CULTURA

Antonio Favaro, un ingegnere fattosi filologo per amore di Galileo

Se mai avrete la fortuna di entrare nell'ufficio del direttore della Sezione Rari della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, che custodisce uno straordinario e stratificato patrimonio di manoscritti attraverso i quali si è disegnata nei secoli la cultura italiana, troverete appeso al muro il ritratto di un professore con due baffoni ottocenteschi, l'aria schiva e uno sguardo acutissimo dietro gli occhiali pince-nez. Quell'uomo è il padovano Antonio Favaro, che in quella sala è stato ospite per gran parte degli anni tra il 1890 e il 1909.

Lì ha esaminato il corpus dei manoscritti di Galilei, che prima di allora non era mai stato studiato nella sua integralità, per ricavarne una delle più significative collezioni di tutta la storia della scienza in tutti i paesi e le epoche: l'edizione nazionale delle Opere di Galileo Galilei, in 20 volumi, ancor oggi il punto di partenza di ogni studioso della rivoluzione scientifica del 1600. Per capire l’importanza e l’attualità dell’opera, notiamo che questa è stata aggiornata solo recentemente, e l’aggiornamento (curato da Michele Camerota e Patrizia Ruffo) non tocca l’originale ma aggiunge quattro volumi che seguono fedelmente i criteri editoriali stabiliti da Favaro.

Antonio Favaro era nato a Padova il 21 maggio 1847 da Giuseppe, matematico, e Caterina Turri; nella stessa città frequentò il “Ginnasio liceale Santo Stefano”, l’attuale Tito Livio, con ottimi risultati. Giacomo Zanella, il direttore di allora e futuro rettore dell’Università, fu il primo a mostrare a Favaro un autografo di Galileo Galilei, uno delle centinaia che lo studioso padovano esaminò durante la vita.

Dopo due anni propedeutici passati alla Facoltà matematica, previsti dall’ordinamento dell’epoca, si iscrisse alla “Scuola di applicazione per gli ingegneri di Torino”, dove si laureò nel 1866.

Tornato a Padova come assistente di Domenico Turazza, Favaro iniziò ad insegnare matematica applicata, quindi statica grafica (la tecnica di risoluzione dei problemi di equilibrio con metodi grafici), materia della quale divenne professore straordinario nel 1872, calcolo sublime (ossia infinitesimale), geometria proiettiva.

Nel 1878 Favaro iniziò a tenere il corso di storia delle matematiche, un corso innovativo per esposizione e finalità. Favaro immaginava la storia della scienza come un grandioso mosaico al quale ogni generazione contribuisce a porre delle tessere che sono l’esito di innumerevoli discussioni. Per decifrarlo è necessario ripercorrere il percorso seguito da quegli innovatori, e per farlo adeguatamente è necessario risalire direttamente alle fonti senza intermediari attraverso gli strumenti della paleografia, diplomatica e filologia. Per Favaro infatti:

Qualunque cosa si affermi deve avere l’appoggio di una prova: qualunque documento deve essere citato con tutta esattezza, o riprodotto col massimo scrupolo, ed in tutta la sua integrità

Ecco che Favaro da matematico e ingegnere di formazione si avvicina alla filologia e agli archivi in modo sistematico. Lo fa portando con sé il suo bagaglio culturale classico e scientifico, fondendo la cultura matematica e fisica e i metodi ad esse connessi con l’archivistica, superando la barriera delle due culture, che nei suoi scritti diventano manifestazioni di un’unica bellezza. Appassionato dalla storia dell’Università di Padova, iniziò a scrivere la storia della Facoltà di matematica ma, giunto nel 1880 a Galileo Galilei, dovette fermarsi: tutte le edizioni fino delle opere del maestro pisano presentavano vistose lacune. Avrebbe speso vent’anni della sua vita, i più belli, per colmare quelle lacune, e per amore di Galileo sarebbe diventato filologo.

L’anno successivo Favaro presentò al R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti l’ambizioso programma volto a realizzare una nuova edizione delle opere di Galileo che avrebbe compreso tutti gli scritti editi e inediti del maestro, le memorie dei discepoli e degli oppositori e ancora il carteggio di tutte le lettere scritte o a lui indirizzate e i documenti inerenti.

Per compiere quest’impresa colossale Favaro chiese un contributo statale, e inizialmente non ricevette risposta. Nel frattempo pubblicò un saggio fondamentale su Galileo Galilei e lo Studio di Padova, una ricostruzione dei diciotto anni trascorsi da Galileo nella città.

Ottenuto il finanziamento dello stato, che arrivò solo sei anni dopo la domanda, lo studioso si mise subito a caccia degli inediti galileiani, aiutato da un manipolo di valenti collaboratori come Del Lungo, Marchesini, Cerruti e Schiaparelli. I criteri di edizione adottati, anche a distanza di più di un secolo, si sono dimostrati avvedutissimi. L’opera avrebbe seguito un ordinamento cronologico e tripartito: nella prima parte sarebbero state raccolte tutte le opere scientifiche del maestro pisano, seguite da quelle letterarie, e concluse dal corposo carteggio e dalla raccolta di documenti. Favaro riuscì quasi a quadruplicare il corpus delle lettere, sette volumi di un dramma che si sviluppa giorno dopo giorno attraverso i suoi personaggi. Ogni anno, per vent’anni, consegnò regolarmente un volume.

Favaro si arrabbiò molto perché la prima tiratura dell'Edizione Nazionale fu tirata in sole 500 copie, fuori commercio, e di fatto divenne introvabile (l’opera è ancora oggi costosa e di non facile reperimento, e auspichiamo la pubblicazione di un'edizione economica e di un’edizione digitale).

Simultaneamente all’opera nazionale, quasi a raggiera, Favaro pubblicò in quei vent’anni più di settanta opere suddivise per serie: gli Amici e corrispondenti di Galileo, gli Oppositori di Galileo, gli Scampoli galileiani e ancora gli Adversaria galileiana.

I documenti e i contribuiti che Favaro andava pubblicando sulla storia dell’università e su Galileo furono infine impiegati a sostegno di alcune celebrazioni legate all’ateneo padovano che ebbero larghissima eco in Europa.

Nel 1892, in appena sei mesi, Favaro organizzò un evento internazionale legato al 300° anno dalla prima lezione padovana di Galileo Galilei, svoltasi il 7 dicembre 1592. Vennero invitati a Padova i rappresentanti delle più importanti università europee, il ministro dell’istruzione in rappresentanza del Re, i sindaci di Pisa, Firenze e Padova. Il Municipio accompagnò e sostenne le celebrazioni.

Favaro approfittò di quell’occasione non solo per raggiungere il grande pubblico attraverso la stampa ma anche per produrre ricadute permanenti per l’università: oltre alla pubblicazione di saggi e documenti, fu allora che venne ideato e impiegato il gonfalone (ossia l’insegna) dell’università di Padova e venne svelata, dopo la solenne cerimonia, l’iscrizione in aula magna dedicata a Galileo Galilei. 

Nel 1922, settimo centenario dell’università di Padova, Favaro ebbe ancora un ruolo fondamentale. Le celebrazioni riprendono ed ampliano la forma dei festeggiamenti galileiani, e anche questa volta alla transitorietà dei festeggiamenti si affiancano la pubblicazione delle fonti e ancora il disegno e la produzione di oggetti che sono entrati a far parte dell’immaginario dell’Università, come le nuove mazze dei rettori, ispirate al disegno antico.

Quest’uomo che si definiva “appassionato anzi, a giudizio di molti ostinato e impenitente cultore degli studi galileiani”, poco incline alle relazioni sociali, condusse una vita modesta e ritirata  all’università, nelle accademie (fu socio tra le altre dell'Accademia  dei Lincei, dell'Accademia Galileiana, dell'Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti) e dentro la cerchia strettissima della famiglia (aveva sposato Giuseppina Turazza, figlia di Domenico; il figlio Giuseppe sarebbe stato anatomista e storico delle scienze).

 Grazie a un lucido intelletto e a un’infaticabile tenacia, elaborava ancora alle soglie della morte, avvenuta cento anni fa a Padova il 30 settembre 1922, progetti grandiosissimi, volti al riordino del corpus degli scritti di Leonardo da Vinci.  

Festeggiato e amato da docenti e allievi, nel cinquantesimo anniversario di insegnamento ribadiva ancora l’affetto per Galileo e per

quell’Università, nella quale dopo essere stato scolaro, insegno da mezzo secolo, e che è stata in cima ai miei pensieri di studioso.

Pe tutte le fotografie: Archivio Generale di Ateneo dell’Università di Padova, Atti del Rettorato, Atti organizzati per materia 1, b 16-18. Su concessione dell’Università di Padova – Ufficio Gestione documentale

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