SOCIETÀ

“Non dirmi che hai paura”, la storia di Samia Yusuf Omar raccontata in un libro

“Il viaggio è una cosa che tutti noi abbiamo in testa fin da quando siamo nati… È come una creatura mitologica che può portare alla salvezza o alla morte con la stessa facilità”. Samia Yusuf Omar era nata per correre, voleva raggiungere l’Italia per fuggire dalla povertà e dalla guerra del suo Paese, sognava la libertà e un allenatore vero. Correva per la vita, Samia. Gambe magre e piedi veloci, spirito fiero. Sfidava, ogni giorno, il suo destino.

La sua storia ha trovato spazio in un libro italiano, tra i principali candidati alla vittoria del Premio Strega 2014, e ora sta raggiungendo il resto del mondo: presto diventerà un film e l’editore inglese Penguin ha già acquistato i diritti per Usa e Canada. Questa breve ma intensa esistenza, fatta di dolore e speranza, è stata prima raccontata dalla scrittrice italiana di origini somale Igiaba Scego, poi raccolta da un giornalista e scrittore milanese: Giuseppe Catozzella è autore di Non dirmi che hai paura (Feltrinelli). Un romanzo, il suo, che è, prima di tutto, vita vera, che custodisce i sogni e le sfide della fragile e, al tempo stesso, impetuosa esistenza di una giovane atleta, l’incontenibile voglia di riscatto e un tragico epilogo. “Sono venuto a conoscenza della storia di Samia per caso – racconta Catozzella – Nell’estate del 2012 mi trovavo al confine con la Somalia, ero a Lamu, in Kenya, e stavo facendo alcune ricerche sui campi talebani, per costruire un altro libro. Una mattina, facendo colazione, guardavo la televisione, erano appena terminate le Olimpiadi di Londra e Al-Jazeera trasmetteva una breve intervista ad Abdi Bile, ex atleta somalo e membro del comitato olimpico: raccontò in poche parole la storia di Samia, voleva ricordarla a distanza di pochi mesi dalla scomparsa. Rimasi folgorato. Decisi di mettere da parte tutte le ricerche fatte fino a quel momento per dedicarmi completamente a lei”.

Samia partecipò, a soli 17 anni, alle Olimpiadi di Pechino del 2008. Corse i 200 metri in 32 secondi e 16 primi, realizzando l’ultimo tempo di tutte le batterie, ma il pubblico la incoraggiò, la applaudì: “Ho tagliato il traguardo quasi dieci secondi dopo la prima, Veronica Campbell-Brown – si legge nel libro – Dieci secondi, un'infinità. Non ho provato vergogna, in ogni caso. Solo un forte senso di orgoglio per il mio paese. Istantaneo, appena passata la linea del traguardo. La gente ha continuato ad applaudire”.

Dopo quella prima esperienza, voleva arrivare alle Olimpiadi di Londra del 2012. E voleva vincere, per eguagliare le imprese e i successi del suo mito Mo Farah. Per poter realizzare i suoi sogni, però, Samia non poteva restare nel suo Paese, doveva cercare la salvezza e una possibilità altrove, in Italia per esempio. Ma in Italia non riuscì ad arrivare mai: nell'aprile 2012, durante un lungo e durissimo viaggio della speranza, un’odissea vissuta insieme ad altri migranti partiti dalla Libia, perse la vita annegando nel Mediterraneo. “L’ossatura è assolutamente reale – spiega l’autore – La vita di Samia mi è stata raccontata dai suoi familiari, in particolare da sua sorella Hodan che ho incontrato a Helsinki, dove ora vive con la figlia Mannaar che tanto somiglia alla zia. È tutto vero, ciò che compete alla parte letteraria è solo la scelta di scrivere in prima persona come se fosse Samia stessa a raccontare. Sua sorella mi ha dato fiducia e, tra tutti, ha affidato a me la storia”.

Quanto è rimasto oggi della giovane Samia nel suo Paese? Che esempio e che traccia di sé ha lasciato? “La Somalia è dilaniata da una guerra civile crudele, tra le più feroci del mondo. Non è un vero Paese, è un insieme di clan ed etnie – conclude Catozzella – Lì tutto è problema, a partire dalla costruzione di una memoria collettiva, ogni clan scrive e racconta la propria storia. Non c’è un patrimonio comune, quindi Samia è ricordata soprattutto dai suoi, da chi l’ha conosciuta. Altra cosa è l’immagine di Samia nel mondo, un’immagine forte che è arrivata ovunque”.

Francesca Boccaletto

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