SOCIETÀ

La mala burocrazia costa alle Pmi italiane fino a 31 miliardi di euro all’anno

"L’insieme di apparati e di persone al quale è affidata, a diversi livelli, l’amministrazione di uno Stato o anche di enti non statali". È questa la definizione di burocrazia che troviamo sulla Treccani. Quando pensiamo a questo termine però la mente scorre immediatamente ad immaginarsi qualcosa di lento, impegnativo e che ci vuole mettere i bastoni tra le ruote. È veramente così?

Partiamo da un dato: secondo la CGIA di Mestre la mala burocrazia costa alle Pmi italiane fino a 31 miliardi di euro all’anno. Il dato è riferito al 2017 ed è comparato anche con quello degli altri stati dell’Eurozona. Anche in questo caso il responso non è per nulla piacevole: solo la Grecia è messa peggio di noi.

Ai primi posti per efficienza troviamo la Finlandia, i Paesi Bassi ed il Lussemburgo, mentre i fanalini di coda sono Grecia, Italia e Slovacchia. Incrociando i dati con quelli risultanti dal World happines report, vediamo come un buon indice di funzionamento della burocrazia si intersechi anche con la felicità dei Paesi. Uno dei parametri presi in considerazione per quest’ultimo report infatti, è la percezione della popolazione della corruzione presente nel proprio territorio.


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Un’ulteriore conferma che per avere un sistema paese che funzioni bene sia imprescindibile avere anche una macchina statale performante viene anche dall’Ocse. Come riporta la CGIA infatti, “secondo questa organizzazione internazionale la produttività media del lavoro delle imprese italiane è più elevata nelle zone con una più efficiente amministrazione pubblica”.

L’indice da cui è stata tratta questa classifica quindi è l’European Quality of Government Index (EQI). Sviluppato dal Quality of Government Institute dell’università di Gothenburg che misura la qualità istituzionale disponibile a livello regionale nell'Unione europea. La qualità istituzionale è intesa come un concetto multidimensionale che racchiude la funzionalità dei servizi pubblici, unito al livello di corruzione.  In pratica, quindi, l’indice è un mix di alcuni quesiti posti ai cittadini in tema di servizi pubblici (istruzione, sanità e pubblica sicurezza), l’imparzialità con cui questi vengono assegnati e il livello di corruzione.

L’indice nelle regioni italiane

Dal punto di vista della burocrazia poi, vediamo come l’Italia sia letteralmente spaccata in due. Da una parte le regioni del Nord che hanno un indice EQI che si aggira intorno ai 40 punti, dall’altra il Sud Italia, con la Calabria a fare da maglia nera, assestandosi al 190esimo posto a livello europeo, su 192 regioni.


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“Come per il confronto a livello nazionale - cita la CGIA di Mestre -, il risultato finale è un indicatore che varia tra 100, ottenuto dalla regione finlandese Åland (1° posto), e zero che ha “consegnato” la maglia nera alla regione bulgara dello Severozapaden". La prima regione italiana è il Trentino Alto Adige, la più virtuosa del nostro Paese ma al 118° posto a livello europeo. Seguono, a pari merito, altre due regioni del Nordest: l’Emilia Romagna e il Veneto (indice pari a 39,4) che si collocano rispettivamente al 127° e al 128° posto della classifica generale. Subito sotto troviamo la Lombardia (38,9) che è al 131° posto e il Friuli Venezia Giulia (38,7) che si attesta al 133° gradino della classifica stilata dalla Commissione Europea”.

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