SCIENZA E RICERCA

Climate change: il livello del mare metterà in pericolo milioni di persone

Immaginiamo le coste di tutto il mondo per come le conosciamo oggi: grandi e piccole città che si affacciano sul mare, litorali che si estendono per centinaia di chilometri… Bene, sarebbe forse il caso di dire che è meglio cercare di mantenere la memoria di questo paesaggio costiero, almeno stando a un ultimo paper scientifico pubblicato sulla rivista Nature Communications. Lo studio, firmato da Climate Central, un’organizzazione scientifica del New Jersey (Stati Uniti), rivede, infatti, le stime sull’innalzamento del livello del mare, dando un quadro a tinte ancora più fosche. 

Lo studio rivede le stime grazie a un nuovo sistema di calcolo che ha permesso, attraverso i dati satellitari, di prevedere come le previsioni attuali siano fin troppo ottimistiche, se basate sul modello standard finora adottato. E i risultati non sono incoraggianti: da qui al 2050 circa 150 milioni di persone che ora vivono su terre emerse potrebbero trovarsi al di sotto del livello marino durante i periodi di alta marea.

Lo sappiamo: l’aumento del livello del mare è guidato dai cambiamenti climatici. Nel XX secolo si è vista una crescita di 11-16 centimetri e – anche con un immediato e netto taglio delle emissioni di CO2, potremmo osservare un ulteriore aumento di 0,5 metri. Nel caso dello scenario peggiore, invece, nel XXI secolo questo aumento potrebbe superare, nei casi estremi, i due metri nel caso aumentasse l’instabilità delle riserve di ghiaccio nel mare antartico. Da qui si può facilmente dedurre come sia strategica la necessità di avere delle proiezioni il più accurate possibili per essere in grado di gestire possibili emergenze nelle aree costiere.

Cercando di tradurre i dati, le nuove previsioni starebbero a significare che – ad esempio – il sud del Vietnam potrebbe finire praticamente sotto acqua durante le alte maree: la popolazione potenzialmente colpita ammonterebbe a circa 20 milioni di persone, un quarto degli abitanti dell’intero Paese, e la città di Ho Chi Minh – centro economico vietnamita – finirebbe sommersa.

Un altro scenario vedrebbe la Thailandia pesantemente colpita: secondo i nuovi dati più del 10% degli abitanti sarebbe a rischio inondazioni nel 2050. Le stime precedenti parlavano solamente dell’1%. Bangkok stessa sarebbe fortemente in pericolo. 

E ancora: la città di Shangai, in Cina, potrebbe trovarsi in gran parte sotto l’acqua (comprese altre città limitrofe).

La soluzione? Certamente rimane lo sforzo – mondiale – per modificare il trend delle emissioni di gas climalteranti nell’atmosfera. Quello che è certo è che da qui a pochi anni molte zone costiere si dovranno dotare di infrastrutture di difesa per proteggersi dalle maree. Ma non può essere l’unica soluzione: uno degli autori dello studio, Benjamin H. Strauss, interpellato dal New York Times, ricorda come la città di New Orleans – già dotata di sistemi di protezione e realizzata al di sotto del livello del mare – venne devastata nel 2005 dall’uragano Katrina, chiedendosi, alla fine, “quanto in fondo a una ciotola vogliamo vivere?”.

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