A inizio settembre, oltre mille delegati e delegate si sono riuniti a Londra per celebrare i 30 anni di vita di Cochrane, un’organizzazione molto nota nel mondo della ricerca medica per la sua attività di diffusione della medicina basata sulle prove (evidence based medicine in inglese). Ma la sua sopravvivenza economica sarebbe in pericolo a causa del taglio dei finanziamenti. Secondo quanto riportato da Nature, e confermato a IlBoLive dal responsabile della comunicazione di Cochrane stessa Harry Dayantis, lo scorso marzo 19 dei 52 centri Cochrane che si occupano delle revisioni sistematiche sono stati chiusi. Questa situazione, suggerisce sempre Nature, rappresenta una crisi che potrebbe mettere in seria difficoltà l’organizzazione.
Nell’articolo firmato da Helen Pearson su Nature si legge che il National Institute for Health and Care Research (NIHR) ha tagliato 4,2 milioni di sterline, pari a quasi 5 milioni di euro, di finanziamenti per le attività di Cochrane. Secondo Cochrane, seppure il taglio sia consistente, non metterebbe in discussione la propria sopravvivenza: per il 2022, infatti, le entrate sono state pari a 8,9 milioni di sterline. Ma, sottolinea Pearson, “circa 6,8 milioni di sterline di quel reddito provenivano da abbonamenti alla Cochrane Library, ma Cochrane mira a rendere tutte le sue recensioni ad accesso libero entro il 2025, mettendo a rischio le entrate”.
La lunga crisi di Cochrane
La storia della Cochrane Collaboration, come si chiamava allora, inizia nel 1993 a Oxford per iniziativa di “un gruppo internazionale di ricercatori, operatori sanitari e consumatori”, come si apprende da un video prodotto da Cochrane in occasione del trentesimo anniversario. L’idea era di “organizzare un approccio collaborativo volto a migliorare l’assistenza sanitaria, la ricerca e la pratica”. In un mondo, quello della ricerca in ambito medico, dove trent’anni fa contava ancora molto l’esperienza e il peso di chi formulava un giudizio su una ricerca, Cochrane si poneva come promotrice di un approccio diverso, molto più basato sui dati e le evidenze. Tra le attività promosse ci sono la revisione sistematica degli studi, l’analisi e il confronto dei dati prodotti dalle ricerche.
Lo spirito originario era quello di mettere insieme molte persone con diverse competenze che potessero valutare non tanto il singolo studio su di un determinato argomento medico. L’idea era, invece, quella di valutare tutto quello che veniva fuori su di un determinato argomento prendendo in considerazione il maggior numero di studi pubblicati. Il risultato di questi studi sistematici sono una serie di linee guida che indicano quale sia lo stato dell’arte su quell’argomento. I primi studi, promossi da uno dei fondatori dell’organizzazione, Ian Chalmers, riguardavano la maternità e il parto. Chalmers si è ispirato a un noto epidemiologo scozzese, tra i promotori dell’approccio basato sulle evidenze in medicina: Archie Cochrane, che ha dato il nome all’iniziativa. In un articolo del 1979 sulla professione di medico, Cochrane scriveva: “è sicuramente una grande critica alla nostra professione il fatto di non aver organizzato un riassunto critico, per specialità o sottospecialità, adattato periodicamente, di tutti gli studi randomizzati controllati rilevanti”. Chalmers e gli altri fondatori della Cochrane Collaboration fecero loro quello spirito.
Nel corso degli anni la Cochrane Collaboration, nel frattempo diventata semplicemente Cochrane, è diventata un’organizzazione sempre più grande e rispettata. Le linee guida e le sintesi prodotte sono spesso diventate dei punti di riferimento, in alcuni casi adottate anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Uno dei punti di forza delle sue attività è stato il continuo aggiornamento di enormi database su diversi ambiti di ricerca clinica, quelli che compongono la Cochrane Library che dovrebbe diventare open access nel 2025, ma che finora è accessibile solo dietro pagamento.
La discussione attorno all’opinione sulle mascherine e il Covid-19
Con l’acquisizione di una rilevanza e di una fama sempre maggiori, Cochrane è diventata progressivamente qualcosa di diverso rispetto alle origini, trasformandosi da gruppo di volontari sempre più in un’organizzazione strutturata, con persone che ci lavorano e interessi economici sempre più importanti. Negli ultimi anni, in più di un’occasione le scelte della Cochrane hanno fatto molto discutere. L’ultimo esempio riguarda l’efficacia delle mascherine durante la pandemia di Covid-19.
Un documento pubblicato a febbraio di quest’anno sosteneva che “indossare mascherine probabilmente fa poca o nessuna differenza sull’esito di una malattia di tipo influenzale”. Una affermazione che secondo molti altri studi è falsa: le mascherine riducono la probabilità di propagare l’infezione all’interno delle comunità. Cochrane sarebbe arrivata alla conclusione opposta, invece, escludendo secondo alcuni in maniera arbitraria una serie di studi che dimostravano l’efficacia delle mascherine. Una situazione che ha fatto reagire molti ricercatori, come per esempio gli autori di questo articolo su The Conversation. Ma il caso che ha fatto più rumore è del 2018 e per certi versi è uno specchio di tutte le complesse vicende che riguardano Cochrane negli ultimi anni.
La recente grande zuffa
Uno dei fondatori della Cochrane Collaboration e responsabile di uno dei suoi centri di revisione sistematica, il Nordic Cochrane Center di Copenhagen, Peter Gøtzsche è stato di fatto buttato fuori dall’organizzazione il 25 settembre di quell’anno. Il motivo? Secondo alcune ricostruzioni, il ricercatore danese avrebbe contestato i risultati positivi ottenuti da un altro gruppo Cochrane a proposito del vaccino anti papilloma virus umano (HPV). Come ha ricostruito all’epoca la giornalista medica Roberta Villa su Strade online, la smentita è stata giudicata pericolosa, perché offriva il destro ai movimenti antivaccinisti. In realtà, scrive Villa stessa, Gøtzsche “da molto tempo era in conflitto con i nuovi vertici dell’organizzazione, accusati di essere sempre più conniventi con gli interessi economici che girano intorno alla sanità”.
In altre parole, Gøtzsche accusava Cochrane di non essere più neutrale e imparziale, votata alla ricerca di una “verità” scientifica dietro alle montagne di ricerche pubblicate, ma di aver inserito surrettiziamente nei propri criteri di valutazione gli interessi di diversi attori del mondo della sanità, dalle case farmaceutiche alla sanità private e così via. Dall’altra parte, i detrattori di Gøtzsche non vedevano di buon occhio l’atteggiamento ipercritico del danese, che spesso si è espresso su argomenti di cui non è un esperto. Gøtzsche si è sempre difeso sostenendo che non serve essere degli esperti di un settore per valutare la bontà di uno studio, ma che basta affidarsi all’analisi dei dati e della solidità delle metodologie. Gøtzsche accusava Cochrane di aver perso lo spirito iniziale, soprattutto da quando era diventato amministratore delegato Mark Wilson: ex giornalista, laureato in politica internazionale e con poca esperienza manageriale.
D’altra parte, lo stile particolarmente aggressivo delle invettive di Gøtzsche ne hanno spesso fatto materiale molto adatto per la comunicazione polarizzata ai tempi dei social network e ha generato grandi flussi di accesso alle banche dati di Cochrane. Il risultato era, secondo alcuni degli stessi membri di Cochrane, che si perdesse un po’ di vista qual era lo scopo originario di tutta l’iniziativa: fornire informazione medica basata sulla migliore ricerca scientifica in circolazione. Quello che non funzionava di Cochrane andava sistemato, ma non bisognava correre il rischio, secondo alcuni membri, di “buttare il bambino con l’acqua sporca”. L’episodio di Gøtzsche e della sua espulsione è avvenuto attorno alle celebrazioni per i 25 anni dell’organizzazione.
Soldi e reputazione
Oggi, Cochrane sta attraversando un periodo di riorganizzazione interna. Uno dei punti principali è un accentramento del lavoro di revisione degli studi, un elemento che dovrebbe garantire una maggior omogeneità della qualità. Così facendo, inoltre, “la perdita di finanziamenti per i CRG [Cochrane Review Groups, NdA[ del Regno Unito non influirà sulla nostra capacità di pubblicare revisioni importanti”, afferma al BoLive Harry Dayantis, responsabile della comunicazione del Cochrane Central Executive Team. Mentre si stanno spegnendo le luci sui festeggiamenti per i trent’anni, “grazie al programma di cambiamento, che attualmente sta andando avanti con successo, non riteniamo che la perdita di finanziamenti abbia un impatto significativo sulla nostra capacità di produrre e pubblicare importanti prove sanitarie”, conclude Dayatis. Rimane da valutare che impatto le polemiche hanno avuto sul più importante capitale dell’organizzazione: la reputazione.