SCIENZA E RICERCA

Atomo è bello

“Sarebbe una brutta cosa essere un atomo in un universo senza fisici”, disse una volta il fisiologo premio Nobel George Wald. “Un fisico è il modo che ha l’atomo di sapere qualche cosa sugli atomi”. La struttura atomica, così come oggi la immaginiamo, fu teorizzata appena un secolo fa da Niels Bohr, ma in realtà l’origine di questo concetto risale a molto, molto prima. Già secoli prima di Cristo, mentre Aristotele riteneva ogni sostanza frazionabile all’infinito, Democrito ed Epicuro intuivano che i diversi elementi poggiavano su particelle fondamentali. Gli atomi appunto (dal greco àtomos, indivisibile). Un’intuizione geniale, che aveva un obiettivo primario: dimostrare che tutto ciò che esiste deriva esclusivamente dalla materia e dalle sue leggi.

Oggi la fisica nucleare e quella delle particelle sono tra i campi più fecondi della scienza e della tecnologia; allo stesso tempo però termini come “atomico”, “nucleare” o “radiazioni” continuano a scatenare ansia. Parole che a loro volta ne evocano altre, se possibile ancora più inquietanti, come Hiroshima, Chernobyl e Fukushima. “I motivi di questa diffidenza sono diversi” spiega Piero Martin, docente di fisica sperimentale presso l’Università di Padova e ricercatore impegnato in diversi progetti internazionali. “La bomba atomica, ad esempio: un terribile prodotto dell’ingegno umano, che incarna la possibilità dell’uomo di distruggere se stesso. C’è inoltre un altro fatto: atomi e radiazioni vengono avvertiti come pericoli invisibili, poco comprensibili, lontani dalla nostra esperienza quotidiana.  Fattori che possono spingere ad aggravare il senso di insicurezza”.

Un timore e una sfiducia diffusi soprattutto in alcuni paesi come la Germania (che ha deciso di chiudere tutte le proprie centrali entro alcuni anni) e l’Italia, che pure ha una tradizione di ricerca che risale agli anni Trenta del Novecento, con Enrico Fermi e il gruppo di ricerca di via Panisperna. L’ 8 e 9 novembre 1987 un referendum pose virtualmente fine allo sfruttamento della fissione nucleare in Italia, con un verdetto poi ribadito da un ulteriore consultazione nel 2011, stavolta sotto lo spettro del disastro di Fukushima. 

Studio e sfruttamento dell’atomo non significano però solo missili e centrali, scorie e radiazioni: si tratta anzi di un campo di ricerche e di applicazioni vastissimo, che permea profondamente la nostra vita quotidiana. Per spiegarlo Piero Martin ha scritto, insieme alla giornalista Alessandra Viola, L’era dell’atomo (Il Mulino, 2014), libro piacevole ma accurato, che ha per l’obiettivo quello di aiutare ad accostarsi a un argomento tanto delicato e complesso. “Temi come la fisica spesso appaiono poco digeribili, in particolare in un Paese come il nostro con una ricchissima tradizione e cultura umanistica. Difficoltà di approccio che spesso nascono dalla nostra stessa formazione: tutti sanno che Dante ha scritto la Divina Commedia, mentre solo in pochi conoscono le due leggi della termodinamica. Eppure sono altrettanto fondamentali, si possono spiegare e, soprattutto, ne facciamo esperienza quotidiana!”.

Fare divulgazione scientifica a volte significa anche combattere qualche luogo comune. Le radiazioni che provengono dall’atomo o dai suoi componenti per esempio: anche se non ce ne rendiamo conto ci permettono anche di comunicare, viaggiare, cucinare, diagnosticare e curare diverse malattie. “Pensiamo solo a una ‘normalissima’ Tac – continua Martin – oppure alle tecniche di imaging nucleare, alle nuove frontiere nella lotta contro il cancro come la radioterapia o l’adroterapia, che usa il bombardamento con protoni. Oggi inoltre è possibile bruciare ammassi tumorali altrimenti inoperabili tramite aghi che emettono specifiche micro-onde. Sono pur sempre radiazioni, ma tutt’altro che dannose!”.

Le applicazioni della fisica atomica oggi sono infinite: basti pensare al campo delle nanotecnologie, che permettono lo sviluppo di materiali prima nemmeno immaginabili. Il sogno principale però rimane quello dell’energia pulita, ottenibile attraverso la fusione nucleare. Riprodurre i meccanismi che alimentano le stelle: un campo Padova è in prima linea con il consorzio Rfx. Lo stesso Piero Martin, dopo aver guidato il gruppo dell’esperimento Rfx, è attualmente responsabile di una grande task force sperimentale – oltre 300 ricercatori coinvolti per un budget di circa 14 milioni di euro – del Consorzio EUROfusion, che si occupa di tre esperimenti a Garching, Losanna e Culham per la sperimentazione di macchine tokamak di media taglia: le ‘ciambelle’ attraverso le quali si cerca di ricreare le condizioni per la fusione termonucleare.

Quando sarà possibile un passo avanti decisivo verso il nucleare pulito e senza scorie? “In passato c’è forse stato ottimismo eccessivo, oggi si preferisce un approccio realistico” conclude Martin. “Il progetto di reattore sperimentale ITER, a cui partecipano Europa, Stati Uniti, Russia, Giappone, Cina e India, dovrebbe comunque essere operativo verso il 2025. Il passo successivo sarà arrivare a una generazione di reattori a fusione per la produzione di energia a livello industriale entro il 2050. Molto però dipenderà dalla volontà politica”. Oggi, secondo l’Agenzia internazionale dell'energia, le fonti fossili (Gas, petrolio e carbone) continuano a rappresentare oltre l’82,6% delle fonti di energia, con enormi conseguenze ambientali – visto che la loro combustione genera CO2, principale imputato dell’effetto serra – ma anche economiche e politiche. “Speriamo che le opinioni pubbliche dei paesi industriali, e soprattutto i governi, capiscano l’importanza della posta in gioco”.

Daniele Mont D’Arpizio

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012