UNIVERSITÀ E SCUOLA

Una laurea portoghese, a Zagarolo

Dopo l’idraulico polacco il nuovo spauracchio in Francia (e non solo) sembra essere il dentista portoghese. Se la figura del plombier polonais – usato come cattivo esempio delle conseguenze della legislazione europea sul mercato del lavoro – fu determinante per far eleggere Nicolas Sarkozy nel 2007, un dibattito altrettanto forte oggi si sviluppa Oltralpe sulla circolazione dei titoli di studio e delle professioni.

Il casus belli: a Tolone terminerà quest’estate il suo primo anno di corsi il Centre Universitaire Fernando Pessoa France (Cufpf). Ufficialmente il distaccamento dell’omonima università privata portoghese, con sede a Oporto: di fatto un pericoloso concorrente per le università francesi, con tanto di lezioni ed esami tenuti rigorosamente nella lingua di Molière. E, soprattutto, senza test di ingresso, cosa che rende particolarmente appetibili i corsi in odontoiatria e logopedia.

Al termine degli studi si conseguirà un titolo portoghese, che in un secondo momento però potrà essere riconosciuto in tutta l’Unione europea. L’apertura del centro ovviamente non ha suscitato solo curiosità ma anche proteste, sia da parte dei sindacati professionali e studenteschi che delle università statali, che insieme sono arrivate ad organizzare una manifestazione di piazza lo scorso 15 marzo. Sotto accusa le rette elevate (fino a 9.000 euro all’anno), la qualità dell’insegnamento tutta da dimostrare e soprattutto il tentativo, non troppo mascherato, di aggirare la normativa sull’accesso ai corsi universitari. Dalle accuse si difende però il direttore del centro Bruno Ravaz, professore di diritto e soprattutto ex presidente dell’Université du Sud - Toulon, da una parte rivendicando la qualità dell’insegnamento e della ricerca, dall’altra sottolineando che i corsi del nuovo ateneo non replicano quelli già esistenti della vicina università pubblica.

Vignetta pubblicata sulla pagina Facebook del Centre Universitaire Fernando Pessoa France

Intanto quest’anno i corsi sono partiti con 52 iscritti ad odontoiatria e 29 in logopedia; per il futuro però l’università portoghese vuol fare le cose in grande: è già in fase di realizzazione un campus urbano, mentre per gli iscritti – forti delle 1.500 candidature già proposte quest’anno – si salirà a 300 quest’anno e a 800 nel 2014, quando partiranno anche farmacia, giornalismo e comunicazione.

Da parte loro i rappresentanti dell’Antonio Pessoa dicono di avere il diritto europeo, soprattutto per quanto concerne la libera circolazione dei professionisti e il mutuo riconoscimento dei titoli accademici nell’Unione europea (regolati da decine di direttive, da ultimo dalla 2005/36, recepita in Italia dal Decreto legislativo 206 del 6 novembre 2007). Sta di fatto che il sito della Cufpf promette nella homepage “il riconoscimento automatico in tutta l’Unione dei diplomi in odontoiatria, farmacia, scienze umane e sociali”, circostanza invece negata con decisione dal ministro Geneviève Fioraso in una lettera indirizzata ai sindacati degli studenti lo scorso 1° marzo.

Chi ha ragione lo stabiliranno probabilmente i tribunali, intanto la Antonio Pessoa cerca di aprire una filiale anche in Italia: alla fine del 2011 è stato infatti firmato un protocollo d’intesa con il Comune di Zagarolo (Roma), che avrebbe dovuto portare all’apertura quest’anno di un polo di 350 studenti, di cui 250 – guarda caso – ancora una volta odontoiatri. Un’enormità, se si considera che ogni anno vengono banditi circa 900 posti in tutta la Penisola. A differenza di quanto però è successo Oltralpe, in Italia il centro non ha neppure aperto i battenti: il 16 febbraio 2012 infatti il ministro Profumo ha “revocato l’autorizzazione alla filiazione” sul territorio nazionale. Tutto finito allora? Niente affatto, visto che sulla questione si è instaurato un procedimento giudiziario che probabilmente arriverà fino alle corti europee. In gioco infatti ci sono da una parte la libertà di insegnamento e di stabilimento per i lavoratori e dei professionisti, dall’altra un sistema di selezione che in teoria dovrebbe garantire la preparazione e la competenza dei professionisti in ambiti particolarmente delicati, come ad esempio la salute.

Del resto, si obietta, come si fa a garantire una preparazione seria a 250 dentisti ogni anno, se nella vicina università La Sapienza – una delle più grandi in Europa – se ne immatricolano appena 60 all’anno (numero massimo in Italia per un singolo ateneo)? Dall’altra parte si controbatte che il mercato europeo dei titoli di studio e delle professioni è una realtà da tempo. Già oggi infatti si assiste in Italia a un numero crescente di “viaggi della speranza” da parte di aspiranti medici, infermieri e avvocati, respinti dalla rigidità del sistema. Solo all’università privata Vasile Goldis di Arad alla fine dell’anno scorso erano iscritti, secondo La Repubblica, più di 600 studenti italiani, a cui se ne aggiungevano altri 50 nella vicina università statale di Timişoara.

Certo, una volta ottenuto un titolo straniero il percorso per farlo riconoscere in Italia non è comunque sempre facile né automatico. Le difficoltà variano a seconda degli obiettivi, come spiega il sito del Cimea, se un titolo di studio italiano oppure l’abilitazione professione: in caso di laurea in medicina ad esempio per l’abilitazione professionale è necessaria l’approvazione del ministero della Salute. Si tratta comunque di un problema europeo: secondo un rapporto ministeriale riservato, citato da Le Monde lo scorso 11 marzo, nel 2011 erano circa 2.000 gli studenti francesi che seguivano corsi di ambito medico in Romania, a cui se ne aggiungevano almeno altrettanti in Belgio. Sempre nel 2011 erano inoltre in possesso di una laurea straniera, in particolare rumena (28%) o algerina (17%), più di un quarto di tutti i nuovi medici e dentisti.

Quello a cui si assiste forse non è che l’ultimo passo in questa direzione, con le università straniere che iniziano a venire a fare direttamente concorrenza in casa dell’avversario?

Daniele Mont D'Arpizio

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