SCIENZA E RICERCA
Non solo api e farfalle: nuovi metodi per monitorare la biodiversità degli insetti

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“Non possiamo aspettare decenni per avere dati di monitoraggio completi. Il Global Biodiversity Framework di Kunming-Montreal ha fissato l'ambizioso obiettivo di proteggere la biodiversità e ripristinare gli ecosistemi entro il 2050: per raggiungere questo risultato e invertire il declino storico dobbiamo capire quali azioni saranno necessarie, e su che scala”. A parlare è Cang Hui, ecologo matematico della Stellenbosch University in Sudafrica, che, a commento di un articolo pubblicato recentemente su Science insieme ad altri scienziati, sottolinea l’urgenza di comprendere e quantificare i cambiamenti della biodiversità degli insetti.
Si tratta di un gruppo animale straordinariamente diversificato e abbondante, che sta affrontando minacce crescenti dovute a fattori come i cambiamenti nell’uso del suolo, i pesticidi, l’inquinamento, il cambiamento climatico (detti driver in termini tecnici). Gli insetti hanno cicli vitali complessi e subiscono fluttuazioni demografiche consistenti, che possono mediare l’impatto diretto dei driver stessi. “Sono una parte incredibilmente importante dei nostri ecosistemi – osserva Charlotte Outhwaite, ricercatrice all'istituto di zoologia della Zoological Society of London –, impollinano circa l'80% delle specie di piante da fiore e sono vitali per il 35% della produzione alimentare globale, eppure sono sottovalutati e poco studiati”.
Aggiunge Rob Cooke, primo autore dello studio e ricercatore nel campo della modellazione ecologica al Centre for Ecology & Hydrology del Regno Unito: “Dobbiamo scoprire se il declino degli insetti è un fenomeno diffuso e cosa lo sta causando. La sfida è simile a un gigantesco puzzle in cui mancano migliaia di pezzi, ma non abbiamo decenni per colmare queste lacune e agire”. E conclude: “C'è molto interesse nel monitoraggio di specie carismatiche come api e farfalle, ma pochi si preoccupano degli insetti ritenuti sgradevoli, nonostante anch'essi apportino benefici. Ad esempio, le forficule (le forbicine) si nutrono di afidi e altri parassiti da giardino, mentre gli scarafaggi consumano materiale in decomposizione e mantengono il terreno fertile”.

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Nonostante la consapevolezza dell’importanza ecologica ed economica degli insetti, finora la ricerca sulla loro biodiversità è stata limitata e scarsamente finanziata. Di conseguenza, le evidenze disponibili risultano poco rappresentative dal punto di vista spaziale, temporale e tassonomico. Secondo gli autori dello studio pubblicato su Science, dunque, sono necessari nuovi metodi di indagine in grado di offrire un quadro più completo a livello globale.
Per comprendere le ragioni per cui cambia la biodiversità entomologica non basta affidarsi a una sola fonte di dati, per questo gli scienziati propongono un approccio integrato che combini quattro tipi di evidenze: le serie temporali, per esempio il declino del numero di farfalle in un periodo di 10 anni; confronti spaziali, come l'analisi delle differenze nel numero o nell'abbondanza delle specie in diversi habitat o regioni; esperimenti per studiare la risposta degli insetti a diverse minacce, come il confronto tra un campo irrorato con pesticidi e uno senza; e opinioni di esperti. Ognuna di queste metodologie presenta punti di forza e criticità, ed è per questo che solo combinando i dati diversamente raccolti, sarà possibile ottenere un quadro più esaustivo e attendibile.
Le serie temporali
Le serie temporali sono stime che consentono di confrontare un parametro della biodiversità, come l’abbondanza delle popolazioni di insetti o la biomassa, in una stessa area a intervalli di tempo differenti. Costituiscono quindi una forma di evidenza diretta dei cambiamenti della biodiversità. La copertura temporale delle singole serie, però, varia in termini di frequenza e durata, cioè rispettivamente per numero di campionamenti effettuati e intervallo tra primo e ultimo campione. Molte serie presentano lacune e molte altre sono frutto di rilevamenti effettuati una sola volta in passato. Ciò è particolarmente problematico quando si parla di insetti, poiché la loro variabilità annuale è molto più marcata rispetto a piante o vertebrati. Di conseguenza, quando il campionamento ha una frequenza inferiore a quella annuale e una durata al di sotto dei dieci anni rischia di fornire stime poco affidabili sui cambiamenti nelle popolazioni di insetti. A ciò si aggiunga che spesso la selezione dei siti da esaminare non è casuale, e le rilevazioni vengono effettuate in aree di ricerca o zone protette, o ancora in risposta a perturbazioni ambientali e questo rischia di distorcere l’interpretazione dei dati.
La maggior parte delle serie temporali, infine, non fornisce informazioni sui driver cioè, come abbiamo visto, su tutti quei fattori che guidano le variazioni della biodiversità entomologica. Mostrano cioè se ci sono stati cambiamenti, ma non ne spiegano le ragioni. Per agire efficacemente tuttavia – cioè per progettare interventi mirati, contrastare i cali demografici, evitare estinzioni e preservare gli equilibri ecologici –, è necessario comprendere le cause alla base del processo. Ebbene, i ricercatori spiegano che i cosiddetti “modelli di risposta alle minacce” (Threat-response models - Trm) consentono di quantificare la relazione tra fattori di stress ambientale (le minacce, come i pesticidi o il clima) e indicatori di biodiversità (la risposta, per esempio il numero di specie presenti). Una volta costruito il modello, sarà dunque possibile fare previsioni sulla biodiversità – quando le informazioni mancano –, nei luoghi in cui si conosce l’intensità dei driver, simulando scenari futuri.
Si tratta di strumenti già impiegati per lo studio dei vertebrati, che ora vengono considerati anche per gli insetti. Tuttavia la carenza di dati completi rende necessario combinare metodi diversi, ciascuno con pregi e difetti specifici: tra questi, gli scienziati valutano esperimenti controllati, confronti tra siti e modelli basati sul giudizio di esperti.

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Esperimenti, confronti tra siti diversi, pareri di esperti
Gli esperimenti, cioè gli studi che testano in modo controllato l’effetto di specifici fattori sulle comunità di insetti, sono fondamentali per confermare nessi causali tra driver e biodiversità, ma spesso, secondo i ricercatori, i risultati sono difficilmente trasferibili a situazioni reali, a causa di limitazioni in termini di scala e durata. Gli esperimenti in laboratorio, per esempio, si concentrano su singole specie e fattori specifici, e sono in genere brevi nel tempo. Inoltre la gamma di driver ambientali testata è solitamente ristretta. Nonostante ciò, questi approcci hanno fornito utili indicazioni sugli effetti di fattori come l'urbanizzazione sulle popolazioni di insetti.
Anche i confronti tra siti diversi sono utili e spesso utilizzati per indagare le variazioni in termini di biodiversità entomologica. Questa metodologia parte dall’ipotesi che le differenze osservate nello spazio possano offrire indizi su ciò che accade nel tempo. Ha un’elevata potenza statistica, che consente di individuare relazioni tra i fattori di pressione ambientale e il declino della biodiversità, anche su larga scala. È un approccio semplice da organizzare, permette di coprire ampie aree geografiche e gradienti ambientali, e può essere impiegato per colmare lacune conoscitive, soprattutto in regioni, habitat o gruppi tassonomici poco studiati.
Accanto ai vantaggi, tuttavia, non mancano i limiti. I confronti tra siti diversi, spiegano i ricercatori, non consentono di stabilire con certezza relazioni causali, poiché i diversi fattori ambientali sono spesso intrecciati e difficili da isolare. Inoltre, offrendo una “istantanea” in un determinato momento, questi studi rischiano di essere influenzati da dinamiche temporanee che non riflettono necessariamente tendenze di lungo periodo. A ciò si aggiunga il peso della storia ecologica dei singoli luoghi: se non se ne tiene conto, si rischia di attribuire i cambiamenti osservati a fattori sbagliati, confondendo le cause reali con effetti residui del passato. Indagini di questo tipo, infine, rischiano di non cogliere le variazioni nel numero totale di specie presenti in una regione.
Per finire, il contributo degli esperti, non solo scienziati, ma anche indigeni e specialisti non accademici, offre conoscenze preziose per valutare tendenze e minacce alla biodiversità, specialmente per gruppi di insetti poco studiati o dove mancano dati diretti. Il parere di chi lavora nel settore aiuta a interpretare l’impatto combinato di più fattori ambientali, ma è limitato dalla soggettività e dal rischio di distorsioni metodologiche.
Necessità di un approccio integrato
I modelli basati su esperimenti controllati, confronti spaziali e pareri di esperti sono utili dunque, sebbene come si è visto presentino delle criticità. “C'è un'urgente necessità di sfruttare questa vasta gamma di dati – scrivono i ricercatori –, combinando le conclusioni ottenute attraverso ognuno di questi strumenti, in modo da potenziare i punti di forza e superare i limiti dei singoli approcci. Per farlo, dobbiamo capire come integrare fonti di informazioni diverse. Dobbiamo esplorare fin dove possiamo spingerci nel combinare i modelli di risposta alle minacce e fino a che punto le loro conclusioni possono essere applicate a contesti tassonomici, spaziali o temporali differenti. Senza tentativi di generalizzazione, la letteratura scientifica rischierebbe di ridursi a una semplice raccolta di casi studio, senza una visione d'insieme utile”.
Combinare dati così diversi, tuttavia, non si rivela semplice. Servono metodi sofisticati, come la modellazione integrata, che consente di fondere dati sperimentali, osservazionali e qualitativi in una visione organica. Ma i dati spesso differiscono per qualità, risoluzione spaziale e copertura tassonomica, rendendo difficile allinearli. Nonostante gli ostacoli metodologici non manchino, i ricercatori concludono con una riflessione: “Solo sfruttando appieno l’insieme delle evidenze disponibili possiamo ricomporre i dati frammentari in un quadro coerente. Si tratta di un piccolo, ma significativo, primo passo verso un futuro che favorisca la biodiversità degli insetti”.