SCIENZA E RICERCA

Perché è importante tutelare l'eredità culturale degli animali selvatici

"Il patrimonio culturale non si limita agli esseri umani, ma si estende anche ad altri animali. Gli esseri umani sono responsabili della protezione e della conservazione non solo per scopi di ricerca, ma anche con l'obiettivo di accedere a una vera comprensione di un patrimonio evolutivo condiviso". Dunque, tutelare l'eredità culturale degli animali risulta fondamentale, tuttavia, a causa del continuo disturbo antropico nel mondo naturale e della perdita di biodiversità, "non vi è alcuna certezza che gli animali e le loro eredità culturali riusciranno a persistere". Per questo approfondimento scegliamo di condividere dapprima le riflessioni di Ammie K. Kalan del Gab Lab, dipartimento di Antropologia dell'Università di Victoria in Canada, e Lydia V. Luncz dell'Istituto Max Planck per l'antropologia evolutiva di Lipsia, in Germania, in chiusura dell'articolo Saving the cultural legacy of wild animals, pubblicato recentemente su Science. Partiamo da considerazioni che riassumono il senso di una articolata analisi relativa alle minacce rivolte all'eredità culturale degli animali selvatici. "I comportamenti culturali spaziano dal canto delle balene all'uso di utensili da parte dei primati", afferma Kalan, co-autrice anche di un altro studio sugli adattamenti del comportamento delle grandi scimmie in Africa e Asia in risposta alle attività degli esseri umani. “Adattarsi alle trasformazioni ambientali non solo porta vantaggi agli animali, ma fornisce ai ricercatori anche importanti spunti sulle origini del comportamento e dell'apprendimento tra le specie".

Per comportamenti culturali si intendono le attività e le competenze acquisite attraverso l'apprendimento sociale: questi possono favorire lo sviluppo delle capacità di una specie di adattarsi ai cambiamenti ambientali, quindi a migliorare la salute e la funzionalità degli ecosistemi e a comprendere più profondamente il ruolo dell'essere umano. Si legge su Science: "Alcuni comportamenti culturali implicano l'uso di strumenti per accedere a risorse - come cibo, acqua e nella relazione con i partner -, contribuendo così alla sopravvivenza a lungo termine di una specie. Questi comportamenti basati sull'uso di strumenti lasciano dietro di sé artefatti e siti che forniscono prove materiali di attività culturali non umane. La ricerca comparativa su diverse culture materiali animali può offrire spunti sulle origini evolutive dei comportamenti e favorire la comprensione dell'evoluzione umana". Tuttavia, la perdita di biodiversità, con la conseguente riduzione delle popolazioni a livello globale, sta ostacolando la comprensione della diversità comportamentale degli animali selvatici. Gli strumenti degli animali, insieme ai siti in cui vengono utilizzati, contribuiscono a incoraggiare la trasmissione culturale tra le generazioni, per questo le attività degli esseri umani, comprese le rimozioni temporanee di manufatti per motivi di studio e ricerca, sono considerate una minaccia: "Sono necessarie soluzioni digitali - spiegano, a tal proposito, le autrici -, in particolare quando le fonti di materie prime possono essere limitate in natura. Le tecnologie di visualizzazione, come la scansione laser portatile, la fotogrammetria e i software di modellazione tridimensionale hanno rivoluzionato la capacità di creare collezioni digitalizzate di manufatti". 

"Per garantire la trasmissione intergenerazionale dei comportamenti culturali, gli animali che utilizzano strumenti devono continuare ad avere accesso ai materiali necessari per mettere in pratica tali comportamenti". Risulta perciò fondamentale integrare la conoscenza culturale e sociale della fauna selvatica negli sforzi di conservazione: l'importanza della cultura degli animali è stata messa al centro della Convenzione sulla conservazione delle specie migratorie di animali selvatici, trattato internazionale nell'ambito del programma delle Nazioni Unite per l'ambiente. Riconoscere il valore delle culture animali potrebbe aiutare a sviluppare nuove e migliori strategie di conservazione. Poiché l'uomo continua ad avere un impatto significativo sull'ambiente, cresce la necessità di proteggere il mondo naturale comune e riconoscere e preservare la ricchezza delle culture animali. Si tratta di un patrimonio culturale condiviso, fondamentale per far progredire la ricerca scientifica e far emergere le strategie di sopravvivenza di tutte le specie che abitano questo pianeta.

In apertura del libro La cultura degli animali (Bollati Boringhieri), il biologo evoluzionista John T. Bonner, già professore a Princeton, scriveva: "Le lontre marine usano le pietre per rompere i gusci dei molluschi di cui sono ghiotte, alcuni passeri delle Nuova Zelanda imparano rapidamente il linguaggio degli uccelli delle aree nuove in cui arrivano, le cince hanno imparato a bucare l’alluminio delle lattine per berne il contenuto. Sembra che la chiave della cultura degli animali sia proprio l’apprendimento e che ancora una volta la straordinaria capacità evolutiva delle specie abbia permesso di sviluppare una risposta adattativa alle difficoltà ambientali". Nel 2019 un team di ricercatori ha identificato modelli caratteristici relativi all'uso di rocce come incudini da parte delle lontre marine selvatiche (Enhydra lutris), dopo dieci anni di osservazioni nel sito di Bennett Slough Culverts, in California. Le lontre marine sono gli unici mammiferi marini che usano abitualmente le pietre durante la ricerca del cibo, usandole per rompere cibi con gusci duri come lumache marine e bivalvi, lasciando tracce di usura sulle rocce emergenti dalle maree. Uno studio del 2020, pubblicato sulla rivista Royal Society Open Science, si concentra invece sull'attività di gioco con le pietre da parte di 48 lontre, 6 delle quali dal pelo liscio e 42 asiatiche dalle piccole unghie, in tre parchi naturali del Regno Unito: passandosi i sassi sul petto e facendoli saltare da una zampa all'altra, le lontre si trasformano in giocolieri. Nella ricerca si ipotizza che questa attività sia collegata alla sensazione di fame.

In una review pubblicata su Science nel 2021, dal titolo The burgeoning reach of animal culture, si sottolinea come, "prima della metà del XX secolo, sembrasse scontato che la cultura, ovvero il comportamento appreso da altri, fosse specifica degli esseri umani". In realtà, si legge, "oggi non c'è dubbio che la cultura sia diffusa tra le specie animali, sia vertebrati che invertebrati, marine e terrestri [...] Studi a lungo termine su scimpanzé e oranghi selvatici hanno rivelato culture complesse composte da molteplici tradizioni che abbracciano diversi aspetti della vita delle scimmie antropomorfe, dall'uso di strumenti al comportamento sociale e sessuale [...] Il secolo attuale ha assistito a un'esplosione di scoperte sull'apprendimento sociale e sulla cultura, non solo nei primati ma anche in una gamma in rapida crescita di specie animali, dai cetacei a una vasta gamma di uccelli, pesci e persino invertebrati".

Nella review si fa riferimento alle prime prove che, intorno alla metà del Novecento, stimolarono la ricerca: tra queste, la diffusione della pratica del lavaggio delle patate dolci da parte delle scimmie giapponesi. Alla storia delle scimmie dell'isola di Kōjima, in Giappone, faceva riferimento anche Bonner nel suo libro, definendolo "il più significativo degli esempi di capacità inventive negli animali". Citando le ricerche condotte su queste scimmie, Bonner scriveva: "Una popolazione di macachi venne distribuita in alcune piccole isole, in modo che ciascun gruppo rimanesse isolato dagli altri; per un fenomeno di evoluzione culturale col tempo cominciarono a manifestarsi delle differenze di comportamento tra le popolazioni abitanti le varie isole. La prestazione di maggior successo fu conseguita da Imo, una femmina particolarmente geniale. All'età di due anni essa inventò una tecnica per lavare via la sabbia dalle patate dolci prima di mangiarle; più tardi escogitò un sistema per separare i chicchi di grano dalla sabbia: bastava gettare nell'acqua il grano sporco di sabbia, e quindi recuperare i chicchi che rimanevano a galla. Le scoperte di Imo si diffusero a poco a poco al resto della colonia: si osservò che gli individui più anziani si mostravano più restii ad adottare le nuove abitudini". 

© 2025 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012