CULTURA

Da grande farò… la scienziata!

Affocare e affrittellare, minestrare, scaldeggiare, bislessare. Dal libro illustrato Metodo pratico e progressivo per l'insegnamento della lingua italiana del 1839 di Agostino Fecia, aperto alla pagina Il lavoro in cucina, che insegnava l’italiano partendo da fornelli e tempi di cottura, all’alfabetiere rurale, con le principali espressioni per una perfetta ‘vita dei campi’, fino a I colori dei mestieri di Gianni Rodari e al quaderno di una bambina di quinta elementare che, nel 1968, a Treviso, con cura e bella calligrafia, scriveva il tema Il lavoro di mio padre e disegnava se stessa nei panni di una farmacista. Dalla tipografia scolastica, appartenuta negli anni Sessanta alla scuola G. Marconi di Ca’ Bianca a Chioggia, che “il pedagogista francese Célestin Freinet avrebbe voluto portare in tutte le scuole”, al teatrino realizzato negli anni Venti per Miriam e Sergio (che ‘da grande’ divenne egittologo), figli dell’italianista Eugenio Donadoni, pezzo unico di cui sono stati conservati anche i disegni, passando per il banchetto per piccoli falegnami degli inizi del Novecento. La mostra Da grande farò… Giocare e imparare con i lavori dei grandi, allestita alla sala della Gran Guardia, in piazza dei Signori a Padova (fino al 29 maggio, ingresso libero), riflette sul presente ma, soprattutto, regala l’emozione di un tuffo in un passato che, nell’epoca accelerata dell’innovazione tecnologica, sembra ormai lontanissimo. 

Foto: Massimo Pistore

Al centro dell’allestimento trovano posto il tema della nutrizione (con un focus sull’agricoltura) e quello della protezione; attorno si snoda un percorso costellato di quadri murali con le professioni illustrate, un tempo sistemati lungo i corridoi e nelle aule delle scuole italiane, e un buon numero di giocattoli (molti provenienti dalla collezione di Alfio Zappalà che, ogni sabato e domenica, alle 17, mette in funzione degli automi per la gioia di bambini, appassionati e curiosi). Bambole crocerossine, bambinaie e ballerine, piccoli oggetti per giocare e imparare, quaderni, libri e sussidi didattici raccontano il mondo della scuola e delle professioni viste dai bambini di ieri e di oggi, passando attraverso i loro sogni e le loro aspirazioni. “In passato pesavano le attese dei genitori, i condizionamenti sociali e di genere”, spiega la professoressa Patrizia Zamperlin, curatrice della mostra progettata dal Museo dell’educazione dell’università di Padova, evento espositivo a cui si aggiunge un programma di attività per le scuole e le famiglie (il progetto si avvale della collaborazione tecnica di Giorgio Rossi e di Mara Orlando, conservatore del museo). “Oggi le cose vanno diversamente – continua Zamperlin -, le visioni del lavoro ancorate al genere sono cadute e, non a caso, abbiamo scelto di dare il benvenuto al visitatore proponendo lo spazio di Samantha Cristoforetti, con un missile e la pigotta Unicef”. Perché anche le bambine ambiscono a una carriera da scienziate e riescono a realizzare i loro sogni. “Il riconoscimento dei diritti dell’infanzia dovrebbe comportare l’impegno a far sì che bambini e bambine si sentano tutti parimenti proiettati verso il futuro”. Se i bambini di inizio Novecento sognavano di diventare medici, pompieri ed esploratori, quelli del 2016 puntano alla gloria dei fornelli con una carriera da grande chef. Eppure, un tempo, in cucina lavoravano solo le donne. Così per le bambine che, ora, possono immaginare qualsiasi futuro, puntando su passione e talento e spingendo lo sguardo e le intenzioni oltre la cucina, il ricamo o l’insegnamento. “In questa esposizione abbiamo cercato di far interagire l’offerta ludica e quella scolastica, proponendo un percorso che va dal gioco al libro”, conclude Zamperlin. E così, tra giochi, libri e quaderni, molti visitatori certamente ritroveranno qualcosa di sé, tracce del proprio percorso scolastico o di quello di genitori e nonni, frammenti di memoria che pensavano di aver perso per sempre.

Francesca Boccaletto

Foto: Massimo Pistore

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