SOCIETÀ
Scorie a riposo. L'Italia non vuole più costruire il Deposito Nazionale di scorie nucleari

Centrale nucleare Enrico Fermi a Trino (VC) via wikimedia Alessandro Vecchi
Sono durate più di 20 anni le discussioni su dove costruire il deposito nazionale di scorie nucleari e, a quanto pare, sembrano essere state tutte inutili. È stato direttamente il Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin a dire: “Stiamo studiando nuovi depositi di rifiuti radioattivi a bassa intensità. Abbiamo ormai scartato l'idea di un centro unico, perché è illogico a livello di efficienza, ma si può pensare di andare avanti con i 22 già esistenti”. Un annuncio dato durante l'evento "Nuove energie" organizzato da La Stampa alle Ogr di Torino di cui non si può che prendere atto.
Da qualche parte però queste scorie nucleari bisogna stoccarle e il Governo quindi sembrerebbe intenzionato a utilizzare i depositi che sono attualmente in vigore. Ci sono però diverse problematiche e noi de Il Bo Live le avevamo messe in evidenza già qualche anno fa con un lungo reportage a puntate intitolato “Scorie a riposo”. Dal mancato monitoraggio alle condizioni fatiscenti, dai dubbi sulla sicurezza fino al possibile inquinamento delle zone limitrofe, i piccoli depositi sparsi sul territorio nazionale difficilmente possono essere una soluzione per il futuro.
Era già chiaro purtroppo che il tempo a disposizione per scegliere il luogo più adatto dove costruire il deposito nazionale di scorie nucleari fosse davvero risicato, di certo però sembrava una decisione su cui non si sarebbe potuti e dovuti tornare indietro. Sappiamo che avremmo dovuto completare il processo di selezione della località definitiva nella quale sarebbe dovuto sorgere il deposito nazionale per la gestione delle scorie nucleari entro il 2023. Per arrivare a completare la costruzione del deposito entro il 2029. Adesso non sappiamo più nulla. L'ultima notizia nel sito depositonazionale.it ci dice che "l'iter di localizzazione del sito idoneo a ospitare il DNPT prosegue pertanto, come previsto dal Decreto, con la procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) sulla proposta di CNAI". E che "il 26 novembre 2024, il MASE ha avviato la fase di scoping, prevista dalla procedura di VAS con il supporto tecnico di Sogin. Al termine della procedura di VAS ed entro 30 giorni, Sogin aggiorna la proposta di CNAI e il relativo ordine di idoneità, rinviandola al MASE che, entro 30 giorni, recepisce il parere tecnico di ISIN. Con un proprio decreto, il MASE di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti approva la la CNAI con relativo ordine di idoneità che è pubblicata sui siti internet dei due Ministeri, di ISIN e di Sogin".
Dalla CNAPI alla CNAI: il lungo percorso partecipato
Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire a cosa ci stiamo riferendo. Era il 4 giugno 2014 quando l’ISPRA, cioè l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha pubblicato la Guida Tecnica n. 29. Questo documento conteneva 28 diversi criteri utili ad individuare le aree idonee ad ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi. Di fatto quindi le aree del territorio italiano che avevano almeno una di queste caratteristiche venivano escluse dalla possibilità di poter essere la sede di questo deposito. I criteri passano dalle aree vulcaniche attive o quiescenti fino a quelle interessate da fenomeni di fagliazione, dalle aree sismiche fino a quelle costiere. Una serie di criteri, riassunti nella gallery sottostante, che di fatto hanno permesso di escludere gran parte del nostro territorio.
L'insieme delle aree che al termine della fase di indagine sono risultate non escluse è andato a costituire la proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) a ospitare il Deposito Nazionale. La CNAPI quindi comprendeva 67 diverse aree potenzialmente idonee, divise in 7 regioni italiane.
L’ultimo passaggio poi è stato quello dal potenziale al reale, cioè dalla Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) alla Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI).
Era il 15 dicembre 2023 quando scrivevamo che “le zone individuate dalla Carta Nazionale sono 51, anche se entro 30 giorni i territori non presenti nella proposta possono avanzare la propria candidatura. I 51 luoghi che sono stati reputati idonei si trovano in sei diverse regioni d’Italia: Basilicata, Piemonte, Puglia, Lazio, Sardegna e Sicilia”.
A questo si doveva aggiungere che l’unico Comune che si è di fatto auto candidato è stato Trino Vercellese, in Piemonte.
E ora, dove mettiamo le scorie?
Ora le dichiarazioni di Pichetto Fratin sparigliano le carte. Da un lato sembra esserci la voglia d’andare verso un possibile utilizzo dell’energia nucleare, con relativa apertura di nuove centrali, dall’altro però bisogna capire poi dove mettere tutte le scorie, consapevoli che quando parliamo di rifiuti che sarebbero dovuti essere tumulati nel deposito unico nazionale, non intendiamo solo le scorie derivanti dalle centrali nucleari. Si parla più propriamente di rifiuto radioattivo e si intende il “materiale, oggetto o struttura che contiene sostanze radioattive, non ha utilità e che, a causa della sua radioattività, deve essere reso innocuo.
I rifiuti radioattivi quindi non possono essere smaltiti ma devono essere isolati in modo affidabile. In Italia tali rifiuti sono classificati in cinque modi diversi: rifiuti a vita molto breve che come destinazione hanno lo smaltimento convenzionale, rifiuti di attività molto bassa e rifiuti di bassa attività. Proprio questi ultimi sarebbero dovuti essere destinati allo smaltimento nel Deposito Nazionale (in Italia sono circa 78mila metri cubi) mentre le ultime due classificazioni, rifiuti di media attività e di alta attività, sarebbero dovuti essere stoccati temporaneamente. Dalle parole del Ministro, tutti questi rifiuti dovranno essere messi nei depositi esistenti, non si sa però in che modo e per quanto tempo.
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La serie Scorie a riposo è sviluppata in parte con il supporto di Journalismfund.eu