SCIENZA E RICERCA

Attenti: il divano è peggio dei dolci

L’inattività fisica uccide il doppio dell’obesità, associata com’è al rischio di morte prematura. È questo il risultato cui giunge uno studio condotto a livello europeo e pubblicato recentemente sullAmerican Journal of Clinical Exercise

Gli studiosi hanno preso in esame una campione di 334.161 persone. Hanno misurato l’altezza, il peso, il girovita e i livelli di attività fisica svolta a lavoro e nel tempo libero sulla base della quale i partecipanti sono stati suddivisi in quattro gruppi (inattivi, moderatamente inattivi, moderatamente attivi e attivi). In 12 anni, il periodo nel corso del quale sono stati monitorati, sono stati registrati 21.438 decessi.  

Al termine dell’indagine i ricercatori hanno dunque dimostrato che, su 9,2 milioni di morti in Europa nel 2008, 337.000 erano attribuibili a obesità e ben 676.000 a inattività fisica. È stato appurato inoltre che il rischio di morte prematura si riduceva in modo più consistente (con una percentuale compresa tra il 16% e il 30%) nel passaggio dal gruppo degli individui inattivi, cioè di coloro che svolgevano un lavoro sedentario e nessun tipo di attività fisica, ai moderatamente inattivi. E raggiungere questo risultato, sottolineano gli scienziati, non è così difficile se si pensa che sarebbe sufficiente bruciare dalle 90 alle 110 calorie al giorno, l’equivalente di una camminata di 20 minuti.  

Ciò che ne esce è un messaggio semplice secondo Ulf Ekelund dell’università di Cambridge, coordinatore dello studio. “Un po’ di attività fisica ogni giorno potrebbe portare sostanziali benefici a persone fisicamente inattive. Tuttavia, sebbene 20 minuti possano fare la differenza si dovrebbe cercare di fare più di questo”. E sembra essere d’accordo anche Attilio Carraro, docente di teoria e metodologia del movimento umano al dipartimento di scienze biomediche dell’università di Padova. “La raccomandazione – sottolinea – è ben conosciuta: fare almeno 150 minuti di attività fisica da moderata a intensa alla settimana. Praticare 20 minuti di camminata al giorno certo è da preferire alla sedentarietà, ma si può fare molto di più”. Il docente spiega ad esempio che si potrebbe combinare la camminata ad attività più specifiche che riguardino la forza, il mantenimento della flessibilità articolare e che permettano di condividere con altri quello che si sta facendo. Fare esercizio fisico in gruppo infatti si rivela particolarmente importante non solo per ragioni legate alla socializzazione, ma soprattutto per motivare all’attività motoria.

Ma Carraro non si esime anche da alcune riflessioni. “Lo studio è stato condotto su una popolazione molto ampia in diversi Paesi europei da un gruppo di lavoro prestigioso e conferma dunque, con dati importanti, studi precedenti”. Molte ricerche dimostrano infatti la relazione positiva tra attività fisica e benessere, ma anche l’efficacia dell’esercizio fisico nella prevenzione e nel co-trattamento di numerose patologie organiche e psichiche, ad esempio le malattie cardiovascolari e la depressione.

Continua tuttavia Carraro: “Avere dati disponibili che diano la dimensione del fenomeno è molto importante, soprattutto per indirizzare le politiche di prevenzione. Tuttavia, a fronte dei dati epidemiologici che indicano come l’esercizio fisico sia fondamentale per mantenersi in salute e prevenire molte patologie, il numero di persone che riescono a svolgere regolarmente attività fisica è molto basso”. E a titolo di esempio Carraro cita uno studio condotto su un campione di 1154 studenti universitari padovani: di questi solo il 34% poteva dirsi sufficientemente attivo.

Conoscere il fenomeno dunque è importante ma non basta più: ora bisogna interrogarsi concretamente sul da farsi perché le persone inizino a muoversi di più. “Probabilmente si dovrebbero concertare azioni concrete su piani diversi. Abbiamo bisogno di politiche che promuovano il movimento a tutti i livelli, dai bambini, agli adulti, fino agli anziani e che facilitino l’accesso alle strutture in cui si pratica attività fisica”. In Italia, ad esempio, non esiste la possibilità di recuperare fiscalmente le quote che un adulto può spendere per iscriversi a un programma di esercizio fisico. E ancora, la “cultura del movimento” non è molto diffusa, perché secondo Carraro “se la scuola fa molto, non fa ancora abbastanza”. Termini come esercizio e attività fisica indicano modi differenti di fare moto: si riferiscono da un lato a un programma strutturato con tempi, criteri e modalità e dall’altro a un’attività non strutturata. E queste, a loro volta, sono pratiche diverse dallo sport. “Spesso nel nostro Paese le dimensioni vengono confuse e i concetti non sono ancora ben chiari”. 

È necessario dunque lavorare in questa direzione e coinvolgere molti interlocutori per cercare di ottenere dei risultati. Da parte sua anche il gruppo di ricerca di Carraro, in collaborazione con Piero Pavan del dipartimento di ingegneria industriale dell’università di Padova, sta dando il proprio contributo, lavorando allo sviluppo di “smart technologies” per la misura delle prestazioni motorie. Nello specifico gli studiosi stanno testando nuovi strumenti, più economici e pratici di quelli attualmente in uso, per l’allenamento dell’equilibrio negli anziani. Oggi per la misura e l’analisi delle oscillazioni corporee e il monitoraggio delle specifiche terapie riabilitative vengono utilizzate le pedane stabilometriche, attrezzi costosi, difficili da spostare, che richiedono uno specifico training per chi ne fa uso. Il gruppo di ricerca ha dimostrato invece che anche utilizzando semplicemente una pedana della Wii, il gioco elettronico della Nintendo per l’esercizio fisico in grado di misurare pressione e posizione corporea, si possono raggiungere risultati affidabili.

Il passo successivo ora è di consentire l’accesso da remoto al software di gestione del programma collegato alla pedana Wii, così da permettere alle persone anziane di utilizzare lo strumento comodamente da casa.

Monica Panetto

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