SOCIETÀ

Azzardo: quando il gioco diventa dipendenza

Inutile farsi illusioni. La probabilità di vincere 500.000 euro al gratta e vinci è una su sei milioni. Una su 600 milioni quella di fare sei al superenalotto: come riempire fino all’orlo lo stadio del Maracanã di palline da tennis gialle e trovare la sola rossa. Vogliamo parlare delle slot machine? L’unica certezza che si ha è che più si insiste a giocare e più si è sicuri di perdere, con un fattore di restituzione di circa il 76%. Eppure anche se la matematica parla chiaro, il fenomeno del gioco d’azzardo negli ultimi anni è in crescita, complice la crisi economica, la pubblicità martellante e l’aumento dell’offerta. Con tutte le conseguenze del caso, non ultimi i rischi per la salute. 

Nel 2011 nell’Unione europea il gioco d’azzardo produce un ricavo di circa 85 miliardi di euro, con un tasso di crescita annuo che si aggira intorno al 3%. Ancora più alti gli incassi previsti per il gioco d’azzardo on line: dai 9,3 miliardi del 2011, si prevede di arrivare ai 13 miliardi nel 2015. Tanto che la Commissione europea proprio recentemente ha adottato una raccomandazione che invita gli Stati membri a proteggere i consumatori. Informando bene sui rischi, prevedendo un sistema di registrazione che obblighi i giocatori a fornire informazioni sulla loro età e identità, garantendo che “i minori non abbiano accesso al gioco d’azzardo on line”. 

Oltre alle perdite di denaro, il gioco d’azzardo può causare gravi conseguenze sulla salute fisica e mentale delle persone che giocano, tanto da portare in alcuni casi anche alla dipendenza. Nel 2013 il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Dsm V), lavoro dell’American Psychiatric Association, include il gioco d’azzardo patologico nel capitolo delle dipendenze (Substance-Related and Addictive Disorders). Questo riflette i risultati della ricerca scientifica che dimostra come il disturbo veda coinvolti gli stessi meccanismi cerebrali delle dipendenze da uso di sostanza, come la tossicodipendenza o l’alcolismo, e presenti caratteristiche cliniche simili.

“La persona che soffre di gioco d’azzardo patologico – spiega Antonio Stivanello, medico dell’ambulatorio per la prevenzione e il trattamento della dipendenza da gioco d’azzardo dell’Ulss 16 di Padova – non è più in grado di controllare il tempo impiegato a giocare e il denaro che spende. È spinto a cercare attraverso il gioco una gratificazione di tipo economico. Si tratta di una malattia psichiatrica in cui non è sufficiente la buona volontà per guarire, ma è necessario essere aiutati”. In Italia, stando a quanto riportato nel manuale sul Gambling pubblicato dal Dipartimento politiche antidroga nel 2013, non esistono ad oggi studi accreditati che forniscano informazioni precise sulla diffusione della patologia. Sulla base dei dati disponibili si stima tuttavia che, su una popolazione di 60.418.711 individui, le persone tra i 18 e i 74 anni che hanno giocato d’azzardo almeno una volta nei 12 mesi precedenti la rilevazione siano il 54% e il numero dei giocatori problematici, che hanno perso cioè più di una volta il controllo e il senso del limite, varia dall’1,3 al 3,8% (percentuale che sale al 18% nei giovani dai 15 ai 19 anni). La stima dei giocatori d’azzardo patologici varia invece dallo 0,5% al 2,2%.  Nell’Ulss 16 di Padova, sottolinea Stivanello, tra i giocatori d’azzardo patologici appena il 10% chiede aiuto ai servizi sanitari. Nel 2014 i pazienti trattati sono 230 circa. 

“A Padova – illustra Stivanello – è stato istituito un numero verde cui ci si può rivolgere 24 ore su 24. Rispondono psicologi che danno informazioni immediate ai giocatori e ai loro familiari, allo scopo anche di aumentare quel 10% che per ora si rivolge ai servizi sanitari”. Si può scegliere di rimanere del tutto anonimi o di rivolgersi direttamente al centro per una consultazione telefonica, on line o in sede. L’équipe è composta da un medico, uno psicologo e alcuni educatori che prendono in cura il paziente e affiancano la famiglia anche con un servizio di terapia familiare. Infine, sono previsti interventi di inserimento sociale e ricreativo-occupazionale, in considerazione del fatto che alcuni giocatori iniziano a giocare dopo aver perso il lavoro o il proprio ruolo sociale. Inoltre vengono organizzati incontri di sensibilizzazione rivolti alla cittadinanza, alle scuole, ai gestori dei bar. 

In Italia è il Piano d’azione nazionale 2013-2015 lo strumento di coordinamento e indirizzo voluto dall’osservatorio dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli per prevenire le problematiche legate al gioco d’azzardo e per contrastare la diffusione del gioco d’azzardo patologico. L’obiettivo è di creare punti di primo ascolto, materiali informativi e di prevenzione del gioco patologico rivolti alla cittadinanza, alle scuole, alle famiglie. Ma anche attività di ricerca, percorsi di formazione specialistica, strumenti interattivi di autovalutazione del rischio. 

Non manca poi chi percorre altre strade. La volontà di prevenire atteggiamenti di abuso del gioco d’azzardo può arrivare infatti anche da istituzioni come le università, “come gesto di responsabilità sociale ed esigenza di mettere a disposizione dei cittadini il sapere che viene sviluppato nell’accademia”. A sottolinearlo è Marco Verani, docente del Politecnico di Milano, tra i coordinatori del progetto di ricerca biennale Bet on math (Scommetti sulla matematica). Avviato nel 2013, Bet on mathè un progetto di matematica “civile”, di impegno sociale, che nasce dalla considerazione che il gioco d’azzardo affonda le proprie radici nella diffusione di un forte analfabetismo matematico. Si tratta di un percorso formativo, rivolto agli istituti superiori, che mette in evidenza i concetti probabilistici che sottendono ai giochi d’azzardo e rende i ragazzi consapevoli delle effettive probabilità di vincita. Molto, molto basse se non nulle. “L’obiettivo – conclude Verani – è di far capire alle giovani generazioni che affidarsi a un gratta e vinci per cambiare la propria vita è inutile, ma servono studio e lavoro serio”. 

Monica Panetto

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