SOCIETÀ
Cina, respirare la "zuppa di piselli"
Daqing, provincia dello Heilongjiang, ottobre 2013. L'allarme smog, arrivato a un indice di PM di 2.5 ha portato alla chiusura di strade e scuole. Foto: Reuters/Stringer
La Cina ha raggiunto il livello di inquinamento più alto degli ultimi 50 anni, un’aria talmente irrespirabile che i cinesi la definiscono “zuppa di piselli”. Così, per correre ai ripari e ottenere una sensibile riduzione dell’inquinamento atmosferico il governo cinese entro il 2017 investirà 270 miliardi di euro. Di questi, il 37% saranno destinati all’industria della “pulizia dell’aria”, il 28% alle energie rinnovabili e 25% serviranno per il miglioramento della qualità dei motori dei veicoli, con la creazione stimata di due milioni di posti di lavoro e di un incremento del Pil di quasi 250 miliardi di euro. Questi i dati forniti da Wang Jinnan, vicepresidente dell’Accademia cinese per la pianificazione ambientale, durante un vertice economico tenutosi a Pechino.
Nel piano nazionale d’intervento 2011-2015, riporta il Corriere della sera, 130 milioni di euro sono stati stanziati per il progetto “pioggia artificiale”: l'impiego di tecnologie di induzione delle precipitazioni per irrigare i campi di grano, combattere la siccità e scongiurare a grandine sulle regioni agricole della Cina. È previsto che entro il 2015 gli scienziati del meteo di Pechino saranno in grado di aumentare del 10% le precipitazioni, manipolando il clima con l’inseminazione delle nubi attraverso le armi dell'aviazione e dell’artiglieria. Il Centro di cambiamento del tempo dell'Amministrazione meteorologica di Pechino prevede di estendere le sperimentazioni dell’ultimo decennio – iniziate prima dei giochi olimpici del 2008 al fine di liberare l’aria dall’inquinamento – su tutto il territorio, immettendo nelle nubi sostanze chimiche come ioduro d'argento e biossido di carbonio congelato (ghiaccio secco) che formano nuclei di condensazione capaci di aggregare l’acqua presente come vapore nell’atmosfera in goccioline sufficientemente pesanti da trasformarsi in pioggia. Una sorta di “bombardamento delle nuvole” nei cieli sopra la Cina, una tecnica nota appunto con il termine inglese di cloud seeding, ovvero inseminazione delle nuvole. Secondo il governo cinese il progetto centrale – approvato anche dal ministero delle finanze – terrà sotto controllo l’inquinamento e farà uscire dalla povertà 13 milioni di persone, grazie all’espansione dei terreni agricoli e delle foreste.
Misure estremamente onerose, e a loro volta passibili di effetti collaterali non graditi (lo ioduro d'argento è un inquinante del suolo), ma le autorità reputano che i vantaggi attesi superino di gran lunga i possibili problemi, in una situazione di vera emergenza. Poco tempo fa Ilaria Maria Sala su La Stampa denunciava come in alcune zone della Cina il tasso di inquinamento sia talmente invasivo da essere penetrato nel terreno. La conseguenza è la produzione di cibo non idoneo alla consumazione: latte contaminato da melammina, uova contaminate, zenzero cresciuto con pesticidi tossici, antibiotici e medicinali nelle acque. A dicembre a Shanghai il limite di sicurezza per le polveri sottili, è stato superato di venti volte, tanto da far bloccare i voli e chiudere le scuole per alcuni giorni. Di recente ad allarmare i consumatori cinesi è stato il riso al cadmio che entra nelle piante attraverso pesticidi o scarichi industriali che contaminano i corsi d’acqua. Ma in Cina i dati sull’inquinamento del suolo sono segreto di Stato e le poche informazioni disponibili sono frammentarie. “La questione è così complessa – scrive Sala – da sembrare inaffrontabile: non esiste un ministero responsabile dello stato di salute dei terreni, e il governo ha rimandato al 2020 la creazione di un ente che si occupi della decontaminazione dei terreni. Ogni anno circa 12 milioni di tonnellate di grano sono contaminate dai metalli pesanti presenti nel terreno, nelle falde acquifere o nei pesticidi utilizzati, con una perdita economica diretta di 2,5 miliardi di euro. In certe regioni nelle zone più industrializzate della Cina, più della metà della terra è già inservibile per l’agricoltura”. A causa della corruzione e della mancanza di etica dei fabbricanti i cittadini cinesi diffidano a tal punto dell'industria alimentare che chi può acquista all’estero il latte in polvere per i neonati. Un fenomeno tanto plateale da avere attirato l'attenzione delle autorità: dal 1. marzo 2013, Hong Kong ha vietato ai turisti di acquistare più di 1,8 chilogrammi di latte per neonati. Chi trasgredisce rischia una multa di 50.000 euro e fino a due anni di prigione.
Per denunciare questa crisi di sfiducia l’artista dissidente Ai Weiwei ha creato un’installazione intitolata Baby Formula 2013. Un’enorme mappa della Cina, costruita con 1.851 lattine di sette differenti marche di latte in polvere, che copre uno spazio di ottanta metri quadri a terra, componendo una sorta di simbolo-chiave degli scandali alimentari. L’opera è stata esibita a Hong Kong nello spazio indipendente ParaSite, e sembra destinata a causargli nuovi problemi. Per la sua opposizione al regime, la polizia chiuse nel 2009 il suo blog e nel 2011 l’artista fu arrestato e recluso per 81 giorni. La notizia venne ripresa da tutti gli organi d’informazione, e all’epoca ebbe il sostegno dei principali musei del mondo (tra i quali la Galleria Tate Modern di Londra, che ha ospitato l'installazione Semi di girasole), che aprirono petizioni con l’adesione di migliaia di persone (in Italia furono oltre 5.000 le firme raccolte tramite l’associazione Pulitzer). Un’esperienza che Ai Weiwei ha rievocato con l'installazione esposta nei mesi scorsi alla Biennale di Venezia, con ulteriori malumori da parte delle autorità del suo paese.
Antonella De Robbio