SOCIETÀ

World happiness report: l’infelicità porta al populismo

Esiste un modo per capire quali sono i Paesi con le persone più “felici”? È il quesito a cui ha provato a rispondere il World Happines Report. Giunto alla sua settima edizione il documento cerca di dimostrare che la qualità della vita delle persone può essere coerente, affidabile e validamente valutata da una varietà di misure soggettive di benessere. Insomma, come avevamo già analizzato, non basta il Pil per dire se una nazione è felice o no.

Il World Happines Report  nel 2019 si è concentrato sulla felicità e sulla comunità: cioè nel capire come la felicità è cambiata negli ultimi dodici anni e come le tecnologie dell'informazione, la governance e le norme sociali influenzano le comunità.


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La generosità è una delle sei variabili chiave utilizzate in questo Rapporto per spiegare le differenze nelle valutazioni medie della vita. È chiaramente un indicatore del senso di coinvolgimento positivo della comunità e di un modo centrale in cui gli esseri umani si connettono tra loro. In tutto quindi, per capire qual è lo Stato più felice al mondo, sono stati presi in considerazione sei diversi parametri: prodotto interno lordo pro capite, aspettativa di vita in salute, libertà nel fare scelte di vita, supporto sociale, generosità, percezione della corruzione.

I risultati

Al primo posto, con un costante aumento dal 2014, troviamo la Finlandia. Come possiamo vedere dall’esplicativa mappa che vedete di seguito, sono i paesi del Nord Europa ad essere considerati i più “felici”. Il podio è composto da Finlandia, Danimarca e Norvegia, seguiti dall’Islanda (che però ha ancora i dati non aggiornati al 2018). L’Olanda poi ha superato la Svizzera al 5° posto, mentre nei successivi tre posti troviamo gli stessi Stati dell’anno precedente (Svezia, Nuova Zelanda e Canada).

L’Italia infine si piazza al 36° posto. Rispetto al 2018 l’incremento è stato degno di nota (nel report precedente era in 47° posizione) ma rimane ancora molto il gap con i Paesi del Nord Europa. Questo è da attribuirsi all’individualismo italiano che, soprattutto nell’ultimo anno, si è manifestato ed è stato analizzato a fondo nel rapporto Censis.

Secondo questo report infatti l’Italia sarebbe affetta da “sovranismo psichico”, con dei profili che possono sfociare nella paranoica caccia al capro espiatorio, quando la cattiveria dopo e oltre il rancore diventa leva cinica di un presunto riscatto e questa cattiveria si manifesta in una conflittualità raccontata da centinaia di fatti di cronaca. A questo bisogna aggiungere anche che uno dei parametri presi in considerazione dal World Happiness Report è la percezione della corruzione. In Italia, come abbiamo già avuto modo di vedere in un altro report, una persona su quattro crede che la corruzione sia naturale ed inevitabile.


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I maggiori cambiamenti nel mondo

Parlando dei cambiamenti più importanti sono quattro i dati che balzano di più all’occhio. Il primo è senza dubbio quello del Venezuela che ha subito un drastico abbassamento della “felicità”. La precaria situazione del Paese Sud Americano è nota a tutti e le condizioni socio politiche hanno portato a questo triste risultato.

Agli ultimi posti poi, troviamo Paesi colpiti da guerre che durano da anni come Siria e Yemen mentre tra gli Stati in cui è maggiormente peggiorata la situazione di felicità troviamo anche l’Ucraina.

Come abbiamo capito quindi, non basta solamente il PIL per capire la “felicità” di un popolo. Quella che potremmo chiamare scienza della felicità si basa quindi su diversi parametri.

 

Sicuramente persistono legami molto stretti tra la “nostra felicità e quella del governo” ma anche i comportamenti pro-sociali influenzano in modo non marginale il livello di felicità. Riassumendo quindi potremmo dire che aiutare gli altri ci rende un po’ più felici.

A questo è inevitabile dover aggiungere alla discussione anche la situazione economica del Paese. L'influenza di questo parametro ormai è consolidata, anche alla luce di ciò che si è notato dopo la crisi economica del 2008.

Analizzando infine i dati a livello internazionale infine, possiamo notare come siano proprio i Paesi che sono in grado di ridurre i conflitti e raggiungere la pace ad essere considerati luoghi in cui si vive più felicemente.

Cosa comporta la felicità?

La letteratura su questo tema è molto ampia. Da un lato si nota come il raggiungimento di un alto livello di felicità comporti anche un disimpegno politico. Questo fattore si potrebbe tradurre nel rischio di uno “svuotamento della democrazia”. C’è però un altro parametro che di fatto rende questa visione meno pessimistica. Le persone più felici infatti, sarebbero più propense ad avere comportamenti pro-sociali, cioè, tradotto in termini concreti, a fare volontariato o fare donazioni economiche.

Non basta il Pil per dire se una nazione è felice o no

Gli infelici sono anche populisti

Il report infine si spinge anche a cercare di capire come la felicità delle persone possa influenzare la politica. Sembra infatti che le persone più felici non solo siano più propense al voto, ma che esprimano la loro preferenza verso quei partiti che già hanno consolidato un’esperienza alla guida del Paese. Al contrario, gli infelici propenderebbero per quei partiti che possiamo definire “populisti”, come la Lega e il Movimento 5 Stelle in Italia, Front National in Francia o AfD in Germania.

Questo naturalmente può avere serie implicazioni in politica, ma lascia anche numerose domande non ancora risposte: ci sono incentivi politici per focalizzare la politica sulla felicità, fino a che punto i politici rispondono a loro? Le persone votano di più sulla base della propria felicità o della felicità della società nel suo complesso? La relazione tra benessere e votazione cambia se parliamo di elezioni locali e nazionali? Le persone ricompensano o puniscono i governi di sinistra e di destra in modo diverso in caso di felicità o non felicità del Paese? Gli elettori di destra e di sinistra sono altrettanto propensi a basare le loro decisioni politiche sul loro livello di felicità? In che misura e in che modo i movimenti politici populisti di successo sono riusciti a sfruttare l'infelicità della gente?

Domande teoriche ed empiriche che per ora non hanno risposte, ma su cui sicuramente la “scienza della felicità” ci lavorerà in futuro.

 

 

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