SCIENZA E RICERCA

Suez raddoppia: la minaccia delle "specie aliene"

“Dall’apertura del Canale di Suez il passaggio di specie marine dalle acque calde del Mar Rosso a quelle del Mediterraneo c’è sempre stato. Generalmente si fermavano sulle coste africane senza però riuscire a riprodursi. Tuttavia, negli ultimi vent’anni, il riscaldamento delle acque del Mediterraneo ha permesso a diverse specie tropicali di riprodursi e diffondersi. Ora, con l’ampliamento del canale, senza alcuna opera di prevenzione all’ingresso di specie dal Mar Rosso, si rischia il disastro”. Maria Berica Rasotto, biologa marina e docente all’università di Padova, parla chiaro e non nasconde la preoccupazione. I lavori di ampliamento del Canale di Suez si concluderanno a breve (presumibilmente già a metà anno), ma ancora non è stata fatta una valutazione trasparente e puntuale sui rischi ambientali che porterebbe con sé questa maxi-opera. Si tratta di un progetto-chiave nel piano di sviluppo economico del governo egiziano, che prevede il raddoppio del canale (con la realizzazione di un secondo canale parallelo a quello esistente) e una conseguente riduzione del tempo di percorrenza delle navi, da 18 a 11 ore. Rasotto è tra i firmatari della lettera-appello inviata da scienziati da 39 Paesi alle organizzazioni intergovernative, ai commissari europei con deleghe agli Affari esteri, Ambiente, Pesca, Affari marittimi, Sviluppo e ai governi di tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

L’ecosistema del Mediterraneo è in serio pericolo. E’ per questo che la comunità scientifica internazionale chiede venga fatta subito un’analisi dei reali rischi dell’ampliamento in atto. Promotrice dell’appello è Bella Galil dell’Istituto nazionale di oceanografia di Israele: è stata lei a chiamare a raccolta i maggiori esperti e a lanciare l’allarme: “Il canale di Suez è tra i più potenti meccanismi di invasione biologica nel mondo e da quando fu inaugurato, nel 1869, ad oggi è stato ingrandito e reso cinque volte più profondo. Circa 400 specie multicellulari lo hanno già attraversato, modificando in modo irreversibile e sostanziale la biodiversità marina del Mediterraneo orientale. E molte specie si stanno espandendo nel Mediterraneo centrale e occidentale. Il progetto di ampliamento del canale è stato avviato ed è prevista la conclusione di questa nuova colossale opera entro la metà del 2015. Costo: 8,2 miliardi di dollari. L’Egitto arriverà a quintuplicare entro pochi anni il proprio reddito derivante dal canale”. E Galil continua: “A quanto è dato di sapere, non è stata realizzata alcuna valutazione di impatto ambientale né sono previste opere, ad esempio, chiuse e bacini ipersalini, per prevenire l'ingresso di nuove specie aliene nel Mediterraneo. Questo progetto ha il potenziale per produrre il più drammatico e rapido cambiamento della biodiversità marina nel Mediterraneo, ignorando le raccomandazioni contenute nella Msfd (Marine strategy framework directive, ndr) della Comunità europea, che riconosce il valore della biodiversità come secondo descrittore per il raggiungimento del Good environmental status”.

L’appello è stato anticipato da un articolo, pubblicato sulla rivista Biological Invasions, in cui diciotto ricercatori di diversi Paesi, europei e non, a fine settembre 2014, espressero forti preoccupazioni per la duplicazione del canale in assenza di opere di mitigazione. Inoltre, di questa potenziale minaccia si è discusso nell’ottobre scorso, in occasione di EuroOCEAN2014 a Roma. Un appello dietro l’altro e una crescente attenzione, con un picco tra novembre e dicembre 2014, da parte dei media internazionali: da The New York Times a The conversation, passando per The Guardian. Ed è dei giorni scorsi (4 marzo 2015) un nuovo articolo, pubblicato sempre sul New York Times e firmato da Kate Galbraith, che torna sulla questione ancora irrisolta: “Tra gli arrivi più temuti, le meduse velenose che disturbano i turisti, a volte ostruiscono le prese di aspirazione delle centrali elettriche o degli impianti di desalinizzazione e sono generalmente nocive per l’ecosistema. Altra fonte di preoccupazione sono i pesci palla, che rilasciano una neurotossina pericolosa per gli altri pesci e per gli umani che se ne cibano”. In questa corsa contro il tempo, si attendono risposte e interventi rapidi e concreti. Prima che sia troppo tardi.

Francesca Boccaletto

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