Le dichiarazioni di Carlo Calenda su Twitter a proposito dei videogiochi hanno infiammato il weekend (weekend in cui tra l'altro si svolgeva il Lucca Comics & Games, evento che raduna giocatori di diverso tipo, anche videogamer): sui social si è scatenata una furiosa polemica, anche perché gli sviluppatori si sono sentiti presi in causa, visto che negli ultimi 30 anni i videogiochi hanno fatto passi da gigante, sia in termini di costruzione della storia sia in termini di grafica, tanto che alcuni li annoverano tra le opere d'arte contemporanee.
Sarà forte ma io considero i giochi elettronici una delle cause dell’incapacità di leggere, giocare e sviluppare il ragionamento. In casa mia non entrano. https://t.co/ZC74SNSFCq
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) 3 novembre 2018
Posto che Calenda può far entrare in casa sua ciò che ritiene più opportuno, e che sicuramente i giovani non se la passano benissimo (negli ultimi 25 anni il numero di adolescenti depressi è aumentato del 70%), rimane da spiegare un certo atteggiamento censorio, che perdura da tempi antichi e che si scaglia aprioristicamente contro qualsiasi prodotto del progresso (anche l'invenzione della stampa non fu immune dalle critiche dei conservatori, per non parlare di quando Platone se la prendeva con la scrittura perché un testo, in caso di dubbio, non può essere ulteriormente interpellato).
Galatea Vaglio, scrittrice e insegnante, sul suo blog ci ride su: "Ogni volta che qualcuno, come l’ex ministro Calenda, si scaglia contro la tecnologia che aliena e spara una filippica per salvare i nostri bambini dalla solitudine, la mia prima reazione, confesso, è di sorridere […] perché l’uscita dell’ex ministro mi ricorda tanto quella della signora Lovejoy, la moglie del pastore dei Simpson, che per ogni cosa nuova emette l’allerta gridando I bambini, pensate ai bambini!"
La Vaglio continua, sostenendo che più che i videogame a isolare i bambini sono i libri: mentre i videogiochi possono essere giocati in gruppo, il libro, per sua natura, va fruito in solitudine. Ovviamente per fortuna quasi nessuno si sognerebbe di criticare i libri per questo e infatti, sempre secondo la Vaglio, il problema è proprio che i bambini hanno un'agenda sociale molto fitta, tra sport, catechismo, hobby, scuola e festine, e che forse dovrebbero stare di più da soli, perché stanno perdendo la capacità di farlo.
Quello che è certo è che, tra i bambini e gli adolescenti, c'è un senso di vuoto difficilmente colmabile che sembra andare peggiorando, e ciclicamente la causa di questo vuoto viene attribuita a qualche progresso tecnologico: prima la stampa, poi i videogame (Calenda ha una visione un po' vintage effettivamente), poi il computer, gli smartphone e per finire i nemici più crudeli, i social network.
Non è difficile rendersi conto che si confonde la causa con la conseguenza. Nessuno di questi strumenti ha, da solo, il potere di creare il disagio giovanile. Chiunque abbia visto Trainspotting ricorderà l'ossessione di Sick Boy per Sean Connery. Calenda potrebbe arguire che l'attore scozzese è la causa del serio problema di dipendenza di Sick Boy, che per inciso non manifesta alcun interesse per i videogame.
La verità è che se fosse così semplice individuare la causa del vuoto che porta le giovani generazioni a non sentirsi a proprio agio nel mondo, l'avrebbero già vietata. Purtroppo o per fortuna bambini e ragazzi hanno un carattere peculiare: nessuno è uguale all'altro, e mentre passare da una cresima al saggio di danza in due ore può essere molto stimolante per un bambino, potrebbe creare un fortissimo disagio a un altro. Entrambi poi potrebbero mettersi a giocare con i videogame, ma lo farebbero con uno spirito ben diverso.