SCIENZA E RICERCA

La tropicalizzazione dei mari

I governanti di 198 paesi hanno firmato gli accordi di COP21 per limitare le emissioni di anidride carbonica derivanti dall’utilizzo di combustibili fossili. Hanno riconosciuto, in base ai dati forniti da un panel di esperti internazionali, l’IPCC, che le temperature planetarie si stanno alzando ad una velocità intollerabile per il buon funzionamento degli ecosistemi attuali e che questo aumento è dovuto a noi. Non a caso i geologi stanno parlando di una nuova era geologica, l’Antropocene, caratterizzata dalla nostra presenza come motore di un cambiamento epocale nell’assetto degli ecosistemi planetari. 

I “negazionisti”, quelli che dicono che va bene così e che queste cose sono sempre avvenute, sono oramai fuori dalla scienza. È sceso in campo anche Papa Francesco, con la sua Laudato Sì, chiedendo la conversione ecologica e denunciando gli effetti del cambiamento globale sia sugli ecosistemi sia sulle popolazioni più povere. 

Il Mediterraneo è un mare temperato. In estate le acque superficiali raggiungono i 28 °C mentre in inverno la temperatura scende a 12-13 °C e, in alcune zone, può anche arrivare a 6 °C. Potremmo chiamarlo “tropicale” nei mesi estivi e “temperato” nella stagione più fredda. Ma con l’aumento delle temperature globali la condizione tropicale si sta estendendo nel tempo. L’acqua raggiunge anche i 30 e più gradi, e il periodo caldo è sempre più prolungato. 

Non ci sarebbe niente di strano se tutto continuasse come prima, e la vita non ne risentisse. Invece ne risente. Le specie che non tollerano le alte temperature sono soggette a mortalità massive. Per centinaia di chilometri di costa, sul versante settentrionale del Mediterraneo occidentale (Italia, Francia e Spagna) le specie ad affinità fredda sono morte. Un evento inaudito. 

Il caldo che uccide. Lo strato di acqua calda generato dall’insolazione estiva, che di solito sta in superficie (l’acqua calda ha minore densità di quella fredda e quindi “galleggia” su di essa) è sceso in profondità e ha causato la morte di chi, di solito, vive sotto lo strato caldo che si forma in estate. La biodiversità ad affinità fredda del Mediterraneo è in crisi. 

Il caldo che piace. In compenso, stanno arrivando specie tropicali e, sempre in numero maggiore, trovano buone condizioni per sviluppare grandi popolazioni. Prima arrivavano e poi soccombevano al sopraggiungere dell’inverno. Ora arrivano e prosperano. Entrano dal canale di Suez, recentemente raddoppiato. E sono anche portate dalle navi, nei serbatoi dove sono contenute le acque di zavorra. Oppure arrivano per pratiche di acquacoltura o aquariofilia. I biologi ne hanno contate più di settecento! E un centinaio rappresenta già una alterazione importante della composizione della biodiversità mediterranea. 

Mediterraneo tropicale. Il Mediterraneo, quindi, sta diventando sempre più simile a un mare tropicale, sia nella fisica (la temperatura che si alza) sia nella biologia ed ecologia: si affermano le specie tropicali, regrediscono quelle temperate. 

Si potrebbe dire: bene, e allora? Ci piacciono tanto i tropici, e ora li abbiamo a casa nostra. 

Per capire meglio, andiamo ai tropici. Le barriere coralline, tipico ambiente tropicale, sono in regressione in tutto il mondo. La temperatura è troppo elevata per loro. Perché se la temperatura, da noi, aumenta di due gradi (e i 28 gradi diventano 30) ci troviamo in condizioni tropicali. Ma se aumenta di due gradi ai tropici la temperatura diventa intollerabile per qualsiasi organismo. E infatti le formazioni coralline sono in regressione. In questo caso non si può parlare di tropicalizzazione, perché quei mari erano già tropicali. Si parla di deterioramento delle condizioni fisiche che rendono impossibile la vita per molte specie di capitale importanza per il buon funzionamento degli ecosistemi. 

La terra ha già attraversato periodi del genere. Vero. Ma la velocità con cui questo sta avvenendo è senza precedenti. E poi noi siamo adattati a questo assetto degli ecosistemi. Noi siamo il prodotto di questo ambiente. Se le condizioni cambiano troppo, il mondo ci diventa ostile. Lo è già. Aumentano i fenomeni di siccità, e aumentano gli eventi estremi, con inondazioni e uragani. Si innalza il livello del mare e i paesi costieri - per non parlare delle isole - rischiano di finire sott’acqua. 

Ma torniamo al Mediterraneo. L’acqua del Mediterraneo si ricambia attraverso lo stretto di Gibilterra. È come un grande acquario, il Mediterraneo, e ogni tanto bisogna cambiare l’acqua. Gibilterra, però, ricambia l’acqua solo nei primi 500 metri di profondità. La profondità media del Mediterraneo è di 1.500 metri. Se l’acqua sotto i 500 metri non viene cambiata, visto che a quella profondità non ci sono vegetali che consumino anidride carbonica e producano ossigeno (non c’è luce e quindi non ci può essere fotosintesi) quelle profondità dopo un po’ diventerebbero prive di ossigeno e la vita più complessa sarebbe impossibile. Il freddo è il segreto della vita nelle profondità del Mediterraneo. In aree chiave (i motori freddi) le temperature invernali sono molto più basse che nel resto del Mediterraneo. Nel Golfo del Leone, nel Nord Adriatico e nel Nord Egeo l’acqua invernale diventa molto più fredda del resto delle acque mediterranee. Quest’acqua fredda e densa sprofonda nel Mediterraneo profondo e porta giù l’ossigeno, rendendo possibile la vita. L’acqua che scende spinge su le acque profonde, che tornano in superficie ad ossigenarsi. Se i motori freddi si dovessero fermare, a causa dell’innalzamento della temperatura, ne risentirebbe la vita dell’intero Mediterraneo. 

La soluzione del problema. Dobbiamo cambiare radicalmente il nostro stile di vita. Prima di tutto dobbiamo smettere di bruciare combustibili fossili, dobbiamo aumentare la superficie forestale, dobbiamo smettere di sprecare risorse. Abbiamo creato un’economia che pensa solo alla crescita del capitale economico, e non si cura dell’erosione del capitale naturale: una truffa vera e propria. È necessaria la conversione ecologica. 

Ferdinando Boero

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