SCIENZA E RICERCA

Il summit di Helsinki e il futuro del controllo delle armi nucleari

Tutti gli incontri al vertice dei leader americani e russi, da quello fra Kennedy e Krusciov a Ginevra a quello fra Obama e Medvedeva Londra, hanno sempre avuto importanti ricadute sui rapporti bilaterali relativi alle armi nucleari. Mentre ancora non si placa negli USA la tempesta suscitata dall’intervento (definito “bizzarro” dal più benevolo dei commentatori) del presidente Donald Trump nella conferenza stampa dopo l’incontro con il presidente russo Vladimir Putin lo scorso 16 luglio, val la pena rileggere la trascrizione delle dichiarazioni, per cercare di capire se anche il presente summit può far sperare in qualche progresso sul controllo degli armamenti nucleari. 

Putin ha riferito che nel “negoziato” i due leader hanno riconosciuto di “avere una speciale responsabilità per mantenere la sicurezza mondiale” e che sia “cruciale 

mettere a punto il dialogo sulla stabilità strategica e sicurezza globali”. Ha quindi precisato di aver avanzato “un numero di suggerimenti specifici sull’agenda per il disarmo, inclusa l’estensione del trattato per la limitazione delle armi strategiche offensive [New START]… I problemi di implementazione del trattato INF, il sistema antimissile balistico globale americano e la collocazione di armi nello spazio”. 

Nel suo intervento Trump non ha fatto alcun riferimento alle proposte russe e in generale a una possibile ripresa di negoziati bilaterali sulle armi nucleari; anche nella prospettiva di un prossimo incontro propone un’agenda (tweet del 19 luglio) che non include tale tema. Tuttavia non ha smentito Putin, né nella conferenza stampa, né nelle successive smentite delle proprie affermazioni, per cui possiamo ritenere che ci sia da parte americana disponibilità a negoziati sulla proposta russa relativa ai due trattati, per altro riconfermata in successive interviste e dichiarazioni dello stesso Putin, anche se non (ancora) resa pubblica. 

 

Il trattato INF e i suoi “problemi di implementazione”

Il Trattato sulle forze nucleari di gittata intermedia (Intermediate-Range Nuclear Forces– INF), firmato da Gorbaciov e Reagan l’8 dicembre 1987 ed entrato in vigore il 1° giugno 1988, impose a Stati Uniti e Unione Sovietica di eliminare entro 3 anni tutti i missili balistici e cruise con base a terra con raggio d’azione fra 500 e 5.500 km, sia nucleari che convenzionali, assieme alle loro strutture di lancio. L’INF è di durata illimitata per cui è definitivamente proibito acquisire tali armi alle attuali parti: USA, Russia, Bielorussia, Kazakhstan, Turkmenistan, Ucraina e Uzbekistan. 

Il trattato pose fine alla “crisi degli euromissili”, originata all’inizio del 1977 con lo schieramento dei missili sovietici mobili di nuova generazione RDS-10 (SS-20). I governi occidentali percepirono tale operazione una grave minaccia alla sicurezza europea e decisero in risposta l’installazione di nuovi missili nucleari ad alta penetrazione:108 Pershing II e 464 cruise. Sterili negoziati si protrassero con proposte e controproposte fino alla salita al potere in URSS di Gorbaciov, il quale (15 gennaio 1986) lanciò la sua proposta di disarmo nucleare in tre stadi, includente il bando di tutti i missili a gittata intermedia. 

Il trattato consiste di un preambolo, 17 articoli, un Memorandum of understanding, per la creazione della base di dati, un Protocollo sulle procedure di eliminazione dei missili e un Protocollo sulle ispezioni, cui vennero aggiunte 3 note diplomatiche e una minuta concordata. Le due parti, anche ricorrendo alla Commissione speciale di verifica, completarono la distruzione dei vettori e delle basi entro il 1° giugno 1991, eliminando 2.692 missili modernissimi, liberando così definitivamente l’Europa da ogni forza missilistica terrestre e disarmando le due superpotenze di tali classi di missili. 

Senza precedenti furono le forme intrusive di verifica previste dal regime di controllo dell’INF, comprendenti misure per rafforzare i mezzi nazionali di verifica (inclusa l’osservazione satellitare), ispezioni in situcon breve preavviso, verifiche delle basi di dati, ispezioni delle strutture chiuse, monitoraggio continuo delle operazioni agli ingressi e sul perimetro delle fabbriche dei missili; queste misurestabilirono le basi per le procedure di verifica dei successivi trattati, dallo START I (31 luglio 1991) fino a oggi. Attualmente il trattato è monitorato tramite satelliti e continuano le riunioni della Special Verification Commission(SVC) del rispetto del trattato.

 Dal 2014 gli USA accusano la Russia di sviluppare un missile cruise con base a terra, denominato 9M729 (SSC-8), con una gittata fra 300 e 3.400 miglia, in piena violazione dell’INF; la Russia ha respinto le accuse e ritiene gli USA in violazione del trattato con l’installazione in Europa di sistemi anti-missile che possono essere impiegati anche per il lancio di cruise; le questioni sono state discusse nelle 30° e 31° riunioni della SVC (2016 e 2017) senza soluzione. A complicare il problema, come forma di pressione sulla Russia, gli USA nel 2018, a loro volta, hanno finanziato lo sviluppo di un missile cruise con armamento convenzionale di gittata intermedia e base a terra, incompatibile con l’INF.

L’INF è un caposaldo della struttura del controllo degli armamenti nucleari, fondamentale per la sicurezza europea, e l’affermazione di Putin che dei suoi problemi di implementazione” si è discusso nel summit fa sperare che esso faccia parte del prossimo “dialogo” fra i due paesi. 

Il Trattato New START

Il Treaty between the United States of America and the Russian Federation on measures for further reduction and limitation of strategic offensive arms–New START firmato l’8 aprile 2010 a Praga da Barack Obama e Dmitry Medvedev è in vigore dal 5 febbraio 2011. Il trattato ha una durata di 10 anni e prevede una possibile estensione fino a 5 anni, a meno di non venir prima superato da nuovi accordi formali. Oltre al testo principale dell’accordo, il trattato comprende un protocollo per le articolazioni operative e tre annessi tecnici. 

Entro 7 anni dalla sua entrata in vigore i due paesi si impegnano a ridurre i propri armamenti nucleari strategici sotto il tetto di 1.550 testate effettivamente schierate su missili intercontinentali con base a terra (ICBM) o su sommergibili (SLBM), ovvero contate come una per ogni bombardiere equipaggiato per missioni nucleari. Per i missili sono ammesse testate multiple, e il numero delle testate effettivamente montate viene monitorato sul posto al momento dell’installazione. 

Per quanto riguarda i vettori, l’accordo limita a 800 per parte il numero totale fra ICBM, SLBM e aerei strategici, con l’ulteriore condizione che non più di 700 siano operativi, e gli altri 100 a disposizione per addestramento, prove o in revisione. All’interno dei limiti globali, i paesi sono liberi di scegliere la distribuzione di testate e di vettori a seconda della propria strategia militare. 

Il trattato prevede una varietà di forme di controllo. È stata creata e mantenuta aggiornata una banca dati dettagliata sulle caratteristiche delle varie armi e sull’ubicazione delle basi militari. A una commissione consultiva bilaterale sono affidati i compiti di chiarire possibili ambiguità, dirimere questioni e verificare il rispetto degli obblighi delle due parti. La commissione si riunisce regolarmente a verificare il progresso del trattato e per lo scambio di informazioni: le parti si sono scambiate oltre 15 mila notifiche e sono state effettuate 15 ispezioni in loco, creando grande trasparenza reciproca sulle forze nucleari strategiche della controparte, cruciali condizioni di sicurezza.

Il 5 febbraio 2018 i due paesi hanno confermato che entrambi hanno raggiunto i limiti imposti, con 1.350 testate strategiche americane su 652 vettori e 1.444 russe per 527 vettori. 

Il trattato stesso indica temi critici rimasti scoperti che richiedono urgentemente ulteriori attenzioni, in particolare l’interrelazione esistente fra armi offensive e sistemi di difesa antimissile e le problematiche poste da armi strategiche convenzionali. Obama tentò a più riprese di ampliare la portata del trattato, trovando l’indisponibilità da parte russa, mentre Trump, nel suo primo colloquio telefonico con Putin, ha dichiarato il trattato un “pessimo accordo negoziato dall’amministrazione Obama”. 

Il New START non ha portato a significative riduzioni delle forze nucleari di Russia e Stati Uniti, inteso com’era di primo passo verso il disarmo, ma si è rivelato cruciale nella seguente fase di deterioramento delle relazioni fra i due paesi, impedendo il rischio di una corsa quantitativa agli armamenti e garantendo un controllo reciproco sulle forze nucleari strategiche. 

Negoziare il suo rinnovo senza attendere la prossimità della sua scadenza garantisce la stabilità strategica, prerequisito per ogni progresso sulla via della ripresa di trattative sul controllo degli armamenti, ed essendo probabilmente il più semplice dei complessi temi che dividono le due superpotenze, potrebbe costituire una testa di ponte per il miglioramento dei loro rapporti sulle questioni più difficili e spinose.

Qualche barlume

Un motivo di speranza per una ripresa di negoziati bilaterali per il controllo degli armamenti nucleari viene anche dalla presentazione di Trump, che ha completamente rovesciato l’atteggiamento nei riguardi della Russia e delle condizioni per la ripresa di trattative rispetto a quello espresso nella recente (febbraio 2018) Nuclear Posture Review.

Allora si dichiarava la Russia “impegnata in comportamenti sempre più aggressivi” intenzionata a “modificare in modo sostanziale l’ordine internazionale”, e si negava la possibilità di trattati con “stati con armi nucleari che cercano di cambiare i confini e rovesciare le norme esistenti, e con continue e significative non conformità con gli esistenti obblighi e impegni di controllo degli armamenti”. Ora Putin è considerato un “competitore, un buon competitore” e che “un dialogo costruttivo fra gli Stati Uniti e Russia offre la possibilità di aprire nuove vie verso la pace e la stabilità mondiali”.

La questione riguarda tutto il mondo. Un impegno congiunto di Russia e USA è infatti l’elemento cruciale per ogni concreto passo nella prospettiva della riduzione della minaccia nucleare che ci sovrasta: i loro arsenali comprendono il 90% di tutte le armi nucleari esistenti e sono entrambi in una fase di sviluppo qualitativo; gli altri paesi con tali armi considerano una decisiva riduzione degli arsenali di Russia e USA prerequisito per il loro coinvolgimento nel processo di disarmo; alcuni stati stanno riconsiderando la loro rinuncia all’armamento nucleare alla luce della politica nucleare delle superpotenze e, infine, non esistono scorciatoie al disarmo nucleare senza il diretto coinvolgimento delle potenze nucleari.

alessandro pascolini

ALESSANDRO PASCOLINI

Alessandro Pascolini è uno studioso senior dell’Università di Padova, già docente di fisica teorica e di scienze per la pace, ed è vice-direttore del Master in comunicazione delle scienze. Si occupa di fisica nucleare, controllo degli armamenti e divulgazione scientifica. Dal 1988 al 2002 è stato responsabile delle attività di promozione della cultura scientifica dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, producendo una sessantina di mostre in Italia e all’estero e predisponendo testi e materiali audiovisivi, cinematografici e multimediali. La Società Europea di Fisica gli ha conferito il premio 2004 per la divulgazione scientifica. È vicepresidente dell’ISODARCO e partecipa alle Pugwash Conferences on Science and World Affairs.

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