SOCIETÀ

Venezia: l'incidente del 2 giugno e le alternative al passaggio delle Grandi Navi

Domenica 2 giugno alle 8:34 Venezia ha vissuto l’incubo annunciato da molti anni. Una “grande nave” ha perso il controllo andando a schiantarsi prima contro un battello, il River Countess che durante la giornata della Festa della Repubblica avrebbe dovuto portare alcuni turisti in visita alle ville venete attraversando il Brenta, e poi contro la banchina di San Basilio.

Le dinamiche sono ancora in corso d’accertamento ma sembra che la nave MSC Opera abbia avuto un’avaria ad un motore, che si sarebbe bloccato in spinta ed i due rimorchiatori che sono sempre utilizzati per garantire la sicurezza durante il transito delle imbarcazioni di questo tipo attraverso il canale della Giudecca, non siano riusciti a bloccarla. Ad uno di loro inoltre, nello schianto con il vaporetto si è tranciato il cavo di traino, dando di fatto via libera alle 65 mila tonnellate della nave verso il pontile.

Il bilancio finale è di cinque persone ferite, nessuna delle quali in gravi condizioni. Poteva andare sicuramente peggio, sia dal punto di vista dei feriti che da quello ambientale. L’impatto che le grandi navi hanno su Venezia infatti può essere visibile a tutti ad occhio nudo. La MSC Opera è lunga 275 metri, alta 32 e pesa più di 65 mila tonnellate. A bordo della nave ci possono stare fino a 2.679 passeggeri e 728 membri dell’equipaggio.

Venezia di abitanti ne ha poco più di 53 mila e lo skyline non è certo quello di una qualsiasi capitale europea. Il punto più alto è il campanile di San marco con i suoi 99 metri, mentre è impressionante il paragone tra la nave ed il Molino Stucky. La torre del monumento presente alla Giudecca, quindi in linea d’aria molto vicino a dove è accaduto l’incidente, è di 35 metri, solo tre metri più alto della MSC Opera.

“Le navi sono enormi e spostano un grande volume d’acqua - ha dichiarato ai nostri microfoni il prof. Marco Marani del Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Industriale dell’università di Padova -. Ci si può attendere quindi che abbiano un grande impatto ma, dal punto di vista morfologico, non è così. Da un punto di vista ambientale più in generale invece sicuramente è impattante perché queste navi emettono inquinanti in quantità notevoli. Nel loro complesso quindi gli impatti che possiamo riconoscere nel passaggio di queste navi sono molto importanti e da valutare, non bisogna però lasciarsi prendere dall’emotività”.

Ora però, a poche ore dall’incidente e da quella che sarebbe dovuta essere solo una giornata di festa per Venezia in quanto il 2 giugno si festeggia anche la Festa della Sensa, tradizione della Repubblica di Venezia in cui, per uno scherzo del destino, si sarebbe dovuto anche vivere lo Sposalizio del mare, è importante agire e bisogna farlo velocemente.

Desponsamus te, mare. In signum veri perpetuique dominii.. Formula rituale dello Sposalizio di Venezia col Mare

“Dobbiamo decidere la laguna del futuro e bisogna farlo studiando le morfologie - ha continuato il prof. Marani -. Ci vuole una decisione politica fondata su elementi conoscitivi, con fondamenti legati alla ricerca applicata, non dobbiamo affidarci a idee preconcette”.

Le alternative

Bisogna quindi trovare delle alternative, perché anche pensando a queste nascono problemi logistici che impatterebbero comunque nella morfologia. Una delle alternative credibili nel breve termine è l’utilizzo del canale dei petroli. Questa però al momento non sembra possibile per problemi di evoluzione perché le navi hanno bisogno di spazio necessario per effettuare le manovre. Bisognerebbe alterare la morfologia perché ci sono alcuni punti nella connessione del canale dei petroli e la marittima in cui non ci passerebbero le navi. Bisognerebbe quindi creare degli scavi. Dovremmo in pratica scavare 10milioni di metri cubi in una zona già impattata in quanto il canale dei petroli è artificiale ed ha fatto già danni dal punto di vista morfologico".

"É fondamentale - continua il prof. Marani - la valutazione di varie ipotesi studiando dei modelli allo stato dell’arte. Quella del canale dei petroli è un’ipotesi plausibile ma che dev’essere valutata in modo quantitativo, sulla base dei numeri. Qualsiasi uso della laguna implica un impatto su essa, qualsiasi cosa si faccia implica problemi, anche solo il trasporto di merci con barche di piccole dimensioni perché le onde sollevate dai natanti di piccole dimensioni genera erosione delle barene e dei bassi fondali".

"Un’alternativa ulteriore potrebbe essere quella di portare le navi lontane dalla marina attuale e quindi costruire un’altra marina. Ci sono ipotesi di marine off-shore, cioè esterne alle bocche e sono apprezzate da chi vorrebbe preservare l’ambiente in modo più naturale possibile. Ciò però incrementerebbe il flusso di altre imbarcazioni perché poi il turista dev’essere portato a Venezia con lancioni o barche. Altre soluzioni possibili poi sono marine interne alla laguna ma non in posizioni attuali. Ci sono alcune ipotesi ma a Venezia di ipotesi se ne fanno molte e non si sa mai quale siano veramente quelle seriamente considerate. Alcune non irrealistiche sarebbero quelle di marine nella zona industriale di Marghera o più vicine alla bocca, cioè non lontane da Chioggia. Tutte queste ipotesi non devono sollevare gli scudi di chi non vuole avere il nuovo intervento nel proprio giardino. Queste ipotesi vanno valutate in base all’interesse superiore della città e questo si può fare solamente avendo valutazioni quantitative disinteressate e fatte da enti terzi che non abbiano nulla da guadagnare in tutto ciò”.

"La politica ora deve fare la sua parte - conclude il professore -, il problema sta diventando un problema decisionale e qualche impopolarità inevitabilmente si genera prendendo una decisione. Una decisione però dev’essere presa con celerità. Credo che l’incidente del 2 giugno metta in evidenza come l’attuale situazione non sia sostenibile. Pensare ad una soluzione definitiva è difficile da mettere in pratica in tempi brevi. Secondo me dev’essere presa una decisione che sposti subito le navi dal bacino di San Marco e dalla Giudecca il prima possibile, accettando anche una soluzione che non sia l’ottimale in assoluto. Fatto quello si deve pensare al lungo termine.

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012