Joe Biden durante la campagna per le primarie
Ormai in campo democratico è una corsa a due: presto si ridurrà a un solo concorrente? Dopo aver vinto nettamente nel Supermartedì contro Bernie Sanders, Joe Biden continua la sua cavalcata verso la nomination con il Minimartedì dello scorso 10 marzo. L’ex vice di Obama ha vinto in Idaho e in Missouri e ha trionfato in Mississippi con l’81%, sfruttando l’appeal sulla comunità afroamericana, ma soprattutto si è affermato nettamente in Michigan, uno degli Stati chiave per le elezioni presidenziali. Dal canto suo il senatore del Vermont si è aggiudicato il più piccolo tra gli Stati in cui si è votato, il North Dakota, mentre nello stato di Washington c’è ancora un testa a testa tra i due contendenti.
Oggi quindi Biden conduce il gioco per numero di candidati, ma soprattutto sembra in netta ascesa rispetto a una campagna partita in sordina. La novità degli ultimi giorni sta però soprattutto nell’irrompere nel discorso pubblico del caso Coronavirus, che dopo il tracollo delle borse potrebbe seriamente rimettere in discussione la rielezione del presidente Trump, il quale fin dall’inizio ha scelto di minimizzare l’entità della crisi. “Quella del 2020 per gli Stati Uniti sarà la prima campagna elettorale sotto l’ombra di un’epidemia fin dalla fondazione della Repubblica – spiega il politologo Fabrizio Tonello, che commenta per Il Bo Live il cammino verso l’appuntamento del prossimo novembre –. Non era mai accaduto prima che le elezioni del presidente e del congresso avvenissero in una situazione sanitaria, economica e politica così incerta e imprevedibile”.
Ascolta l'editoriale di Fabrizio Tonello. Montaggio di Elisa Speronello
Intanto per ora Bernie Sanders resta in gara, e anzi guarda con una certa fiducia al dibattito con Biden che doveva tenersi sabato sera a Phoenix, in Arizona, e che invece si terrà nella capitale Washington DC: uno degli stati in cui si voterà il prossimo martedì 17 marzo (gli altri sono la Florida, l’Illinois e l’Ohio). Nell’incontro, che per la prima volta si svolgerà senza pubblico, si confronteranno ancora una volta le due anime del Partito Democratico: “Sanders ha in un certo senso anticipato le domande che farà a Biden – continua Tonello –. Gli chiederà ad esempio che cosa farebbe, nel caso fosse eletto presidente, per il mezzo milione di americani che ogni anno dichiarano bancarotta per le spese mediche che non sono in grado di sostenere. Come metterebbe fine all’assurdità del fatto che gli Stati Uniti siano l’unico Paese industrializzato al mondo a non avere un servizio sanitario universalistico. Come affronterebbe il problema dei giovani che si sono indebitati per frequentare le università private, o come metterebbe fine a un sistema di incarcerazione di massa che ha gettato in prigione oltre tre milioni di americani, più di quanti non siano i detenuti nelle prigioni cinesi, in un Paese che ha più di cinque volte la popolazione degli Usa”.
“ Storicamente agli elettori americani non piace rieleggere il presidente in carica quando i conti sono in rosso Fabrizio Tonello
Domande pesanti che riguardano l’eredità dei presidenti degli ultimi anni, sia democratici che repubblicani. Per adesso il conteggio dei delegati è favorevole a Biden, così come i prossimi appuntamenti del calendario delle primarie. “La logica del bipolarismo americano imporrebbe a Sanders di ritirarsi per ricompattare le due anime del partito, in modo da arrivare alla convention in luglio con migliori possibilità di sconfiggere Trump in novembre; il problema è che lui, quali che siano le sue convinzioni personali, ha promesso ai suoi elettori una rivoluzione e non una semplice candidatura, e poiché centinaia di migliaia di giovani stanno votando per lui in quest’ottica non sarà affatto facile dire loro in futuro di turarsi il naso per votare Biden”.
Ad ogni modo, qualunque cosa accada all’interno del Partito Democratico, a determinare le prossime elezioni sarà innanzitutto la gestione della pandemia in atto, e soprattutto la crisi economica che ne seguirà e che molto probabilmente porterà gli Stati Uniti in recessione. “Storicamente agli elettori americani non piace rieleggere il presidente in carica quando i conti sono in rosso – conclude Tonello –; naturalmente però tutto può ancora accadere”.
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