UNIVERSITÀ E SCUOLA

Irrequieto e indagatore: il medico-botanico Prospero Alpini

Lo si ricorda soprattutto per la sua descrizione della pianta del caffè che ebbe modo di osservare nel corso di un viaggio che lo portava fino in Egitto. Del caffè descrisse in particolare gli effetti terapeutici che consegnò a due opere date alle stampe nei primi anni Novanta del XVI secolo. Certo non poteva immaginare l’autore quale altro impiego, non propriamente medico, avrebbe avuto la bevanda nel corso dei secoli. Il contributo di Prospero Alpini (1553-1616), di cui ricorrono i 400 anni dalla morte, va ben oltre tuttavia l’informazione aneddotica. Medico e farmaco-botanico, docente all’università di Padova e prefetto dell’Orto botanico, Alpini fu una figura di primo piano nel panorama scientifico internazionale di fine Cinquecento e inizio Seicento. 

Iniziò a frequentare l’università di Padova da studente e qui nel 1578 ottenne la laurea in filosofia e medicina. Gli furono maestri tra gli altri il filosofo Francesco Piccolomini, profondo conoscitore di Aristotele e Platone, Giacomo Zabarella, il botanico Melchiorre Guilandino e i medici Girolamo Fabrici d’Acquapendente, noto per aver fortemente voluto il teatro anatomico stabile nel 1594, e Girolamo Mercuriale, il primo a teorizzare l’importanza dell’attività fisica per la salute. Giuseppe Ongaro, nei Contributi alla biografia di Prospero Alpini, non tace l’impegno profuso dal giovane durante gli anni universitari, quando fu eletto consigliere della nazione della Marca Trevigiana, “sapiens” (con funzioni di legato) e “sindaco” degli scolari dell’università artista.

Dopo la laurea Alpini lavorò qualche anno come medico a Camposampiero. Fu una scelta considerata fin dall’inizio provvisoria e dettata probabilmente da difficoltà economiche, dato che il semplice esercizio della professione difficilmente avrebbe potuto appagare il suo “spirito irrequieto e indagatore”. Per questo, spinto anche dal padre, il 21 settembre 1580 si imbarcò sulla Peccatora diretto in Egitto, in qualità di medico al servizio di Giorgio Emo, console di Venezia al Cairo. Un incarico, questo, che riuscì a ottenere anche grazie alle raccomandazioni di Antonio Morosini, amico della famiglia Alpini. Rimase in quei luoghi fino al 1584 e là si dedicò non solo a studi medici e naturalistici, ma anche archeologici ed etnologici.  

Rientrato in Italia, iniziò a esercitare prima come medico in molte città, tra cui Bassano, Marostica, Cittadella, poi come medico di corte a Genova chiamato da Giovanni Andrea Doria, principe di Melfi e prefetto della flotta del re Filippo di Spagna. Nel frattempo andava sistemando e rielaborando le osservazioni che aveva compiuto nel corso del suo viaggio e che furono buona parte pubblicate a Venezia nelle tre opere De balsamo dialogus del 1591, De medicina Aegyptiorum libri quatuor data alle stampe lo stesso anno sotto forma di dialogo tra l’autore e Guilandino nell’Orto botanico di Padova e De plantis Aegypti liber uscito nel 1592. In quest’ultimo lavoro in particolare l’autore illustrò una cinquantina di piante officinali spontanee e coltivate nelle zone che aveva visitato, impiegate a scopi medici. Tra le molte descrisse anche la pianta del caffè cui già aveva accennato nel De medicina Aegyptiorum. 

Le opere ebbero ampio successo di pubblico e attirarono l’interesse dei riformatori dello Studio di Padova che cercavano un docente per la cattedra di “lettura dei semplici” vacante da tempo. A quel punto, sottolineano Giuseppe Ongaro e Paola Mariani, “convinti di essere riusciti a porre la mano sopra un soggetto che l’avrebbe degnamente occupata, si risolsero di far cessare la lunga vacanza della cattedra”. Alpini fu nominato lettore dei semplici nel 1594, incarico a cui si dedicò con un impegno tale da arrivare a spendere denaro proprio per procurarsi il materiale necessario per le lezioni. “Le testimonianze dei contemporanei – osservano ancora Ongaro e Mariani – concordemente riconoscono all’Alpini, oltre al grande impegno dell’insegnamento, anche una notevole capacità didattica, accresciuta dal tratto garbato e dalla cordialità dei modi, che gli accattivavano la simpatia degli studenti”. 

Dopo qualche anno alla docenza unì la direzione dell’Orto botanico di Padova, con la nomina nel 1603 a prefetto e a ostensore dei semplici. Prospero Alpini aveva ormai raggiunto l’apice della sua carriera didattica e scientifica e la sua fama valicava i confini dell’Italia. Con lui l’Orto botanico di Padova diventò un importante centro di studio e ricerca, all’avanguardia nella coltivazione di piante esotiche. Giocarono un ruolo di rilievo non solo i viaggi compiuti dal naturalista, ma anche i contatti con i numerosi patrizi veneziani inviati nei Paesi del bacino del Mediterraneo, con i prefetti di altri orti botanici e con amici appassionati di piante con cui Alpini scambiava piante e semi. Questi gli arrivavano da Bisanzio dal senatore veneto Girolamo Capello, ma anche dalla Francia, dall’Inghilterra, dalla Siria, dal Portogallo, oltre che da molte città italiane tra cui Napoli, Pisa, Ancona.

In quegli stessi anni non trascurava nemmeno la professione medica che, tuttavia, dati i numerosi impegni dovette necessariamente limitare. È del 1601 il lavoro De praesagienda vita et morte aegrotantium che fino al 1774 ottenne ben sei edizioni. E, in questo stesso secolo, fu Apostolo Zeno a riconoscere come fosse ancora viva a Padova “la fama de’ sicuri e portentosi pronostici dell’Alpino, narrandosi, che fino a parer miracolo, prediceva con tutta franchezza gli avvenimenti de’ suoi malati”.

Monica Panetto

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