CULTURA

Sociologia del lavoro nelle fiabe

Tanto tanto tempo fa, in un paese lontano lontano, si ambienta la quasi totalità  delle storie della tradizione destinate ai  bambini; si tratta di un luogo e di un tempo da sempre antico, la dimensione  remotamente indefinita del “c'era una volta”, dove restano saldamente ancorate le trame che proponiamo ai più piccoli anche nell'anno Domini 2016. In questi scenari si muovono senza che nessuno batta ciglio, oltre a principi e principesse anche altre figure desuete: consiglieri, venditori ambulanti (Biancaneve, Sette in un colpo dei Grimm), umili pescatori (Il pesciolino d'oro, i Grimm da una favola popolare russa), mugnai (Il Gatto con gli stivali di Straparola, Basile, Perrault), mezzadri (idem); con loro una pletora di ciambellani, ancelle, araldi, damigelle, insieme animano un mondo dove la penna non è la chiavetta USB ma è quella d'oca che si intinge nel calamaio e i messaggi si affidano arrotolati ai messaggeri in carne e ossa che magari li falsificano (I tre capelli d'oro del diavolo, sempre dei malefici Grimm). 

Sarà che, anche Leopardi insegna, è nel passato che si colloca quanto di più felice (e interessante) si possa ricordare. Fatto è che il mondo delle fiabe rimane pervicacemente passatista: quanto di più moderno è attecchito è al massimo barocco (un passo avanti rispetto al Medio Evo certamente) come il maestoso e viscerale Racconto dei Racconti di Matteo Garrone ci ha recentemente mostrato. Dopo Perrault molto altro si è affiancato, ma nulla ha scalzato il repertorio classicissimo e arcinoto di governanti  iracondi e nani malandrini, e non solo perché semplicemente a nominarli viene la sensazione di un'allarmante consonanza a personaggi della contemporaneità. Negli anni Sessanta Silverio Pisu, l'indimenticato e insuperabile Cantafiabe delle Fiabe Sonore della Fabbri, ricorreva nei suoi racconti  in ironiche  precisazioni, a volte cantate tipo "quella era l'epoca dei signorotti che non amavano le novità; erano superbi, vanesi e sciocchi non c'era verso di farli cambiar… è molto meglio vivere oggi che se per caso ti trovi nei guai poliziotti tu puoi telefonar e la tua vita salva avrai". Era volenteroso e  pedagogo Pisu, ma forse il suo commento a margine era un di più: i bambini accettano e hanno sempre accettato il codice del racconto e l'ingresso senza proteste nella dimensione lontana che esso abita. 

Ce lo conferma Michele Rak, grande esperto di fiaba barocca: “I racconti che propongono molti generi della cultura mediale – dai videogiochi ai fumetti e perfino ai romanzi se non ai libri di divulgazione – intervengono per prima cosa sul tempo (a partire dal “C’era una volta…”) proprio per consentire la credibilità del racconto proposto devitalizzando i riferimenti alla cronaca che sono ormai troppo brutali.  Inoltre i principi continuano a esistere nelle cronache del gossip e i taglialegna (dell’Est) esistono eccome, basta possedere un uliveto o una vigna per insegnare a chi ascolta quanto siano presenti e utili queste figure. Il racconto che voglia avere una tonalità fiabesca inoltre deve staccarsi decisamente dal riferimento realistico (che appartiene ai giornali e forse alla tv). Certo si può scegliere, è la bellezza del nostro tempo, tra questo Tempo Assente e le figure che si rincorrono nel tempo presente (Alì Babà o i pozzi di petrolio? Ii 40 ladroni o gli incursori dell’Isis?). Inoltre questo tipo di testi non sono destinati soltanto ai bambini ma al Lettore-Bambino della cultura mediale. Attraverso le favole si insegnano strutture narrative e norme, figure e paure, premi e cautele. Non ha quindi molta importanza quanto siano convergenti le loro immagini con quelle della cronaca televisiva, sulla quale ho spesso molti dubbi che si tratti di favole”.  

Non solo Grimm e Perrault ma anche Esopo non passa mai di moda e talune tradizioni lontane vengono ripescate per vie traverse e mediatori straordinari:  quella russa - e non solo - raccolta nei  Quattro libri di lettura (edizione italiana ISBN con prefazione di Ermanno Olmi) da Lev  Tolstoy, i miti greci raccontati da Laura Orvieto in Storie di bambini molto antichi, per Mondadori; accanto a tutto questo  fiorisce un'ottima e altra letteratura per l'infanzia dove i lettori seguono con piacere vicende di bambini loro consimili come pure volentieri, di animali antropomorfi che vivono nelle città: Herman e Rosie, un'uscita autunnale di Motta Junior parla a piccoli e grandi di un'incantevole New York simile a quella di Woody Allen, di musica e di passioni. I protagonisti umani a volte ammiccano ai genitori, pur essendo creati per i figli, e hanno il volto di famosi da molto giovani: è uscita lo scorso anno  la deliziosa avventura culinaria di una Julia Child bambina, creata da Kyo McLear per il Gioco di leggere; la stessa autrice aveva fatto di Virginia Woolf una bambina-lupo in Virginia Wolf - la bambina con il lupo dentro di Rizzoli. Accanto a nuove trame abbondano i ribaltamenti di quelle rinomate a beneficio dei bambini (molte le principesse che scappano coi draghi: tra le più simpatiche la Carlotta della Principessa Ribelle di Anna Kemp e Sara Ogilvie, Nord - Sud edizioni), per tacere di quelle raccolte che possono essere apprezzate soprattutto non prima di diventare young adult: su tutte la Camera di Sangue di Angela Carter e le spassosissime Politically correct bedtime stories di James Finn Garner che negli anni Novanta ha lanciato un genere. Non si prescinde dall'antico ma un filo rosso di nuovi plot si dipana, l'ideale sarebbe poter offrire ai bambini entrambi i percorsi e comunque non stancarsi di leggere loro possibilmente con piacere e trasporto, come scrive James Salter nel romanzo Guanda Una perfetta felicità, dove l'unico vero idillio è quello del protagonista con le figlie bambine: “E lui legge per loro, come ogni sera, come se le innaffiasse, come se smuovesse la terra intorno ai loro piedi. Ci sono storie che non ha mai sentito e altre che conosce dall'infanzia, quei passaggi obbligati per tutti. Qual è il vero significato di queste storie, si domanda, che parlano di creature che non esistono più neppure nell'immaginazione: principi, tagliaboschi, onesti pescatori che vivono in una casupola. Vuole che le sue bambine abbiano una vita antica e una vita moderna, una vita che sia indivisibile da tutte le vite passate, che da essere cresca, le superi, ed un'altra che sia originale, pura e libera, che sia al di là dal pregiudizio che ci protegge, dalla consuetudine che ci plasma...le sta preparando per questo viaggio”.

Silvia Veroli

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