo della Via Lattea, le meno frequenti giungono fino al Sistema Solare dagli angoli più remoti dello spazio, al di fuori della nostra galassia.

La domanda che gli astrofisici si pongono, da ormai più di un secolo, è: quali affascinanti oggetti spaziali possono imprimere accelerazioni così eccezionali a particelle subatomiche? E dove si trovano questi oggetti?

“Dare una riposta a questi quesiti non è affatto semplice”, commenta il professor Michele Doro, astrofisico del dipartimento “Galileo Galilei” dell’ateneo padovano: “Queste particelle viaggiano in una traiettoria a zig-zag, deviate dai campi magnetici dell’universo”. Si può intuire che ripercorrere a ritroso il viaggio dei raggi cosmici attraverso la Via Lattea sia una sfida tutt’altro che semplice, se non impossibile, ma ciò nonostante negli ultimi cento anni sono stati fatti passi da gigante.

Era infatti solo il 1910, relativamente poco tempo fa, quando Victor Franz Hess, munito di elettroscopio, si sollevò dal suolo su una colorata mongolfiera per misurare le radiazioni nell’atmosfera, scoprendo che esse aumentavano man mano che si alzava lungo la verticale dal terreno. Da quell’esperimento la ricerca sulle radiazioni alzò lo sguardo dalla profondità della crosta terrestre e lo rivolse verso la vastità del cosmo. Oggi, fortunatamente, la tecnologia per studiare questi fenomeni ha abbandonato da tempo i palloni aerostatici e gli elettroscopi. Dai primi anni duemila, sulle alture che sovrastano le soleggiate spiagge di La Palma nelle isole Canarie, sono stati costruiti due telescopi a tecnologia Cherenkov, nella cornice del progetto di ricerca MAGIC, al quale collabora anche il dipartimento di Fisica dell’università di Padova. Queste massicce tecnologie, con l’aiuto di lucentissime superfici specchiate, passano a setaccio l’atmosfera captando le radiazioni gamma che giungono al suolo e dando un volto quantificabile ai raggi cosmici. Grazie a centinaia e centinaia di ore di misurazioni e anche a progetti come MAGIC, gli astrofisici di tutto il mondo lavorano per cercare di capire che cosa possa essere in grado di accelerare particelle subatomiche, analizzando spettri d’onda su spettri d’onda delle radiazioni gamma, per vagliare la più verosimile delle ipotesi: sono le supernove che generano i raggi cosmici.

In effetti, la supernova è un oggetto spaziale allettante per dare un nome ad una fonte di radiazioni cosmiche in grado di sparare, ad energie elevatissime, cariche elettriche che viaggiano in un flipper di campi magnetici galattici fino a piovere sulle alture di un’isoletta del Mediterraneo.

Una supernova altro non è che una stella che nel corso di milioni e milioni di anni, tempi di certo non a misura d’uomo ma propri degli astri celesti, esaurisce il combustile di idrogeno ed elio che la alimenta. Lentamente, ma in un decorso inesorabile, la stella si riduce, continuando a consumare e fondere gli elementi più leggeri della tavola periodica e comprimendosi in una gigantesca sfera di elementi pesanti che, infine, collassa su se stessa. Forse i metalli più preziosi (e pesanti), lavorati sulla Terra da artigiani per creare raffinati monili, sono giunti sul nostro pianeta da qualche generosa supernova che miliardi di anni fa andava incontro alla sua bellissima morte. Una gigantesca esplosione che, come una granata detonata in decine di frammenti, brilla ad una temperatura migliaia di volte maggiore di quella a cui brucia il Sole, sparando in tutte le direzioni dell’universo protoni, elettroni, pezzetti di atomo, elementi chimici, radiazioni: i raggi cosmici.

È in corso, quindi, una caccia alla supernova, per chiamare con nome e cognome e dare un indirizzo nello spazio allo scheletro di una stella che fu e che continua a dare segno di sé tramite le radiazioni gamma. Fino a poco tempo fa, una delle ipotesi più gettonate nel mondo dell’astrofisica era che Cassiopea A fosse la supernova in questione. Una stella esplosa circa 11.000 anni fa, la cui luce ha viaggiato nel tempo e nello spazio fino a spingersi nel Sistema Solare e essere visibile anche sulla Terra “solo” a partire dalla seconda metà del Seicento. Purtroppo, dopo circa 160 ore di osservazione con i telescopi Chernkov, Cassiopea A è stata scartata. Sebbene fosse considerata una supernova giovane e, soprattutto, piena di energia, in realtà non lo è abbastanza: rispetto all’ ipotesi che si sperava di confermare Cassiopea A raggiunge un “voltaggio” circa cento volte inferiore, insufficiente ad imprimere le accelerazioni osservate.  

“La prossima supernova da studiare in tal senso potrebbe essere Tycho” dice il professor Doro. In ogni caso, prima di avere i risultati di nuove misurazioni sarà necessario raccogliere con pazienza centinaia e centinaia di ore di dati da analizzare. Ma si sa, il mondo della fisica è popolato da scienziati testardi e la posta in gioco è alta: comprendi l’origine dei raggi cosmici e capirai parte dell’origine dell’Universo.

Tommaso Vezzaro

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