L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha inserito il gaming disorder nell’International classification of diseases (Icd), definendolo malattia mentale, e la Società italiana di Pediatria evidenzia i rischi relativi a un uso eccessivo dei dispositivi elettronici da parte dei bambini: “L’uso dei touchscreen potrebbe interferire con lo sviluppo cognitivo dei bambini – si legge in un articolo pubblicato sul sito della Sip - perché questi hanno bisogno di un’esperienza diretta e concreta con gli oggetti in modo da affinare il pensiero e la capacità di risolvere i problemi”.
L’allarme è stato lanciato, ma c’è chi sostiene che sia prematuro definirlo un disturbo mentale. Ma andiamo con ordine: il 21 giugno 2018 The Guardian pubblica un articolo, firmato da Nicola Davis, dal titolo Screen time harm to children is unproven, say experts, in cui si commenta la recente decisione dell’Oms e si fa il punto sulla questione che da tempo anima il dibattito tra esperti, partendo da una valutazione delle conseguenze sui più piccoli: i bambini possono/devono utilizzare i dispositivi digitali? Quanto, quando? L’iperconnessione può causare davvero disturbi mentali? “Gli esperti sostengono che non ci siano prove evidenti a sostegno del timore che il tempo passato davanti allo schermo sia intrinsecamente dannoso per i bambini. Il riconoscimento del cosiddetto disturbo da gioco da parte dell’organizzazione mondiale della sanità è prematuro”, scrive Davis che cita Andy Przybylski, professore associato e direttore della ricerca presso l’Oxford internet institute della prestigiosa università inglese, per il quale il 99% del benessere di un bambino potrebbe essere attribuito a fattori estranei al tempo trascorso davanti allo schermo. Così Pete Etchells, senior lecturer in Psicologia e comunicazione scientifica alla Bath Spa university, il quale evidenzia la mancanza di prove a sostegno della tesi dell’Oms: “Non è necessariamente sbagliato, è prematuro”, ha detto.
Nel dibattito si inserisce Alessio Vieno, docente e responsabile scientifico di Lab Id, laboratorio di ricerca e intervento su internet e dipendenza dell’università di Padova. Vieno è stato intervistato da Il Bo Live. “La letteratura scientifica in questo ambito è in divenire – spiega -. L’uso della tecnologia diventa problematico quando inizia a invadere tutti gli ambiti della vita quotidiana. Oggi ci si chiede dove collocare questa problematicità: siamo di fronte a un fenomeno che abbiamo ancora difficoltà a incasellare nella categoria della patologia. Ma allora che cosa si può fare? Innanzitutto è importante che questa discussione continui”.