SCIENZA E RICERCA

Decidere? Ci manca l'energia

Recenti studi hanno rivelato gli effetti che la scarsità ha sulla nostra capacità di prendere decisioni in modo efficace. Immaginiamo Veronica, una event manager, che deve prepare una presentazione per convincere un cliente ad affidargli un progetto. La scadenza si avvicina e Veronica sa che è un progetto importante per la sua carriera. Prova ansia e non può permettersi di commettere errori. Le sembra inevitabile sacrificare il tempo libero oppure quello dedicato alla famiglia per concentrarsi sul lavoro. Quando Veronica è costretta ad interrompere il lavoro (al saggio di danza di sua figlia non può proprio mancare!), la sua mente continua a tornare sulla presentazione. In situazioni simili, le persone si focalizzano sull’immediato e l’unico interesse è quello di superare la prossima scadenza. L’aspetto positivo è che così possiamo concentrarci a fondo su un compito ed eseguirlo nel modo migliore possibile. Tuttavia, c’è anche un risvolto negativo, quello che Sendil Mullainathan e Eldar Shafir definiscono effetto tunnel. Una volta superata la prima scadenza, quella successiva arriverà quasi a sorpresa perché il tempo da dedicare al nuovo compito era stato “preso a prestito” per finire quello precedente. Si crea così una spirale in cui si è sempre in debito di tempo e si finisce per sottrarlo ad altri compiti.

Sarebbe perfetto potersi concentrare a pieno su più cose alla volta, tuttavia le nostre risorse cognitive (per esempio, l’attenzione) sono come la banda della connessione internet. Si tratta di una risorsa finita e quando eccediamo nel suo sfruttamento non rimangono abbastanza energie per altre attività (se ci sono troppi utenti la velocità della connessione diminuisce). Per questo Veronica non riuscirà a godere a pieno del saggio di danza della figlia, visto che dovrà costantemente distogliere i suoi pensieri dal lavoro che l’attende a casa e questa è una operazione mentalmente faticosa.

Immaginiamo di sostituire la scarsità di tempo con una mancanza di risorse economiche. Giovanni ha 55 anni, l’azienda per cui lavorava è fallita due anni fa ed è disoccupato. Sua moglie è malata e deve pensare anche ai suoi due figli. Nella condizione in cui si trova, Giovanni è costretto a fare molti sacrifici. I soldi che racimola con qualche lavoretto li spende tutti per ripianare i debiti che ha contratto in precedenza. Si concentra sui problemi economici immediati a discapito di altre difficoltà che possono emergere nella sua vita (uno dei figli mostra dei comportamenti antisociali e studia poco). Ovviamente, nella sua condizione deve riuscire ad estrarre il maggior valore possibile da ogni euro. Non a caso Giovanni sa usare il denaro in modo molto efficiente. Conosce in modo più preciso il costo dei prodotti e fa maggiore attenzione al rapporto prezzo/quantità rispetto a chi è in condizioni più agiate.

Anche in questo caso, però, si verifica l’effetto tunnel. Ad esempio, molte famiglie con difficoltà economiche contraggono prestiti per pagare spese immediate senza rendersi conto che alla lunga i nuovi prestiti serviranno a pagare gli interessi di quelli passati creando un ulteriore problema a cui far fronte. In altre parole, si trovano ad affrontare ogni nuova spesa all’ultimo e senza pianificare il proprio comportamento. Mani e colleghi hanno dimostrato come questo dipenda da un deficit di risorse cognitive dovuto al fatto che le preoccupazioni economiche riducono la capacità decisionale. In uno studio, questi autori hanno testato le abilità cognitive di un gruppo di contadini di canna da zucchero in India Questi contadini vendono il proprio raccolto una volta all’anno e poi vivono di rendita fino all’anno successivo. Sono quindi “ricchi” subito dopo aver venduto il raccolto e si “impoveriscono” per i successivi 12 mesi. I risultati hanno mostrato che l’intelligenza fluida (misurata attraverso le Matrici di Raven) e l’attenzione (misurata attraverso un test di tempi di reazione) sono inferiori quando i contadini sono “poveri” rispetto a quando sono “ricchi”. Quindi, le stesse persone hanno un peggior funzionamento cognitivo quando si trovano in condizioni di scarsità di risorse economiche piuttosto che in condizioni relativamente più agiate.

Di conseguenza, a differenza di quello che pensano molti non è la scarsa abilità cognitiva a rendere poveri, piuttosto sono le condizioni di difficoltà in cui le persone vengono a trovarsi che riducono le risorse cognitive creando una spirale senza uscita. Anche la Banca Mondiale ha dato ampio risalto a questi studi dedicando un capitolo del World Development Report 2015 a questo tema. Giustamente, nel rapporto si fa notare l’opportunità di creare politiche che riducano il carico cognitivo. Ad esempio, semplificare le procedure burocratiche può ridurre l’affaticamento ed aumentare il numero di famiglie disagiate che fanno domanda per programmi assistenziali.

Enrico Rubaltelli

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