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In Salute. Pet therapy: l’interazione con gli animali fa bene alla mente e al corpo

Non è un segreto che il tempo trascorso a prendersi cura di un animale o a giocare con lui migliori l’umore e abbassi i livelli di stress. Da tempo si accumulano evidenze scientifiche che dimostrano come il possesso di animali domestici abbia effetti positivi sulla salute umana riducendo, ad esempio, il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. Su risultati di questo tipo si basano gli interventi assistiti con gli animali, comunemente definiti come Pet Therapy, che sfruttano l’interazione positiva tra umani e animali per migliorare l’aderenza alle cure e la qualità della vita dei pazienti affetti da alcune patologie fisiche e psichiatriche.

Abbiamo approfondito l’argomento con Sabrina Bonichini, professoressa di psicologia dello sviluppo dell’università di Padova, la quale chiarisce innanzitutto la classificazione ufficiale tramite la quale vengono distinti questi interventi. “Le linee guida pubblicate dal Ministero della Salute nel 2015 – frutto di un tavolo di lavoro coordinato dall’Istituto zooprofilattico delle tre Venezie (IZVE), che oggi rappresenta il centro di referenza nazionale per la pet therapy – riconoscono tre diverse tipologie di interventi assistiti con gli animali: le attività assistite con gli animali (AAA), organizzate a scopo ludico o istruttivo (come, ad esempio, le visite scolastiche alle fattorie didattiche) per promuovere una corretta relazione fra uomo e animale; l’educazione assistita con gli animali (EAA), finalizzata alla rieducazione comportamentale o al reinserimento sociale (proposta, ad esempio, a livello ospedaliero o nelle carceri); le terapie assistite con gli animali (TAA), utilizzate per la cura in senso stretto di disturbi di vario genere, relativi alla sfera fisica, neuromotoria o emotivo-relazionale”.

Come sottolinea la professoressa Bonichini, i trattamenti di questo genere, che consistono solitamente in sessioni di gioco, accudimento o accarezzamento degli animali da terapia, vengono integrati nei piani terapeutici di pazienti che seguono già un percorso di cura convenzionale. “La terapia assistita con gli animali richiede un’apposita prescrizione medica da parte di un medico di base o specialistico (requisito che riconosce implicitamente il valore scientifico di questi interventi) e dev’essere inoltre personalizzata in base alle esigenze del paziente”, spiega la professoressa. “Al contrario, chiunque può beneficiare degli interventi di tipo AAA o EAA, tranne, tendenzialmente, chi abbia determinate forme di fobia verso l’animale. Non esistono invece controindicazioni dal punto di vista della sicurezza. Le linee guida, infatti, stabiliscono un severo protocollo sanitario per gli animali da terapia, che vengono profilassati e controllati costantemente per ridurre al minimo il rischio di zoonosi trasmissibili. Consideriamo, infatti, che gli interventi di pet therapy vengono organizzati anche all’interno dei reparti ospedalieri, persino in quelli oncologici”.

L'intervista alla professoressa Sabrina Bonichini. Montaggio di Barbara Paknazar

Gli studi condotti in ambito clinico per misurare l’efficacia della terapia assistita con gli animali hanno mostrato risultati incoraggianti, specialmente quando gli interventi in questione vengono rivolti a bambini e anziani. “La pet therapy (in particolare quella con i cavalli) si è dimostrata efficace, ad esempio, quando utilizzata per supportare i programmi di riabilitazione motoria” afferma Bonichini. “La terapia assistita con gli animali può essere inoltre affiancata ai trattamenti per i problemi mentali – come il disturbo d’ansia, la depressione e i disturbi post-traumatici da stress – oppure integrata nei percorsi di riabilitazione emotiva e comportamentale finalizzati, ad esempio, al contrasto delle condotte aggressive”.

È comunque importante sottolineare come in tutti gli studi sperimentali e le review pubblicate sull’argomento si evidenzino sempre, oltre ai potenziali effetti positivi, anche i limiti della ricerca che, così come accade per molti altri campi della medicina, non può ancora essere considerata sufficiente ed esaustiva.

“La difficoltà della raccolta dati sugli effetti della pet therapy è dovuta principalmente al fatto che, essendo essa considerata una co-terapia da integrare in percorsi che prevedono anche altri tipi di trattamenti, non è semplice scorporarne l’effetto da quello complessivo del percorso di cura”, osserva la professoressa Bonichini. “Questo vale in particolar modo per la valutazione dell’efficacia di interventi rivolti a persone con un disturbo dello spettro autistico, che vanno personalizzati in base alle specifiche caratteristiche di ogni paziente, rendendo particolarmente difficile generalizzare i risultati ottenuti”.

Oltre a valutare l’efficacia degli interventi di pet therapy, è altrettanto importante individuare i meccanismi neurofisiologici che spiegano i benefici in questione.

“La letteratura sull’argomento rimanda spesso all’ipotesi scientifica della biofilia, secondo la quale gli esseri umani sarebbero naturalmente predisposti al rapporto con le altre specie naturali”, sottolinea Bonichini. “Nella pet therapy viene instaurata una relazione non competitiva, priva di giudizio e basata sulla fiducia reciproca; tale interazione genera un senso di cura e responsabilità che aiuta, di fatto, a distogliere l’attenzione dai propri problemi per rivolgerla verso l’animale, abbandonando quindi una prospettiva egocentrica. È stato inoltre dimostrato come la relazione positiva con l’animale modifichi alcuni parametri neurochimici, causando in particolare un aumento dell’ossitocina, l’ormone associato ai comportamenti empatici e prosociali, e una riduzione del cortisolo, che rappresenta invece l’ormone dello stress. È particolarmente interessante sottolineare come gli studi sull’argomento abbiano dimostrato la reciprocità di questi effetti positivi: il contatto fisico con l’animale (che avviene principalmente quando accarezziamo il suo pelo), provoca un aumento dell’ossitocina in entrambi. L’interazione con l’animale è inoltre funzionale alla stimolazione cognitiva, com’è stato dimostrato da alcuni studi che hanno utilizzato la pet therapy per migliorare le capacità linguistiche nei bambini in età prescolare.

La letteratura scientifica comprende anche alcuni tentativi di individuare la durata ottimale del rapporto tra animale e umano. Una ricerca del 2000, ad esempio, rileva che il picco dell’aumento dell’ossitocina veniva raggiunto entro i primi 25 minuti di interazione positiva. Il fatto che anche una sessione di breve durata sia sufficiente per ottenere un beneficio significativo è un dato interessante di cui tenere conto nell’organizzazione di questi interventi, che essendo molto costosi vanno progettati con attenzione per massimizzarne l’efficacia”.

È importante sottolineare, infine, la distinzione tra animali domestici e animali da terapia, tenendo anche conto del fatto che al momento solo cinque specie – ovvero il gatto, il cane, il cavallo, l'asino e il coniglio – vengono considerate idonee alla pet therapy.

Come spiega Bonichini, il processo di selezione, addestramento e controllo degli animali da terapia è complesso e ben codificato. “La pet therapy non viene certo svolta con il proprio animale domestico”, specifica la professoressa. “Gli animali da terapia vengono attentamente monitorati e certificati tali da veterinari comportamentalisti specializzati che si occupano non solo di valutarne le condizioni di salute, ma anche di selezionare quelli più adatti a svolgere le sedute. Si tratta solitamente di animali adulti, maturi e mai di cuccioli, ad esempio. Gli animali da terapia vengono inoltre accompagnati in percorsi di formazione che insegnano loro a restare equilibrati e a saper gestire molte situazioni diverse per la sicurezza di entrambe le parti. È sempre fondamentale, infatti, rispettare i bisogni e tutelare la qualità di vita degli animali, per i quali gli interventi di questo tipo possono essere piuttosto impegnativi (motivo per cui le sedute di pet therapy non superano mai i 30-60 minuti di durata)”.

Insomma, dietro ogni progetto di pet therapy c’è un complesso lavoro d'equipe svolto da figure professionali diverse, a cominciare dai medici che coordinano le sessioni, al personale veterinario che monitora le condizioni di salute e di idoneità dell’animale nel corso del tempo, fino agli operatori che lo assistono durante le sedute, assicurandosi della buona riuscita dell’interazione con il paziente. In questo, così come in molti altri tipi di interventi basati su conoscenze multidisciplinari, la preparazione del personale e la collaborazione tra diversi professionisti sono cruciali per garantire la salute e la sicurezza del paziente e dell’animale.

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