SOCIETÀ

Acqua alta a Venezia: il sistema Mose, la prevenzione e le dighe olandesi

Modulo Sperimentale Elettromeccanico che abbreviato si chiama Mose. Chissà se chi ha dato il nome a quest’opera ha voluto fare dei riferimenti biblici, di certo biblici sembrano i tempi di costruzione di quest’opera. Una storia molto italiana quella del Mose, passato da essere un’opera ingegneristicamente avanzata a simbolo della corruzione.

Venezia però dev’essere salvata, lo deve essere alla luce di ciò che è successo la sera del 12 novembre 2019 e lo deve essere anche alla luce di ciò che continuano a dirci gli scienziati in tema di cambiamenti climatici. Il livello globale dei mari sta salendo di 3,3 millimetri all’anno e sappiamo che questo aumento è guidato dai cambiamenti climatici. Nel XX secolo si è vista una crescita di 11-16 centimetri e – anche con un immediato e netto taglio delle emissioni di CO2, potremmo osservare un ulteriore aumento di 0,5 metri. Nel caso dello scenario peggiore, invece, nel XXI secolo questo aumento potrebbe superare, nei casi estremi, i due metri nel caso aumentasse l’instabilità delle riserve di ghiaccio nel mare antartico.

“È chiaro che quanto sta accadendo sia diretta conseguenza dei cambiamenti climatici. La tropicalizzazione dei fenomeni meteorologici: in parole povere vuol dire precipitazioni violente e forti venti”. A dirlo è il ministro dell’Ambiente Sergio Costa che mette in correlazione diretta ciò che è accaduto a Venezia con i cambiamenti climatici.

Uno scenario quindi che non lascia spazio a dubbi, Venezia è una tanto fragile quanto bella città ed ora, più che mai, necessità di aiuti e prevenzione. L’idea delle paratoie installate nelle tre bocche di porto lagunari è degli anni ‘90 e dovrebbe proteggere la città da maree alte anche tre metri. Tralasciando i costi esorbitanti dell’opera e il sistema di corruzione che per anni ha usato gli appalti per la costruzione di quest’opera per fini criminogeni personali e politici, cercare una soluzione ora è di fondamentale importanza.

Abbiamo raggiunto il professore di Costruzioni marittime e Protezione e gestione delle coste del dipartimento ICEA dell’università di Padova Piero Ruol, a cui abbiamo chiesto come si può fare prevenzione, sia in una città come Venezia che nel resto delle coste italiane.

"Il problema della prevenzione è molto delicato - ha dichiarato Piero Ruol -. La prevenzione non è così banale come sembra. Non è possibile creare una barriera rigida che protegga tutta la costa perché ovviamente avrebbe un impatto ambientale enorme. Chiaramente esistono possibilità di intervenire localmente ma la situazione è abbastanza grave: in Italia quasi la metà delle coste è in una condizione di erosione"."È del tutto evidente che quando sarà in funzione - ha continuato il professore -, e ci auguriamo non sia troppo lontano questo giorno, il sistema di chiusura delle bocche della laguna (Lido, Malamocco e Chioggia), Venezia non andrà più sott’acqua come è accaduto”.

Professore, tralasciando gli aspetti politici e giudiziari, quindi il Mose potrebbe essere utile per evitare fatti come quello della scorsa notte?

“Certo. Il sistema di chiusura delle bocche di porto è assolutamente necessario. Se sia la soluzione ottimale o no o se sarebbe stato più opportuno pensare ad una tipologia di chiusura diversa, questo è un discorso infinito, ma il fatto che si debba pensare ad una chiusura è un fatto inevitabile. Le alte maree a Venezia sono sempre più frequenti anche dovute al fatto che la città un po’ alla volta sta sprofondando, anche se fortunatamente questo fenomeno è diminuito. Un sistema di chiusura è necessario e l’importante è che questo sistema entri in funzione il prima possibile ed abbia la necessaria manutenzione, che è il problema più delicato di queste barriere del Mose. Se ci fosse stato il Mose attivo Venezia non sarebbe andata sott’acqua, o meglio, sarebbe andata sotto solamente la porzione della città che sta al di sotto della quota 110 centimetri”.

“La costa veneta è bassa, sabbiosa e molto vulnerabile. Come si legge dal nostro studio (Gestione integrata della zona costiera della Regione Veneto ndr) abbiamo analizzato lo stato di salute di tutti i tratti di costa del Veneto. Il risultato è che la nostra regione è in una situazione molto grave, i litorali in elevata percentuale sono in condizioni di erosione e questa condizione può essere contrastata solo con un’accorta gestione annuale.

Non è pensabile prevedere una soluzione rigida con validità eterna, perché altrimenti bisognerebbe costruire un muro davanti alle spiagge e creare delle isole tra barriere e coste. L’alternativa è quindi pensare ad una gestione annuale e questo intervento è necessario per mantenere la sopravvivenza delle coste che nel Veneto ha un valore elevatissimo da un punto di vista economico. Agire localmente e creare delle barriere, dei muretti o anche delle dune naturali è una soluzione necessaria ma poco considerata perché si parla spesso di allagamento da parte dei fiumi ma quello da parte dei mari non viene mai preso in considerazione. Questo discorso vale per tutte le coste della nostra penisola, dal Veneto alla Sicilia dove il 50% delle coste è in stato di erosione. I problemi vanno dalla gestione dei fiumi, cioè dalla realizzazione di dighe e sbarramenti che impediscono l’afflusso di sedimenti e sabbie al litorale, dall’urbanizzazione e quindi dalla creazione di strade e case. Insomma i problemi sono molti e molto spesso dovuti all’intervento antropico”.

Professore si parla spesso dell’Olanda. Nei Paesi Bassi ci sono metodi che potrebbero essere “copiati” anche da noi?

“In Olanda usano delle barriere, dei piloni messi di traverso nella zona che separa il mare dall’entroterra e sono delle barriere che si possono alzare ed abbassare, regolando il livello interno. Andiamo piano però perché non possiamo far passare l’Olanda per una soluzione ambientalmente irrilevante. Hanno bonificato, quindi rubato al mare, centinaia di ettari di terreno. Se parliamo delle porte quella è  una soluzione un po’ diversa rispetto al Mose, è una soluzione che funziona molto bene e che sarebbe stato possibile considerare anche per Venezia se non che l’impatto visivo sarebbe stato decisamente molto superiore a quello delle paratoie del Mose”.  

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