CULTURA

Cinema: "Amanda", un esordio denso di ironia e speranza

Per reggere la visione di Amanda di Carolina Cavalli, bisogna aver sviluppato una discreta tolleranza nei confronti delle adolescenti egocentriche, altrimenti il rischio di abbandono della postazione è alto. Chi per esempio avesse lasciato la sala perché non sopportava la Camilla de L'estate del mio primo bacio, tratto dal libro di Teresa Ciabatti, dovrebbe abbandonare l'idea di andare a vedere Amanda, che è la sua versione post adolescente. Cambiando forma di intrattenimento, chi non superato pagina 40 de L'acqua del lago non è mai dolce perché l'atteggiamento della protagonista Gaia lo mandava fuori dai gangheri potrebbe essere messo a durissima prova da questa pellicola.
Chiarito questo punto, chi invece ha un debole per le protagoniste psicologicamente disagiate e chi non lega la qualità e il piacere estetico di una storia al carattere dei suoi personaggi potrà trovare degli spunti interessanti in Amanda, sbarcato in anteprima al Festival del cinema di Venezia (sezione Orizzonti Extra) e pronto a uscire in sala il prossimo 13 ottobre.

La storia è quella di Amanda (Benedetta Porcaroli), una ragazza che da Parigi si è trasferita in Italia e che vive alle spalle dei suoi genitori senza avere la minima intenzione di lavorare, nemmeno nella farmacia di famiglia. Non ha mai avuto delle vere amicizie, neppure quando viveva in Francia, e questo è uno dei vari motivi per cui la madre, e soprattutto la sorella, la rimproverano. E visto che Amanda è insofferente alle critiche, specie se fondate, si convince di voler stringere un rapporto profondo con Rebecca (Galatea Bellugi), la figlia di un'amica di sua madre, che a sua volta si è chiusa in camera e non ne vuole uscire e che aveva frequentato la protagonista prima che si trasferisse a Parigi, quando entrambe erano molto piccole. Il desiderio di avere un'amica per Amanda è viscerale, al punto che arriva a manipolare le persone intorno a lei per mettere una bandierina su questo obiettivo. Diventa cattiva, eppure lo fa con le migliori intenzioni.

Niente è perduto, si dà il caso che io stia proprio cercando una migliore amica Amanda

Nel mentre compaiono un fidanzato (Michele Bravi) che tanto fidanzato non è, un cavallo da liberare e un'altra serie di personaggi che sembrano a prima vista più centrati rispetto ad Amanda, ma che sono comunque vittime di debolezze e idiosincrasie di ogni genere (esemplare la scena della madre che balla, male, da sola e senza motivo) e che condividono, ma nascondono, lo stesso egoismo della protagonista. A differenza di loro, Amanda non finge di essere diversa da quello che è, e anzi in qualche modo sbandiera i suoi difetti, un po' perché forse non riesce a farne a meno, ma un po' anche con l'orgoglio di chi vuole affrancarsi dall'ambiente ipocrita in cui ha sempre vissuto.

In effetti si potrebbe pensare che Amanda sia un film sull'isolamento, o sulla forza dell'amicizia, ma in realtà, e lo potevamo intuire dal titolo, parla semplicemente della sua protagonista, inquadrata quasi costantemente, tranne quando vengono ripresi gli altri personaggi in soggettiva, perché l'intera storia è filtrata dal suo sguardo profondamente ironico. La forza del film sta proprio in questa visione, che mette in evidenza i paradossi di quella società ipocrita a cui la protagonista risponde come può, in modo sicuramente disfunzionale cercando di convincere Rebecca a essere la sua migliore amica e Dude di essere il suo ragazzo soltanto perché lo dice lei, nel maldestro tentativo di manipolare chi intorno a lei non si comporta come vorrebbe. Questo modo di fare può generare nello spettatore fastidio o tenerezza: da una parte la protagonista si rende insopportabile, dall'altro però è l'unica che prova a uscire da uno status quo a cui tutti gli altri si sono adattati, il che non li rende persone migliori, solo più adatte ai rapporti sociali.

Amanda e Rebecca, invece, sono delle outsider, che per motivi e con modalità diverse si sono staccate da ciò che avevano intorno, seguendo una strada che le ha messe in una posizione scomoda, ma che perlomeno era la loro. Man mano che la storia va avanti, l'altrui normalità comincia a scricchiolare (divertente, ma anche esplicativo in questo senso, è il personaggio della psicologa di Rebecca) e chi ha resistito in sala finisce per affezionarsi alla protagonista, interpretata da una Porcaroli che finalmente si distacca, anche se parzialmente,  dal suo personaggio fisso, quello della debole e malinconica ragazza monoespressiva sempre apparentemente sul punto di mettersi a piangere: in Amanda pronuncia con serietà frasi profondamente ironiche, che a sprazzi sembra cogliere come tali, ma rimanendo in un territorio ambiguo che la rende irresistibile.

Lo studio di un personaggio così efficace è esaltato dall'ambientazione, che rimanda ai film americani indipendenti dominati da foreste e colori freddi e desaturati, in contrasto con le scene in cui va a svilupparsi il rapporto più autentico, anche se difficoltoso, tra le due ragazze, in cui interviene una dominante più calda. Nel complesso Amanda è un esordio di pregio, anche se perfettibile, e sarebbe un peccato perderselo per le  resistenze nei confronti della protagonista. Del resto forse siamo tutti un po' borderline, anche se riusciamo a nasconderlo!

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