SCIENZA E RICERCA
I viaggi a lunga distanza nel Mediterraneo iniziarono prima di quanto credessimo

Un nuovo studio pubblicato su Nature retrodata di almeno mille anni la navigazione a lunga distanza nel Mediterraneo. La recente scoperta di un sito archeologico a Malta suggerisce che l’isola sia stata raggiunta almeno 8.500 anni fa, durante il Mesolitico, da parte di alcuni gruppi di cacciatori-raccoglitori giunti probabilmente dalla Sicilia. Questa difficile traversata, che avrebbe richiesto di trascorrere almeno un giorno e una notte in navigazione, rappresenterebbe il più lungo viaggio compiuto da cacciatori-raccoglitori attraverso il Mediterraneo noto finora.
La ricerca, condotta da un team interdisciplinare del Max Planck Institute of Geoanthropology e dell’università di Malta, coordinato dall’archeologa Eleanor Scerri, è un esempio di come lo studio delle origini della navigazione marittima possa offrire nuove prospettive sull’evoluzione del comportamento umano. Capire quanto fossero impegnativi i viaggi affrontati da queste antiche popolazioni aiuta a comprendere che tipo di conoscenze e competenze possedessero, ottenendo quindi preziosi indizi sui cambiamenti sociali e culturali dell’epoca.
Come sottolinea Lizzie Wade in un commento allo studio di Scerri e coautori su Science, sembra che la navigazione a lunga distanza tra le isole del Mediterraneo sia iniziata piuttosto tardi rispetto ad altre aree del mondo. Le condizioni ambientali degli arcipelaghi del Mare nostrum sono state spesso considerate inadatte all’insediamento umano all’epoca delle economie di caccia e raccolta. Stiamo parlando di quella fase della storia umana che ha preceduto la transizione all’agricoltura avvenuta durante il Neolitico, che nell’Italia meridionale e in Sicilia è iniziato tra i 7.900 e i 7.500 anni fa.
Finora era stato dunque ipotizzato che Malta e le altre isole del Mediterraneo fossero state raggiunte via mare per la prima volta proprio durante il Neolitico, da parte di alcuni gruppi di agricoltori che arrivarono lì circa 7.400 anni fa.
Lo studio di Scerri e coautori smentisce questa ipotesi e dimostra che il Mediterraneo veniva navigato almeno mille anni prima di allora, ovvero durante il Mesolitico, da parte di gruppi di cacciatori-raccoglitori provenienti verosimilmente dalla Sicilia o dalla Tunisia.

Il riparo roccioso di Latnija nella regione settentrionale di Mellieħa, Malta. Foto: Huw Groucott
Lo studio si basa su alcuni reperti conservati nel sito archeologico di Latnija, un riparo roccioso all’interno di una grande dolina calcarea nel nord di Malta, risalente a 8.500 anni fa e scavato a partire dal 2019. Attraverso un approccio interdisciplinare basato su dati archeologici, botanici e paleoambientali, Scerri e coautori hanno ricostruito il contesto culturale ed ecologico in cui dovevano aver vissuto queste antiche comunità. Hanno ritrovato, in particolare, 64 utensili in pietra calcarea, diversi come aspetto e tipo di lavorazione da quelli prodotti nello stesso periodo in Sicilia e in altre aree adiacenti, tracce di fuochi controllati e 955 resti di animali terrestri e marini – tra cui tartarughe, cervi, volpi, uccelli, e anche pesci e gasteropodi, alcuni dei quali si credevano già estinti all’epoca – con tracce di carbonizzazione e combustione antropica che lasciano supporre che siano stati consumati cotti. L’analisi dei campioni vegetali suggerisce, inoltre, che il paesaggio dell’area fosse erboso, ricco di vegetazione, arbusti e fonti d’acqua nelle vicinanze.

Scavi effettuati nel sito di Latnija dal team di ricerca del Max Planck Institute of Geoanthropology (MPI-GEA) e dell’Università di Malta, coordinato dalla professoressa Eleanor Scerri. Foto: Huw Groucutt
Il sito di Latnija presenta quindi le prove più antiche di navigazione marittima a lunga distanza nel Mediterraneo. Siccome all’epoca non esistevano ancora le imbarcazioni a vela, questi gruppi di cacciatori-raccoglitori dovevano essere giunti sull’isola di Malta a bordo di canoeche gli autori stimano raggiungessero una velocità di circa 4 km/h (poco più di due nodi).
Basandosi sulle ricostruzioni geologiche e delle correnti marine dell’epoca, gli autori ritengono che questi flussi migratori provenissero dalla Tunisia o, più probabilmente, dalla Sicilia, data la maggiore vicinanza di quest’isola con le coste maltesi. Allora la morfologia del territorio era simile a quella odierna, con livelli del mare analoghi a quelli di oggi, per cui per raggiungere Malta dalla Sicilia bisognava navigare per circa 80-100 km. Parte del viaggio doveva svolgersi di notte; per orientarsi, quindi, era fondamentale una approfondita conoscenza delle costellazioni, delle correnti marine e dei venti dominanti.
Siccome le società basate sulla caccia e sulla raccolta erano meno sedentarie di quelle agricole, più strutturate e stabili, gli autori ipotizzano che i popoli che abitavano a Latnija viaggiassero per mare con una certa frequenza tra le isole del Mediterraneo a seconda della diversa disponibilità delle risorse di sussistenza a seconda delle stagioni.
Quest’ipotesi è coerente con i risultati di un altro recente studio basato sull’analisi del dna antico che suggerisce che la Sicilia e il Maghreb occidentale fossero in contatto già 8.500 anni fa. È possibile, quindi, che Malta e le altre isole comprese tra le due sponde abbiano favorito le relazioni tra i popoli che abitavano in quest’area del Mediterraneo durante il Mesolitico.
Esiste però anche la possibilità che le comunità che vivevano nell’area di Latnija 8.500 anni fa fossero giunte a Malta diverse migliaia di anni prima, nel corso dell’ultima Era glaciale, durante la quale si ipotizza che la Sicilia, le sue isole e Malta fossero unite via terra da un passaggio poi sommerso a causa dell’innalzamento dei mari avvenuto circa 13.000 anni fa.
In ogni caso, riflettono gli autori, quando le prime popolazioni agricole approdarono a Malta intorno ai 7.400 anni fa, non trovarono un ambiente incontaminato, ma un paesaggio già plasmato dalla presenza umana. Viene spontaneo chiedersi, quindi, se abbiano incontrato le comunità di cacciatori e raccoglitori presenti già sull’isola al loro arrivo e, in tal caso, che tipo di rapporti abbiano stabilito.
Per ricostruire con maggiore precisione la provenienza e il periodo di arrivo delle comunità di cacciatori-raccoglitori a Latnija, bisognerebbe ritrovare i resti delle loro imbarcazioni. Ma gli autori nutrono poche speranze a riguardo, poiché le canoe che queste antiche popolazioni usavano per navigare venivano probabilmente realizzate con materiali organici (come tronchi d’albero, canne e pelli di animale), facilmente deperibili.
I ricercatori si domandano inoltre se anche altre isole, come la Sardegna o Cipro, ad esempio, siano state colonizzate in epoche così remote e che tipo di connessioni esistessero tra i diversi popoli che abitavano nel Mediterraneo prima del Neolitico. Le risposte, probabilmente, sono disseminate nei luoghi più inaspettati del bacino e solo nuove scoperte archeologiche potranno aiutare a completare il quadro che Scerri e coautori hanno iniziato ad abbozzare.