CULTURA

Affreschi nei palazzi di Padova, il Sei e Settecento

“[Le pitture a fresco] servono di monumento eterno del valore di sì grandi artefici, di ammaestramento a chi brama di giungere all’acquisto della perfezione dell’arte, di onore alle famiglie, di gloria e lustro alle città” (Luigi Crespi, lettera a Francesco Algarotti, 1756)

Un progetto di ricognizione dell’arte per raccontare una pagina preziosa della storia della città, un viaggio che svela gli affreschi seicenteschi e settecenteschi presenti nei palazzi padovani e li raccoglie in un volume voluto e realizzato dall’associazione La Torlonga e dal dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, grazie a un finanziamento di Fondazione Cariparo. Curato da Andrea Tomezzoli, che ha posto l'accento sulla vocazione artistica della città, Vincenzo Mancini, che ha ripercorso le vicende seicentesche (a cui si aggiunge il contributo di Giuseppe Pavanello sul Settecento), e Denis Ton, impegnato in una interessante indagine sul patrimonio sommerso e perduto, Affreschi nei palazzi di Padova. Il Sei e Settecento (Scripta edizioni) rappresenta un’occasione per scoprire un frammento di storia cittadina poco conosciuta, entrando a curiosare tra le stanze affrescate di dimore lussuose.

Partendo dai casi più significativi del panorama sei-settecentesco, in attesa di una pubblicazione sul Cinquecento e immaginando un futuro approfondimento dedicato all'Ottocento, il progetto Interni d’autore ha dato vita a una ricostruzione scientifica per catalogare, e quindi valorizzare, il patrimonio storico artistico padovano a partire da Casa Carmeli, edificio appartenente al complesso conventuale di San Francesco Grande che prende il nome dal francescano Michelangelo Carmeli (1706-1766), dal 1744 docente di greco e lingue orientali all’Università di Padova e intellettuale dai molteplici interessi. L’indagine si è poi estesa, abbracciando le “imprese antecedenti Casa Carmeli fino ai tanti episodi successivi al volgere del Settecento”, spiega Cristina Doni, presidentessa della Torlonga, che aggiunge: “Con quest’opera monumentale, focalizzata su due secoli centrali della raffinata civiltà pittorica cittadina, ci si augura di aver dato forma al primo tassello di una più complessiva ricognizione di Padova urbs picta: aspetto che per la rilevanza delle imprese godibili e il talento degli artefici fornisce un contributo fondamentale a disegnare la nostra grande bellezza”. Salone dopo salone, tra allegorie, episodi biblici e storici, scene mitologiche e di caccia, incontrando artisti, storia e colore, attraversando anche molti spazi diventati patrimonio dell’università: da Palazzo del Bo a Palazzo Cavalli, da quello del Capitanio al Maldura. A questi edifici se ne aggiungono altri ubicati nel centro storico della città e raccontati attraverso gli affreschi e il loro stato di conservazione: da Palazzo Emo Capodilista, in via Umberto I, a Palazzo Mussato, in via Concariola, passando per Palazzo Buzzacarini in via Euganea, solo per citarne alcuni. 

“La decorazione monumentale ad affresco ha costituito, per secoli, uno degli aspetti più qualificanti della civiltà figurativa veneta. Basti solamente pensare alla vastità del fenomeno nell’ambito delle ville di terraferma, insuperabile sintesi di architettura e pittura in straordinaria simbiosi con il paesaggio”, racconta, nell'introduzione al volume, Andrea Tomezzoli del dipartimento dei Beni culturali dell’ateneo padovano. “Ma anche nelle residenze di città – spesso per iniziativa dei medesimi committenti – l’affresco, insieme allo stucco e alla pittura su tela, diventa protagonista dell’ornamentazione: duttile strumento al quale viene richiesto non solo di corrispondere a un gusto secondo ben precise istanze estetiche, ma anche di addensare su soffitti e pareti significati spesso allegorici e celebrativi […] Padova, per di più, coltiva con grande coerenza questa tradizione pittorica – si direbbe per una vocazione profonda -  non solo fino a tutto il XIX secolo, ma anche nel secolo successivo, in anni ancora vicini a noi, con la celebrata stagione degli affreschi del Bo e del Liviano. Nel passaggio dal palazzo privato al palazzo pubblico, l’Università, l’affresco mantiene la sua funzione, esaltando ora non più la nobiltà del sangue, ma quella del sapere”.

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