CULTURA

L'importanza di chiamarsi gabinetto

Sul calendario dei laici, gli innumerevoli santi quotidiani sono ormai tutti sostituiti, più che dalle ricorrenze civili, dalle diverse  giornate della prevenzione e da quelle mondiali dedicate a qualche questione importante.

L’ultima in ordine d’arrivo è la giornata mondiale del gabinetto indetta dall’Onu per il prossimo 19 novembre approvata su proposta di Singapore ed è un riconoscimento ufficiale della campagna iniziata nel 2001 da world toilet day

Il delegato di Singapore si è dichiarato ben felice di ricevere battute scherzose sull’iniziativa, purché si ammetta che “un  tabù ha finora vietato un’aperta e seria discussione sui problemi sanitari e sul gabinetto nel mondo”.

In effetti il problema è molto serio e basta confrontare alcune cifre per capirne la portata quantitativa. Sei miliardi di persone utilizzano un telefono cellulare, ma 2,5 miliardi ancora non dispongono di servizi igienici adeguati. Tra i problemi più gravi rimane quello dell'infezione da colera che nel 2011, secondo l'Oms, ha colpito quasi 590.000 persone con il 60% dei casi registrati nei Caraibi, in particolare nella zona di Haiti. Secondo le stime dell'Organizzazione mondiale della sanità ci sono 783 milioni di persone che non hanno accesso all'acqua potabile. 

Si capisce allora come mai, a certe latitudini la banale diarrea mieta più vittime dell’Aids soprattutto in età pediatrica. Situazioni che periodicamente vengono denunciate dai volontari di Medici Senza Frontiere, dal Cuamm, dall’Unicef e dalle tante altre associazioni di cooperazione, ma che tendono a cadere nel dimenticatoio. Eppure non sono passati molti anni da quando per i nostri nonni in campagna il  “cesso” era una baracca di legno un po’ lontana da casa con un buco a perdere nel terreno. Chi è nato con l’acqua calda in casa e con la carta igienica a doppio strato vellutato e mille piani di convenienza non lo saprà di sicuro. Tuttavia non dovrebbe andar persa la memoria storica. 

E ricordare, per esempio, le battaglie del povero dottor Ignac Semmelweis che nel 1847 aveva efficacemente combattuto la morte delle neo mamme per la febbre puerperale imponendo ai medici, prima delle visite, il lavaggio delle mani in una soluzione di ipoclorito di calcio. Il metodo ebbe successo con un abbattimento considerevole delle morti, ma il suo autore venne ostacolato ed emarginato e finì per morire in un manicomio.

Eppure è a lui che siamo debitori per questa buona abitudine fatta praticare da ogni madre ai propri figli quantomeno prima di mangiare e considerata oggi comunemente come una buona pratica igienico sanitaria. Tuttavia non dovrebbe stupire che l’Oms  abbia sentito la necessità di tornare ancora sull’argomento del lavaggio delle mani con una corposa linea guida prodotta nel 2009, ma messa in gestazione fin dal 2004 e ormai prossima ad una nuova revisione. Tanta insistenza evidentemente è motivata anche dalla resistenza che si incontra in chi dovrebbe mettere in pratica le raccomandazioni, per prevenire il diffondersi delle infezioni. Il ministero della Salute (dati 2007) stima infatti che le infezioni ospedaliere colpiscano dal 4,5 al 7% dei pazienti ricoverati, ma il 30% di queste infezioni sarebbero prevenibili.

Le persone che usano i guanti di plastica al supermercato per scegliere la frutta pensando di evitare contaminazioni dovrebbero a tale scopo preoccuparsi invece molto di più quando sfogliano una rivista nelle sale d’attesa degli studi medici. È stato dimostrato che sono un buon veicolo di infezione, come del resto lo erano le saponette nei bagni pubblici, sostituite dai dispenser di sapone liquido e come lo è tuttora il passaggio di mano in mano del denaro. 

Tornando al nostro calendario laico, quando saremo seduti nei nostri comodi bagni non scordiamoci di fare un pensierino ai nostri simili che non ne possono usufruire e intanto segniamo un’altra data:  il 5 maggio giornata in cui l’Oms celebra: “the save lives: clean your hands” dedicata per l’appunto all’igiene delle mani.

In quei giorni sarà il caso di non sentirsi troppo superiori e di provvedere a fare un bel brindisi con il bene più  vitale che ci sia stato dato: l’acqua e prodighiamoci affinché  ce ne sia abbastanza anche per i figli dei nostri figli.

Luciano Rubini

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