Nel 1959 in Italia, mentre la politica era alle prese con la caduta del governo Fanfani e la nascita del governo Segni II, e mentre la Democrazia Cristiana eleggeva Aldo Moro come suo nuovo segretario, ad Ispra, un piccolo comune in Lombardia, veniva inaugurato il primo reattore nucleare italiano. Situato in provincia di Varese, a due passi dal Lago Maggiore, il reattore Ispra 1 raggiunse la sua criticità il 20 novembre 1959. Il reattore fu costruito in una zona collinare, volta all’agricoltura ed alla pesca lungo le sponde del lago, in un comune che oggi ha poco più di 5 mila abitanti.
650 ettari riconvertiti da terreno agricolo a centro di ricerca in cui contestualmente fu costruito anche il Centro di Ricerca dall'allora Comitato Nazionale per la Ricerca Nazionale (CNRN), successivamente cambiato in Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare (CNEN).
Alto 24 metri il reattore, come si legge nell’inventario nazionale dei rifiuti radioattivi, è stato sede di esperimenti in ambito nucleare, prevalentemente come sorgente di neutroni per ricerche nella fisica dello stato solido, fisica del reattore, produzione di radionuclidi e addestramento del personale specializzato.
Il reattore ISPRA-1 poteva produrre una potenza termica di 5 MW e dalla prima criticità fino al suo arresto definitivo del 31 maggio 1973, ha prodotto l’energia totale di 13500 MWd.
Inizialmente la gestione era affidata allo Stato, ma nel 1962 passo all’Euratom. Sulla base dell’accordo transattivo tra il governo della Repubblica Italiana e la Comunità Europea per l’energia atomica, e ai sensi della Legge di Bilancio 2018 n.205/2017, ratificata con legge 8 maggio 2019, n. 40, la gestione del Reattore ISPRA-1 ai fini della relativa disattivazione è stata trasferita alla SO.G.I.N. SpA.
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Il 26 settembre 2019 quindi è stato firmato l’atto di presa in carico del reattore ISPRA-1 da Sogin e dal Centro Comune di Ricerca (CCR) di Ispra (Varese) che di fatto ha trasferito a Sogin la titolarità dell’impianto. La società dal 2019 ha quindi la responsabilità dello smantellamento di un ulteriore impianto nucleare italiano, dopo le quattro centrali nucleari - Trino, Caorso, Latina e Garigliano - e i cinque impianti di ricerca legati al ciclo del combustibile – Eurex di Saluggia, Fn di Bosco Marengo, Opec e Ipu di Casaccia e Itrec di Rotondella. Le operazioni di decommissioning del reattore Ispra-1 sono state programmate da Sogin in tre diverse fasi: attività preliminari, smantellamento del reattore e bonifica finale del sito.
Un ulteriore passo in avanti verso lo smantellamento definitivo poi, è stato effettuato il 14 marzo scorso, quando la Giunta regionale lombarda, su proposta dell'assessore all'Ambiente e Clima, Raffaele Cattaneo, ha espresso parere positivo in ordine alla compatibilità ambientale del progetto di disattivazione del complesso INE (Impianto Nucleare Essor) nel Comune di Ispra (Va).
L’obiettivo quindi è quello di smantellare tutto l’impianto e ritornare alle vecchie “colline”. Le tempistiche sono di circa 11 anni per la disattivazione del reattore nucleare e di ulteriori 3 anni per le demolizioni civili ed il ripristino definitivo dell'area.
Saranno quindi completamente smantellati il reattore e i relativi sistemi e, per quanto attiene alle strutture civili, le operazioni di disattivazione pianificate includeranno lavori di demolizione limitatamente ad alcune parti strutturali attivate, come quelle in calcestruzzo che circondano il reattore, nonché le attività necessarie per la bonifica delle strutture contaminate e dei suoli contaminati. Al termine delle attività, i rifiuti non rilasciabili saranno quindi stoccati in sicurezza in aree temporanee predisposte allo scopo (Interim Storage Facility), in attesa di poter essere trasferiti al Deposito Nazionale.
Da ciò che sappiamo attraverso l’inventario nazionale dei rifiuti radioattivi, nell’impianto Ispra ad oggi ci sono 94,42 metri cubi di rifiuti radioattivi. 90,17 di questi sono ad attività molto bassa (0,03 GBq), 3,30 ad attività bassa (5,63 GBq) e 0,95 a media attività (334,20 GBq).
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