MONDO SALUTE

Ambiente e salute. La relazione (stretta) tra cambiamenti climatici e malattie infettive

La stagione estiva è alle porte, e dunque le gite al mare o al lago,  le cene in campagna o sui colli con gli amici, le passeggiate in montagna. Attenzione però a non abbassare la guardia, adottando le precauzioni del caso: zecche e zanzare infatti, in aumento sul nostro territorio a causa delle temperature sempre più elevate, potrebbero trasformare (nella peggiore delle ipotesi) un momento piacevole in una corsa all’ospedale. La scorsa estate gran parte dell'Europa è stata colpita da prolungate e intense ondate di calore. La mancanza di precipitazioni, in particolare nelle regioni sud-occidentali durante l'inverno, che si è poi estesa a gran parte del continente, ha portato a una diffusa siccità in primavera e in estate. Si tratta di un trend che si osserva ormai da tempo e che può incidere sulla numerosità e sulla distribuzione dei vettori, gli insetti appunto, in grado di trasmettere a loro volta agenti patogeni. 

Dopo aver parlato di inquinamento atmosferico e delle acque, e di siti contaminati nell’ambito della serie Ambiente e salute, ci concentriamo ora sulla relazione tra cambiamenti climatici e malattie infettive e ne parliamo con Ignazio Castagliuolo, professore di microbiologia all’università di Padova e partner di un progetto nazionale sulle malattie infettive emergenti finanziato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Quale relazione tra cambiamenti climatici e malattie infettive?

“La relazione tra cambiamenti climatici e malattie infettive – esordisce Castagliuolo – è molto profonda, e molto più intima di quanto si potrebbe immaginare. I cambiamenti climatici possono influenzare o agire su tre partner coinvolti in questo processo: possono pesare sui fattori coinvolti nella trasmissione degli agenti patogeni, dunque su vettori come zanzare, zecche, tafani; oppure possono influire sui patogeni stessi o ancora sull'ospite umano”. 

L’aumento delle temperature, la siccità, gli eventi meteorologici estremi provocano innanzitutto una variazione nella distribuzione dei vettori che vanno a popolare aree in cui prima non erano presenti. Stando ai dati riportati da The 2022 Global Report of the Lancet Countdown, l’idoneità climatica per la trasmissione della Dengue per esempio è aumentata dell'11,5% per la zanzara Aedes aegypti e del 12% per Aedes albopictus, dal periodo 1951-60 al 2012-21. 

Castagliuolo spiega che tali condizioni ambientali favoriscono inoltre la migrazione verso nord di animali che fungono da serbatoio, e da cui i vettori attingono i patogeni che poi trasmettono all’uomo. Si aggiunga che il ciclo biologico di questi insetti può essere modificato in maniera sostanziale dai cambiamenti climatici, e ciò può causare un aumento importante della loro numerosità, della loro densità e dunque la probabilità di venire a contatto con questi vettori cresce in maniera significativa. “La quantità di uova deposte – spiega Castagliuolo –, la durata dell’incubazione, la vita media degli individui può cambiare in maniera significativa e ciò impatta sulla popolazione di agenti che possono trasmettere i patogeni”. Si prendano le zanzare: il riscaldamento globale ha influito sulla loro sopravvivenza, sui tassi di puntura e sulla replicazione virale, aumentando la capacità di questi insetti di trasmettere per esempio il virus del Nilo occidentale.

Intervista completa a Ignazio Castagliuolo, professore di microbiologia all'università di Padova. Montaggio di Barbara Paknazar

Una situazione di questo tipo finisce per rendere più aggressivi i patogeni stessi e dunque più facilmente trasmissibili all’ospite umano, che da parte sua in determinate circostanze può risultare più vulnerabile alle malattie. L'esposizione a condizioni climatiche che possono determinare un pericolo per la vita come inondazioni e uragani, ondate di calore, perdita dei mezzi di sussistenza a causa della siccità, solo per citare alcuni esempi, possono indurre stress e variazioni del cortisolo capaci di incidere sulla capacità dell'organismo di affrontare patologie di vario tipo. 

Castagliuolo osserva che agenti patogeni normalmente non presenti in determinate zone possono fare la loro comparsa (così come accade per i vettori) e diventare fonte di nuove infezioni. “La candida Auris, un patogeno molto pericoloso in quanto multi-resistente, probabilmente si è sviluppato e si è diffuso nell'ambiente grazie all’aumento delle temperature – argomenta –. Essendo presente in misura maggiore, ovviamente è più probabile che infetti l’uomo in ambito ospedaliero. Ancora, un aumento delle temperature marine favorisce la proliferazione di microrganismi come i vibrioni oppure le salmonelle, rendendo più facile l'acquisizione di infezioni in contesti dove normalmente non era pericolosa la balneazione, soprattutto nel Mediterraneo”. Il riscaldamento degli oceani inoltre ha accelerato anche la crescita di fioriture algali dannose per la salute, come le alghe del genere Pseudo-nitzschia, le alghe blu-verdi (cianobatteri) e le dinoflagellate. 

“Vecchie” malattie su nuovi territori 

Uno studio pubblicato nel 2022 su Nature Climate Change, coordinato da Camilo Mora della University of Hawaiʻi at Mānoa a Honolulu, pone in evidenza che oltre il 58% delle malattie causate da agenti patogeni sono state aggravate dai cambiamenti climatici. Si tratta di 218 su 375 patologie infettive di cui si conosce l’impatto sull’uomo. “Vari patogeni hanno tratto beneficio da queste dinamiche climatiche, con un conseguente aumento di patologie come l’infezione da Zika virus, soprattutto in America meridionale, la febbre da West Nile, la dengue, sempre trasmessa da zanzare, e come si è detto le infezioni da vibrioni, tra cui il vibrio parahaemolyticus. Lo stesso vibrione del colera si è diffuso in maniera significativa”. 

Ancora, alluvioni e tempeste sono state associate allo straripamento delle acque reflue, con conseguente trasmissione diretta e per via alimentare di norovirus, hantavirus, epatite e Cryptosporidium. Si ritiene inoltre che le perturbazioni degli habitat causate dall’innalzamento delle temperature, da siccità, ondate di calore, incendi, tempeste, inondazioni e cambiamenti della copertura del suolo possano aver determinato l'avvicinamento degli agenti patogeni alle persone. Lo spillover dei virus (come nel caso del virus Nipah e l'Ebola) è stato correlato allo spostamento della fauna selvatica, come pipistrelli, roditori e primati, su aree più ampie per cercare risorse alimentari, rese carenti dalla siccità, o per trovare nuovi habitat in seguito agli incendi. I cambiamenti nell'uso del suolo, invece, hanno condotto l’uomo in aree selvagge e hanno creato nuovi ecotoni (zone di transizione tra due ecosistemi) che hanno avvicinato le persone ai vettori e agli agenti patogeni, portando a epidemie di malattie come Ebola, il tifo da scrub, il tifo da zecca di Queensland, la malattia di Lyme, la malaria. 

“Un altro effetto dell’aumento della temperatura e del cambiamento climatico – osserva il microbiologo – è riscontrabile nella variazione dell’andamento delle epidemie annuali di infezioni trasmesse per via aerea”. In Europa il clima era caratterizzato da un’alternanza di periodi con temperature elevate e siccitose e periodi umidi con basse temperature, ma ora queste differenze cominciano a non essere più così evidenti. “È probabile dunque che anche l'andamento delle epidemie influenzali o da altri virus respiratori tenderà a cambiare nei nostri territori: il trend dello scorso inverno potrebbe essere riconducibile proprio a un aumento delle temperature riscontrato in quei mesi”.

La situazione dell’Italia

“Nel corso degli ultimi anni anche in Italia abbiamo assistito alla comparsa di nuove patologie o a un loro aumento. Si è avuta una diffusione importante di virus trasmessi da zanzara, come il West Nile, la chikungunya, praticamente sconosciuti fino a una decina di anni fa nel nostro territorio, oggi invece estremamente comuni. Con l'aumento della temperatura, si è osservato un incremento dei casi di leishmaniosi viscerale, un’infezione da parassiti molto grave che colpisce il midollo, e un aumento progressivo delle infezioni trasmesse da zecche, come la malattia di Lyme di natura batterica, o l'encefalite da zecche, che interessano soprattutto l'arco alpino e la dorsale appenninica: in questo caso, ciò che si sta verificando è una espansione dei territori colonizzati dalle zecche. Nel caso del West Nile virus, invece, si è assistito a una diffusione di zanzare in grado di trasmettere il patogeno: la malattia è comparsa sul territorio italiano grazie alla migrazione di una tipologia di zanzara che non era presente nel nostro Paese; una volta che la zanzara si è diffusa a sufficienza, è stata in grado di trasmettere il virus che giunge in Italia in prevalenza attraverso gli uccelli migratori”. Per evitare la propagazione di patologie di questo tipo, dunque, vengono messe in atto misure preventive per il controllo dei vettori, che consentono di limitare il rischio di diffusione degli agenti patogeni, e programmate campagne di sensibilizzazione rivolte alla popolazione. 

Studiare le malattie infettive emergenti con un approccio One Health

A fronte della situazione delineata, nei mesi scorsi è stato avviato un progetto nazionale, coordinato dall’università di Pavia, che ha portato alla costituzione del consorzio Inf-Act, composto da 25 enti pubblici e privati. Il programma è stato selezionato dal ministero dell'Università e della Ricerca e finanziato con 114,5 milioni di euro nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza. L’obiettivo dichiarato è di affrontare il problema di possibili epidemie adottando un approccio One Health, secondo cui la salute umana è strettamente correlata a quella del pianeta, di piante e animali. “Si tratta di un progetto molto ambizioso – osserva Castagliuolo che, come si è detto, fa parte del team –, in cui per la prima volta collaborano in maniera funzionale e integrata biologi, medici e veterinari. Sono stati coinvolti a pieno titolo gli istituti zooprofilattici, che coprono l'intero territorio nazionale”. Gli obiettivi sono sostanzialmente due: sarà realizzata innanzitutto una mappatura completa del territorio nazionale che darà conto della diffusione dei vettori, con particolare attenzione alla tipologia di batteri che li possono colonizzare e al ruolo che possono avere le condizioni climatiche e ambientali sulla trasmissione dei patogeni; in secondo luogo saranno analizzati i meccanismi di patogenicità dei microrganismi allo scopo di sviluppare vaccini e farmaci contro i patogeni emergenti.

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SPECIALE “AMBIENTE E SALUTE”

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2 - Le ripercussioni dell'inquinamento atmosferico
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