SCIENZA E RICERCA
Clima, i "forse" e i "ma" non creano nuove teorie
Foto: Reuters/Peter Andrews/Files
Il seminario tenuto recentemente dal Nicola Scafetta all’università di Padova, di cui è stato riferito su Il Bo del 30 luglio, rientra tra le notizie che non meriterebbero di essere commentate, se non fosse che le affermazioni contenute nell’articolo, su un tema di grande importanza come quello dei cambiamenti climatici, potrebbero indurre a confondere le idee del pubblico e dei decisori politici; e se non fosse che da questa confusione potrebbero sorgere giustificazioni a non prendere le decisioni dovute dalla gravità della situazione climatica del pianeta.
Nicola Scafetta è un noto negazionista del cambiamento climatico, per la verità uno dei pochissimi rimasti, dato che la comunità mondiale degli scienziati del clima si è da tempo espressa sull’importanza del problema del cambiamento climatico e sulle responsabilità umane. Recentemente, la sintesi del Quinto Rapporto sul clima dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha affermato che “è estremamente probabile” che l'influenza umana sia stata la causa dominante del riscaldamento osservato sin dalla metà del XX secolo. La mole di dati che mese dopo mese si accresce incessantemente non fa che ridurre nel tempo la ormai piccolissima incertezza residua sulle cause predominanti del global change.
Anche se, come Scafetta sostiene, il contributo antropogenico andrebbe ridotto del 50%, già questo sarebbe un motivo sufficiente per correre ai ripari; tuttavia Scafetta usa questo presunto dimezzamento per concludere che non sta succedendo alcunché di strano.
I cambiamenti climatici sono un fattore determinante che hanno plasmato la Terra rendendola un pianeta abitabile, e senza di essi la vita non si sarebbe potuta sviluppare. Numerosi sono i regolatori naturali del clima, che si sviluppano in diverse scale temporali: la luminosità solare, la mutevole distribuzione di continenti e oceani (tettonica delle placche), le cause astronomiche (es. Cicli di Milankovic) che influenzano la variazione stagionale e latitudinale dell’insolazione, l’attività vulcanica, le tempeste solari, gli impatti meteoritici. Ma è l’attività di una specie animale ipertrofica, l’uomo, che è stata in grado di modificare rapidamente negli ultimi decenni il clima del pianeta con l’immissione di gas serra derivanti dalla combustione dei prodotti fossili (carbone, petrolio e gas naturale) e dalle attività agricole.
All’inizio del suo intervento Scafetta propone 2 cause (modeste secondo lui) del cambio climatico che stiamo osservando: la causa antropica e la causa naturale, con quest’ultima suddivisa in attività dei vulcani e attività astronomica. Sin qui possiamo tutti essere d’accordo, ciò che non quadra è l’importanza relativa di queste cause. Scafetta non dice, e dimostra di non sapere, dato che questo gli è stato chiesto alla fine della conferenza senza ottenere risposta, che l’immissione annuale in atmosfera di biossido di carbonio (CO2) tramite combustione di fonti fossili è 135 volte superiore (circa 35 miliardi di ton) rispetto la quantità di CO2 rilasciata nello stesso tempo da tutti i vulcani (emersi e sommersi) della Terra (circa 0,26 miliardi di ton). In appena due secoli l’umanità ha estratto dal sottosuolo e bruciato circa la metà del carbonio accumulato nel tempo geologico, nel corso di centinaia di milioni di anni, e per noi disponibile. La conseguenza è che il contenuto di CO2 dell’atmosfera è salito da 280 ppm (in era pre-industriale) a 400, e continua incessantemente a salire con un tasso di circa 2 ppm per anno. Per capire cosa significhi questa repentina modificazione chimica della composizione dell’atmosfera, bisogna sapere che nel corso degli ultimi 800.000 anni (Homo sapiens è comparso circa 200.000 anni fa) il valore massimo nei periodi interglaciali più caldi non ha mai superato le 300 ppm.
Sappiamo che la sensitività climatica, cioè l’aumento di temperatura dovuto ad un raddoppio di CO2 in atmosfera, è di circa 3°C, nonostante le opinioni di Scafetta, che anche qui tende a sminuire. 3°C è anche l’aumento di temperatura che ci si attende entro fine secolo, in uno scenario che non è il peggiore tra quelli considerati dall’IPCC. Per capire cosa significherebbe un tale aumento medio di temperatura, si pensi all’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi, alle ondate di calore come quella dell’estate 2003 che ha causato in Europa oltre 35.000 decessi prematuri, agli incendi come quelli che hanno messo in crisi la Russia nel 2010, alla diminuzione dei raccolti di cereali; oppure alla futura necessità di abbandono delle zone costiere (dove oggi vivono quasi un miliardo di persone) per la risalita del livello marino, all’acidificazione degli oceani con conseguente collasso della catena alimentare marina, alla migrazione di centinaia di milioni di rifugiati ambientali, e così via, con ulteriori conseguenze sull’economia e il benessere delle persone.
In sostanza, stiamo conducendo un esperimento molto pericoloso, con modifiche per il clima del pianeta che non hanno paragoni col passato. La paleoclimatologia ci rivela che le variazioni di temperature dovute a cause naturali sono avvenute con velocità molto più piccole di quelle che stiamo sperimentando nell’ultimo secolo; e, in ogni caso, nel passato non c’erano 7 miliardi di persone, con le loro relative infrastrutture e i loro bisogni alimentari, vulnerabili agli eventi climatici.
Molti altri sono gli errori di Scafetta, ad esempio l’affermazione che negli ultimi 15 anni il riscaldamento globale si sia arrestato (è solo aumentata meno rapidamente che nel passato), che lo strato superficiale degli oceani non si sia riscaldato (è vero il contrario), che la fusione dei ghiacci groenlandesi potrebbe essere dovuta ad attività vulcanica (e dove sarebbero questi vulcani?) o che lo scienziato Michael Mann abbia giudicato sbagliato uno dei suoi lavori (una falsità bella e buona).
Una cosa che ha sorpreso nel sentire a posteriori questa relazione, è il generalizzato uso del condizionale, dei “forse”, dei “potrebbe” nell’esporre personali teorie su cicli ed armoniche del sistema planetario. Come se fossero tutte opinioni, racconti romanzeschi e non fatti scientifici che possono e devono essere verificati o rigettati. A tratti si è persino avuta l’impressione che neanche Scafetta creda veramente alle tesi che sostiene.
In conclusione, le tesi strampalate e prive di fondamento scientifico di Nicola Scafetta fanno pari con quelle di chi sostiene che fumare non fa male, che si possono guarire malattie neurodegenerative con il metodo Stamina, o che gli esseri umani non sono mai andati sulla Luna.
Dario Zampieri
Stefano Caserini