SOCIETÀ

Alex Zanardi, l’ispirazione oltre lo sport

Non ha pillole di saggezza da dare Alex Zanardi, nell’incontro organizzato dall’Università di Padova, dal Dipartimento di Psicologia generale e da ANMIL (Associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi del lavoro). Come lui stesso ha ammesso, durante l'incontro Sport è benessere non è stato certo avaro di parole nel rispondere alle domande di Marta Ghisi, che ha rappresentato il Dipartimento moderando la conferenza con un’ottima preparazione e con rapidi interventi. Rapidi perché Zanardi è un fiume in piena e lei non ha voluto arrestarne il flusso il cui incanto si rifletteva negli occhi del pubblico. Quando lo ascolti, infatti, vieni risucchiato da un torrente di parole che ti lascia sulla riva sbalordito, ma in senso buono.

Uno dei pregi di questo campione, di sport ma soprattutto di vita, che colpisce di più è l’umiltà, quella che gli rende del tutto naturale entrare in sintonia con la platea, che si tratti di studenti universitari o di professori. Non si presenta come la persona che ha vinto gare e battaglie anche più grandi, ma come uno che scherza su Emilio Fede che lo aveva dato per morto al Tg4, come uno che ha trovato ispirazione in persone molto meno famose di lui, per esempio quelle che ha incontrato durante la riabilitazione. “Sono in tanti – dice – ad essersi dovuti tirare su le maniche in modo imprevisto, e ogni persona può essere un modello di riferimento, anche una madre che si alza con 38 di febbre e va a lavorare perché ha la famiglia da mantenere.”



Riprese di Anna Cortelazzo e montaggio di Elisa Speronello

Tra la commozione generale racconta della sua famiglia, della sua vita di sportivo, del suo soprannome (Pinapple, per la pignoleria). Dell’incidente in sé, invece, parla poco. Quello che per molti sarebbe l’evento più importante e tragico della propria esistenza, quello che può far dimenticare a una persona i suoi successi più luminosi (nello specifico, per esempio, la vittoria del Rookie of the Year del ‘96 e dei due campionati del mondo di Formula CART dei due anni successivi) per lui sembra essere semplicemente uno dei vari problemi da affrontare nel corso della vita. Zanardi non è il suo incidente, non è le sue protesi, non è il semplice simbolo di una rinascita. Non c’è un Alex Zanardi di prima dell’incidente e uno che arriva dopo: c’è un’unica persona che ha fatto cose diverse a seconda della contingenza, senza proclami, senza pretendere di essere un eroe, con la naturalezza che contraddistingue chi non si limita ai risultati sportivi, ma diventa un esempio per gli altri per come vive ogni giorno.

“Quando mi sono risvegliato dal coma – racconta – il mio primo pensiero non è stato come farò a vivere senza le gambe?, ma Come farò a fare tutte le cose che voglio fare senza le gambe?” La differenza è sottile, ma sostanziale: aveva già compreso la necessità di elaborare una strategia d’azione. Alex Zanardi ha affrontato la riabilitazione con lo stesso spirito con cui aveva affrontato le difficoltà precedenti: con autoironia, curiosità e soprattutto ottimismo. Da un certo punto di vista una propensione del genere ce l’hai già dentro: Alex racconta di quando, al centro di riabilitazione, una donna si era lamentata di avere problemi con la pigmentazione delle protesi a due dita di una mano, perché quando andava in spiaggia non avrebbe saputo come nasconderle. Potrebbe sembrare insensibile preoccuparsi di due dita di fronte a un uomo che ha perso le gambe, eppure Zanardi non la condannava, in quanto la donna era vittima del proprio dolore, che non le permetteva di ragionare in prospettiva. Nello stesso giorno Alex aveva visto un uomo che piangeva. Avvicinatosi per consolarlo, aveva scoperto che in realtà stava piangendo di gioia: dopo anni, sua figlia, nata senza le gambe, era diventata abbastanza grande per avere le sue protesi, e il tecnico ortopedico aveva detto al padre che però servivano un paio di scarpe per calibrarle. “Era il giorno più felice della sua vita perché aveva comprato a sua figlia il primo paio di scarpe”.

Alex Zanardi non ha pillole di saggezza, dicevamo. Non le ha perché non ne ha bisogno. Per ispirare le persone il suo esempio basta e avanza. Un esempio che si è costruito giorno per giorno procedendo di pari passo con l’impegno e la passione che mette in ogni cosa che fa e che emerge anche quando parla di tutt'altro, per esempio quando dice che con lo sguardo giusto sulle cose anche noi potremmo essere come lui. Un esempio cui magari ci siamo avvicinati dopo il suo incidente, ma che lui avrebbe potuto esercitare anche solo in virtù della passione onnipotente con cui ha affrontato anche sfide più lievi.

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