Centrale del Garigliano durante la demolizione del camino. Sogin
Il 15 marzo Sogin, cioè la società responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare, ha consegnato al Mite, il Ministero della transizione energetica, la mappa delle località che destinate ad ospitare il deposito nazionale di scorie nucleari.
Il percorso per trovare il luogo adatto dove tumulare 33 mila metri cubi di rifiuti radioattivi va avanti da circa 20 anni ed ora è ad un punto di svolta. Ci sono Paesi in Europa, come ad esempio la Finlandia che hanno portato a termine sia l’iter decisionale che la costruzione dell’impianto stesso e sono pronti per sotterrare le scorie. L’Italia invece è indubbiamente a buon punto ma la scelta deve tener conto di diversi fattori che riassumiamo qui di seguito.
Nei giorni scorsi quindi, è stato fatto un altro piccolo passo in avanti verso la decisione finale. Sogin ha consegnato al Mite le “carte”, o a dirla in modo più preciso la CNAI, cioè la Carta Nazionale delle Aree Idonee ad ospitare il Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi e Parco Tecnologico. Questo documento è l’evoluzione della CNAPI, cioè la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee su cui dal 5 gennaio 2021 al 14 gennaio 2022 c’è stata una grande consultazione pubblica.
Entro 60 giorni Sogin doveva consegnare la mappa al Ministero e così è stato. Ora la proposta di CNAI verrà valutata dal Mite che, acquisito il parere tecnico dell'Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione (ISIN), deve approvare con proprio decreto la Carta, di concerto con il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili. La mappa poi verrà pubblicata sui siti internet di Sogin, dei due Ministeri e dell'ISIN. Un nota di colore però bisogna aggiungerla sperando che non si avveri il detto “il buongiorno si vede dal mattino”. Il 16 marzo scorso, giorno in cui Sogin ha comunicato, tramite comunicato stampa ripreso da diverse testate giornalistiche, l’avvenuto invio al Mite della CNAI, il sito della società è andato in down, seguito anche da quello realizzato appositamente per il deposito nazionale (https://www.depositonazionale.it/).
Chi gestisce i rifiuti
I tempi per la realizzazione concreta del deposito nazionale sono ancora lunghi. Oltre all’accettazione ministeriale poi, bisogna calcolare anche la costruzione stessa del deposito che, come abbiamo visto in Finlandia, non sarà di certo breve. Ma nel frattempo dove sono i rifiuti nucleari? Per capirlo bisogna leggere l’inventario nazionale dei rifiuti radioattivi rilasciato dall’ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione. La premessa che bisogna fare, prima di analizzare i dati nel concreto, è che l’inventario stesso è predisposto sulla base dei dati che annualmente i diversi operatori trasmettono. La responsabilità della detenzione e gestione in sicurezza dei rifiuti stessi infatti è sulle loro spalle.
Gli operatori nazionali che ad oggi hanno la gestione dei rifiuti radioattivi sono principalmente quattro: SO.G.I.N. S.p.A., Deposito Avogadro S.p.A., Enea, Nucleco, Centro Comune di Ricerca (Ispra) della Commissione Europea.
La prima società quindi è la Sogin S.p.a., cioè proprio la stessa che nei giorni scorsi ha inviato al Ministero la CNAI. La Sogin nasce a seguito del D.Lgs n. 79 del 16 Marzo 1999 che ha disposto la trasformazione dell'ENEL in una “Holding” formata da diverse società indipendenti. La creazione ufficiale della società è stata effettuata nel novembre del 1999 ed inizialmente era una società del gruppo Enel.
12 anni prima, in Italia, c’era stato un referendum che aveva di fatto chiuso le centrali nucleari. La SO.G.I.N. quindi è nata proprio con l’obiettivo di smaltire queste scorie ed è una società a tutti gli effetti pubblica, le cui azioni sono state assegnate al Ministero del Tesoro. Dal 1999 ha ereditato gli impianti nucleari italiani.
La storia del nucleare in Italia
L’Italia infatti a metà anni ‘60 era una potenza dal punto di vista dell’energia nucleare. Nel 1966 era il terzo produttore al mondo dopo Stati Uniti e Inghilterra. La costruzione della prima centrale nucleare italiana è stata del 1963. Una centrale che seguiva la precedente costruzione del primo reattore, avvenuta in Italia tra il 1957 ed il 1959. Era il reattore di Ispra in provincia di Varese. Contestualmente poi, fu costruito anche il Centro di Ricerca dall'allora Comitato Nazionale per la Ricerca Nazionale (CNRN), successivamente cambiato in Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare (CNEN). Il reattore Ispra 1 funzionò dal 20 novembre 1959 al 30 maggio 1973
La centrale di Latina invece, era la più potente a livello europeo. Per la costruzione era stata scelta una zona limitrofa al litorale ed i lavori iniziarono il 20 novembre 1958. Situata nella frazione di Borgo Sabotino del Comune di Latina costò circa 35 miliardi e fu finanziata dalla Nuclear Power Plant e dall’Agip Nucleare. La produzione di energia elettrica iniziò il 1 giugno 1963 mentre l’arresto definitivo avvenne il 24 dicembre 1987. Dal 1999, come le seguenti altre centrali, è di proprietà della Sogin. La seconda centrale nucleare italiana venne ultimata poco dopo quella di Latina. La zona scelta dove costruire quest’impianto fu quella di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta. Lungo il fiume Garigliano, da cui prese il nome e anche a causa del quale furono diversi gli interventi onerosi di manutenzione, la centrale rimase attiva fino al 1978. Proprio in quell’anno furono diversi i lavori per manutenere la centrale, lavori che vennero considerati troppo onerosi, tanto che il 1 marzo 1982 si decise di chiudere definitivamente la centrale.
Passò solo un anno dall’attivazione dell’impianto di Garigliano che pure quello di Trino Vercellese fu pronto per la produzione di energia. La sua costruzione iniziò nel 1961 e la particolarità della centrale intitolata ad Enrico Fermi era quella di essere alimentata unicamente da combustibile di produzione nazionale. La centrale fu poi chiusa in seguito al referendum del 1987.
L’ultima centrale nucleare attiva in Italia fu costruita dal 1970 al 1978 su commissione diretta dell’Enel. Situata in località Mezzanone di Zerbio, frazione del comune italiano di Caorso, in provincia di Piacenza aveva un unico reattore da 860 MW. Chiuse la sua attività nel 1990. Anche questa, come le altre, dal 1999 è di proprietà della Sogin.
Dove sono le scorie nucleari adesso
In attesa di un deposito unico i rifiuti radioattivi, il combustibile esaurito, le sorgenti dismesse e le materie nucleari sono ora custodite in diversi luoghi sparsi per l’Italia. Abbiamo visto precedentemente quali sono gli operatori che ora gestiscono queste scorie, ma è interessante anche vedere precisamente la localizzazione di questi luoghi.
La Sogin Spa gestisce tutte le ex centrali nucleari italiane ed inoltre ha in gestione il materiale stipato anche negli impianti Plutonio, ITREC, OPEC 1, Bosco Marengo e Ispra-1.
L’Enea, cioè l'Agenzia Nazionale Efficienza energetica ha in gestione le scorie stipate nell’impianto Nucleco, e nei reattori di ricerca Tapiro e Triga RC1. Come abbiamo già visto poi ci sono altri due impianti, quello di Avogadro e quello del Centro Comune di Ricerca (Ispra) della Commissione Europea, gestiti rispettivamente da Deposito Avogadro Spa e dalla Commissione Europea.
Ci sono poi altri 11 diversi impianti che ad oggi custodiscono rifiuti radioattivi e sono gestiti da operatori minori. Sono tutti impianti più piccoli che però meritano un approfondimento a parte. Nei prossimi articoli di “Scorie a riposo” cercheremo di delineare una fotografia il più nitida possibile di tutti questi luoghi.
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La serie Scorie a riposo è sviluppata in parte con il supporto di Journalismfund.eu