SCIENZA E RICERCA

La complessa sfida di pesare i neutrini

Elusivi e camaleontici, i neutrini sono tra le particelle elementari più misteriose dell’universo. Teorizzati nel 1930 da Wolfgang Pauli, osservati per la prima volta nel 1956 dai fisici americani Clyde Cowan e Fred Reines, i neutrini sono stati considerati privi di massa fino a quando lo scienziato giapponese Takaaki Kajita e il collega canadese Arthur B. McDonald, sono riusciti a scoprire la loro capacità di oscillare tra diverse tipologie, come peraltro ipotizzato da Bruno Pontecorso nel 1957.

Il passaggio da un ‘sapore’ all’altro, (esistono infatti neutrini muonici, elettronici e tau), implica che siamo di fronte a una particella dotata di una massa, per quanto piccolissima. E questa scoperta, oltre ad essere valsa ai due scienziati il Premio Nobel per la Fisica nel 2015, ha anche aperto la strada al tentativo di definire con precisione quale sia la massa del neutrino.

La sfida non è semplice ma la posta in gioco è alta. Oltre ad essere la seconda particella più abbondante dell'universo (dopo i fotoni), i neutrini hanno messo in crisi la versione originaria del modello standard della fisica delle particelle e ogni passo avanti nel loro studio può avvicinarci a ricostruire quanto accaduto nei primissimi istanti dopo il Big Bang e aiutarci a risolvere l'enigma della prevalenza della materia sull'antimateria. Paralleramente i neutrini sono tra i principali protagionisti dell'astronomia multi-messaggera e di recente ne abbiamo avuto prova guardando le immagini del telescopio IceCube che ha mostrato la Via Lattea come non l'avevamo mai vista, rivelando una emissione di neutrini ad alte energie. 

Ma torniamo alle caratteristiche intrinsiche dei neutrini e alla loro massa: ad oggi la stima più precisa che si sia riusciti ad ottenere è quella fornita dalla collaborazione KATRIN che con uno studio pubblicato nel 2022 su Nature Physics ha posto il limite superiore di 0,8 elettronVolt. L'esperimento, condotto presso il Karlsruhe Institute of Technology in Germania, vede il convolgimento di 150 scienziati, è attivo da oltre 20 anni e nel corso del tempo è riuscito ad abbassare sempre di più l'asticella della massa, circoscrivendo il suo valore. Il lavoro prosegue, verso una massa del neutrino forse ancora più precisa e c'è molta attesa per i risultati finali della collaborazione Katrin, la cui pubblicazione è prevista per la fine dell'anno.

La collaborazione Katrin si basa su un enorme rivelatore e usa il decadimento radioattivo del trizio per misurare indirettamente la massa del neutrino. Nel frattempo però si stanno facendo strada anche approcci alternativi e tecniche che potrebbero aumentare la sensibilità verso masse più leggere, oltre a fornire controlli incrociati tra gli esperimenti. Un importante momento di incontro per la comunità scientifica che si sta dedicando al peso del neutrino è stato il workshop NuMass 2024, conclusosi nei giorni scorsi a Genova. In questa occasione i ricercatori hanno potuto discutere i risultati degli ultimi esperimenti e confrontarsi sui punti di debolezza e di forza dei  nuovi approcci che si affacciano all'orizzonte. Al tema ha dedicato un approfondimento la rivista Nature, con un articolo di Davide Castelvecchi e noi cerchiamo di saperne di più con l'aiuto di Elisa Bernardini, docente del dipartimento di Fisica e astronomica dell'università di Padova specializzata nella ricerca sui neutrini e coordinatrice del contributo italiano alla collaborazione IceCube. 

Intervista completa ad Elisa Bernardini, professoressa del dipartimento di Fisica e Astronomia dell'università di Padova. Servizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar

Partiamo dalle basi: cosa sono i neutrini 

"I neutrini, spiega Elisa Bernardini - sono innanzitutto delle particelle fondamentali, cioè dei costituenti elementari della materia. La loro esistenza è stata postulata negli anni ’30 a partire da un’idea di Pauli, meglio formalizzata poi da Fermi. Però solo alla fine degli anni ’50 è stato possibile, per la prima volta, scoprirne realmente l’esistenza, quando si sono rese disponibili delle sorgenti artificiali di neutrini come per esempio i reattori nucleari. Gli scienziati che realizzarono il primo esperimento furono Cowan e Reines e il loro lavoro ha permesso la scoperta di questa particella".

Ad oggi rimangono però particelle estremamente misteriose e i motivi sono diversi. "Innanzitutto perché sono particelle neutre e reagiscono solo con la forza debole. Quindi solo in rarissime occasioni reagiscono con la materia e si manifestano in una forma che diventa per noi osservabile. Inoltre, sappiamo ad oggi che hanno una massa, mentre fino a tempi recenti si era ipotizzato che ne fossero privi. Sappiamo che hanno una massa grazie al fenomeno di oscillazione del neutrino, cioè la capacità dei neutrini di cambiare il loro carattere durante la propagazione. Non sappiamo ancora quale sia la massa dei neutrini ma ci aspettiamo che sia estremamente piccola", continua la docente del dipartimento di Fisica e astronomia dell'università di Padova.

Quanto pesa un neutrino?

La misura più precisa mai ottenuta della massa del neutrino proviene dalla collaborazione Katrin che sfrutta un tipo di decadimento radioattivo molto studiato in fisica, il decadimento beta. L’esperimento è uno dei più sofisticati mai realizzati per la misurazione della massa del neutrino e si avvale di un enorme apparato strumentale, dif forma simile a uno Zeppelin e la cui lunghezza arriva a settanta metri. "Cercando di misurare l’energia prodotta dagli elettroni in questo decadimento si cerca di ricavare per differenza un’informazione sulla massa del neutrino", spiega la professoressa Bernardini.

Ad oggi sappiamo che la massa è inferiore a 0,8 elettronVolt (eV). Come ordine di grandezza è all’incirca l’energia dei fotoni che le piante utilizzano nella fotosintesi: un’energia estremamente bassa

Verso lo sviluppo di nuovi approcci per definire la massa del neutrino

"C’è un importante sforzo sperimentale nel cercare di spingere questi limiti verso valori sempre più piccoli. I motivi che sollecitano questa grande corsa sperimentale sono diversi. Innanzitutto perché la sensibilità di questo esperimento raggiunge un valore che al momento sembra già escluso da altre indicazioni che arrivano dalla cosmologia. I neutrini sono una delle particelle più abbondanti nell’Universo, la seconda dopo i fotoni. Da osservazioni cosmologiche è emersa un’indicazione su quale è il contributo dei neutrini nella costituzione di materia nell’Universo. Da queste indicazioni cosmologiche emerge che la massa del neutrino potrebbe essere addirittura inferiore all’intervallo misurabile attraversi gli esperimenti attualmente in funzionamento", approfondisce Bernardini.

Come ricorda Davide Castelvecchi su Nature, le osservazioni della struttura cosmica su scala più grande suggeriscono infatti che i neutrini sono estremamente leggeri, con masse pari al massimo a 0,12 elettronvolt, quattro milioni di volte più piccole della massa di un elettrone. Se corrette, tali stime metterebbero la vera massa del neutrino fuori dalla portata di Katrin che, come detto, può contare su una sensibilità capace di arrivare fino a 0,2 elettronvolt. 

"Questo spinge lo sviluppo di nuove tecnologie, sia per migliorare l’accuratezza con cui si misura, per esempio, l’energia degli elettroni in esperimenti di questo tipo, sia per mettere a punto approcci alternativi, come quelli che sono stati presentati di recente anche alla conferenza NuMass. Si tratta di approcci che non sfruttano il decadimento del trizio, ma un processo denominato cattura elettronica", spiega al riguardo Elisa Bernardini. 

Questa opzione alternativa sfrutta il decadimento dell’olmio-163, un isotopo radioattivo dell’olmio, elemento delle terre rare. Contrariamente al trizio, l'olmio-163 non subisce il decadimento beta ma un processo di “cattura” di un elettrone da parte di un protone del nucleo (da qui la denominazione di "cattura elettronica"). L'approccio, nato nel 1981 da un'idea del fisico del Cern Álvaro de Rújula e poi abbandonato per un paio di decenni, ha trovato nuova linfa a partire dalla fine degli anni '90 grazie al lavoro della fisica Loredana Gastaldo dell'università di Heidelberg in Germania, responsabile scientifica dell'esperimento ECHo e di Angelo Nucciotti dell'università di Milano-Bicocca, a capo dell'esperimento HOLMES. Ciascuno dei due gruppi, ricorda Castelvecchi su Nature, adotta un approccio diverso per iniettare l'olmio-163 in scaglie di metallo incorporate in rilevatori di calore sensibili mantenuti a temperature prossime allo zero assoluto. Sebbene al momento con questa tecnica la performance migliore sia stata porre un limite superiore di di 150 elettronVolt alla massa del neutrino (e quindi siamo ancora molto distanti dall'obiettivo), Gastaldo ha affermato a Nature che si sta lavorando per migliorare questa stima di un fattore 10 e si è detta convinta del fatto che nella sfida della misurazione della massa del neutrino "anche l’olmio è in gioco". 

Un altro approccio alternativo descritto a NuMass 2024 è quello proposto da Juliana Stachurska, fisica del Mit di Boston. Si tratta di un esperimento che prevede l'inserimento di gas tritio a bassa densità all'interno di una bottiglia magnetica che “intrappola” gli elettroni del decadimento beta.

Perché è importante definire la massa dei neutrini?

La misura diretta della massa del neutrino, osserva Bernardini, è un ingrediente fondamentale nella comprensione di un puzzle molto più complesso che riguarda sia la fisica delle particelle che la cosmologia. 

"E’ molto importante capire l’impatto dei neutrini nel contributo totale di materia nell’universo. Essendo la seconda particella più abbondante possono influenzare anche la nostra comprensione dell’evoluzione dell’universo. I modelli cosmologici dipendono dal valore della massa del neutrino. Ci sono poi altre implicazioni che riguardano tutta la comprensione della fisica delle particelle: il neutrino è l’unica particella che sembrerebbe avere una caratteristica peculiare rispetto alle altre che consiste nell’essere una particella di Majorana. Tutte le particelle di materia che conosciamo sono particelle di Dirac, il che significa che la particella e la corrispondente antiparticella sono due entità distinte. Nel caso delle particelle di Majorana, la particella e l’antiparticella coincidono e questo potrebbe avvenire nel caso di neutrini. La possibilità di osservare sperimentalmente dei fenomeni che manifestino evidenza di questa caratteristica del neutrino dipende dalla massa del neutrino. Particelle di questo tipo acquisiscono massa con un meccanismo diverso rispetto a quello che noi ad oggi crediamo sia il meccanismo di acquisizione delle masse di particelle collegato al bosone di Higgs. Capire la massa di questa particella apre un capitolo di enorme importanza che riguarda tutta la comprensione dei fondamenti della fisica delle particelle", aggiunge la scienziata dell'università di Padova.

Come osservava anche Lucia Votano in un articolo scritto per il nostro giornale "alla possibile natura di Majorana dei neutrini è legata la possibilità di contribuire alla spiegazione della prevalenza della materia dell’universo attraverso un processo di leptogenesi".

I neutrini al momento sono infatti tra le particelle meno comprese nel modello standard della fisica delle particelle e il loro studio (sia attraverso esperimenti che hanno la priorità di definire la massa, sia attraverso altri esperimenti, come Juno, che si concentrano sul fenomeno delle oscillazioni o altri ancora specializzati nell'indagine delle loro interazioni) per adesso continua a sollevare domande, più che giungere a delle risposte. 

Padova e la tradizione di ricerca sui neutrini

Nella ricerca sui neutrini Padova ricopre da tempo un ruolo di primo piano. "C’è anche una tradizione storica legata alla figura della professoressa Milla Baldo Ceolin che dall’inizio della sua carriera si è occupata della fisica delle particelle e in particolare della fisica del neutrino. Baldo Ceolin ha anche intuito l’importanza che potevano avere i neutrini nel constesto astrofisico e di fatto ha avviato una serie di conferenze che dalla fine degli anni ’80 ad oggi non si è mai interrotta e che è diventata un punto di riferimento molto importante per tutta la comunità internazionale della fisica del neutrino ma anche dell’astrofisica del neutrino. La conferenza si chiama Neutrino Telescope Workshop e vengono affrontati sia aspetti che riguardano le caratteristiche del neutrino, quindi fisica del neutrino, sia questioni di tipo astrofisico".

"Da circa 10 anni sappiamo che i neutrini hanno un’enorme importanza nel contesto astrofisico perché nel 2013 sono stati scoperti anche dei neutrini cosmici di alta energia. Fino ad ora gli unici neutrini di origine extraterrestre che conoscevamo erano provenienienti dal Sole o dall’esplosione delle stelle. Ora invece sappiamo che esistono neutrini che hanno un’energia milioni o miliardi di volte superiore e che sono prodotti in eventi estremamente violenti nell’Universo", conclude Bernardini. 

Per ora la comunità scientitica attende i risultati finali di Katrin ma molte altre sorprese potrebbero essere all'orizzonte. 

 

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