SCIENZA E RICERCA

Terremoto tra Turchia e Siria. L'analisi del geologo Giulio Di Toro

Il bilancio del sisma che la scorsa notte ha colpito al confine tra Turchia e Siria continua a salire: il terremoto - di magnitudo 7.8 della scala Richter, uno dei più forti dell’ultimo secolo - ha avuto il suo epicentro nei pressi di Gaziantep, città dell’area sud-orientale della Turchia, in un’area densamente popolata e caratterizzata da edifici molto fragili, costruiti in muratura di mattoni.

Al momento in cui scriviamo le vittime accertate sono circa 2.300 ma i numeri sono purtroppo provvisori e ad ostacolare le operazioni di soccorso sono intervenute anche numerose violente scosse di assestamento, la principale di magnitudo 7.5. Per alcune ore si era temuto che il terremoto potesse provocare uno tsunami nel Mediterraneo. L’ allarme fortunatamente è rientrato ma ulteriori pericoli sono adesso rappresentati dai fenomeni franosi.

Nelle aree colpite il suolo si è spostato di tre metri in pochi secondi e la faglia che si è attivata, sul punto di incontro di tre placche, ha liberato l’energia accumulata in decine e decine di anni.

“Il terremoto è avvenuto in una grande faglia, quella est-anatolica, che mette a contatto la placca arabica, che migra verso nord, con quella euro-asiatica di cui fa parte la Turchia. In questa zona abbiamo una giunzione tripla che comprende anche la placca africana. E’ una zona tettonicamente molto attiva e la faglia est anatolica accomoda una deformazione di 3 centimetri all’anno: questo vuol dire che la placca araba sale rispetto a quella euroasiatica ad una velocità di 3 centimetri all’anno. Questo terremoto ha provocato uno spostamento medio di circa 3 metri e ha quindi liberato una deformazione che si è accumulata in un secolo”, spiega a Il Bo Live il professor Giulio Di Toro del dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova.

Il professor Giulio Di Toro analizza le caratteristiche del sisma che ha colpito il confine tra Turchia e Siria nella notte tra il 5 e il 6 febbraio 2023. Servizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar

L'area tra la Turchia meridionale e la Siria settentrionale è una zona altamente sismica attraversata da numerosi sistemi di faglia,  Nel corso dell'800, ricorda Di Toro, si sono verificati diversi terremoti di magnitudo 7 e, se restringiamo lo sguardo alla storia recente, occorre ricordare il sisma (di magnitudo 7.6) che nel 1999 colpì la città di Izmit, non lontano da Istambul, provocando oltre 17 mila vittime.

Questa volta l'energia sprigionata è stata ancora superiore e, se pensiamo che la magnitudo aumenta di 1000 volte ogni 2 punti in più sulla scala Richter, significa che il terremoto che ha colpito al confine tra Turchia e Siria "è stato da 300 a 700 volte più violento di quelli di Norcia del 2016 o dell'Aquila del 2009", osserva il geologo dell'università di Padova. 

Un terremoto di magnitudo 7.8 è certamente molto potente ma a causare un elevato costo di vite umane è spesso la fragilità degli edifici in cui vivono le persone, come ricorda anche lo United States Geological Survey (USGS), stimando che vi è una possibilità del 47% che il numero totale dei decessi salga fino a 10.000. "Abbiamo case costruite in muratura. Sono gli stessi problemi che caratterizzano il nostro Appennino e in generale tutta l'Italia con la differenza che questo sisma è stato molto più energetico", commenta Di Toro. 

L'allerta tsunami nel Mediterraneo è invece stata revocata dopo che per alcune ore era stata anche bloccata a scopo cautelativo la circolazione ferroviaria in Sicilia, Calabria e Puglia. "E' stato un terremoto caratterizzato da un movimento trascorrente: in questi casi le faglie scorrono senza grandi abbassamenti o innalzamenti del terreno, mentre per provocare uno tsunami in genere occorre che un blocco si alzi o si abbassi rispetto all'altro ai lati della faglia e sotto al mare", spiega il docente. 

Per le popolazioni delle aree colpite la situazione è durissima e un ulteriore problema è adesso rappresentato dai fenomeni franosi che accompagnano un terremoto di questa entità, senza poi dimenticare la rigidità dell'inverno. "Siamo al confine con la Siria e sono quindi persone che hanno attraversato momenti difficilissimi negli ultimi decenni, anche a causa delle guerre. Sono popolazioni che vanno aiutate", conclude Di Toro. 

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012