SOCIETÀ

Cooperare o non cooperare? Quando il campanilismo influenza il comportamento

In uno studio pubblicato su Nature communications sono riportati i risultati di un esperimento che aveva lo scopo di indagare e quantificare la propensione a collaborare preferibilmente con i membri della stessa nazione, piuttosto che con persone provenienti da nazioni diverse. Questa tendenza, che nello studio viene definita “national parochialism” e che potremmo tradurre nella nostra lingua con il termine “campanilismo”, sembra essere un tratto comportamentale che non varia in maniera sostanziale tra culture diverse.

Lo studio in questione, infatti, ha coinvolto più di 18.000 partecipanti provenienti da 42 diverse nazioni, i quali sono stati sottoposti a una versione speciale del dilemma del prigioniero, ovvero a una situazione in cui ogni individuo coinvolto può scegliere se collaborare o meno con una persona sconosciuta, della quale non può conoscere il comportamento in anticipo e quindi sapere se collaborerà a sua volta.

I risultati di questo lavoro suggeriscono che la tendenza a cooperare preferibilmente con i membri della propria nazione sia onnipresente a prescindere dal paese di provenienza e che esistano delle differenze individuali, più che nazionali, nella propensione o meno a collaborare con persone di nazioni diverse. Inoltre, hanno osservato che il campanilismo influenza le scelte di cooperazione degli individui sia che queste siano pubbliche, sia che rimangano private.

“La cooperazione è un campo di ricerca che coinvolge diversi ambiti scientifici, tra cui la psicologia sociale, l'economia comportamentale, l'antropologia e la biologia”, racconta a Il Bo Live Angelo Romano, primo autore dello studio e ricercatore in psicologia sociale all'università di Leiden. “Con questo tipo di esperimenti si studia il comportamento di persone che devono investire delle risorse, ma che comportandosi in modo cooperativo possono ottenere un beneficio maggiore rispetto a quello che otterrebbero se si comportassero in modo egoista. Si utilizzano quindi dei paradigmi di stampo economico: ai partecipanti all'esperimento vengono assegnate delle risorse monetarie e viene chiesto loro di interagire con altri soggetti, solitamente sconosciuti, per cercare di aumentare la ricchezza iniziale. In base al loro comportamento viene valutato il grado di cooperazione.

Per studiare la cooperazione in relazione al campanilismo, ai soggetti in questione viene data soltanto un'informazione sulla persona con la quale dovranno interagire, e questa riguarda la sua nazionalità o, più in generale, l'appartenenza a un gruppo sociale. In queste situazioni, si può osservare la tendenza dei partecipanti a cooperare di più quando sanno che il partner fa parte della loro stessa nazione”.

L'intervista completa ad Angelo Romano, primo autore dello studio “National parochialism is ubiquitous across 42 nations around the world”, Nature 2021. Montaggio di Elisa Speronello

“Abbiamo reclutato circa 400 soggetti per nazione su un totale di 42 nazioni attraverso un panel online”, continua Romano. “Tutti loro sono stati informati della possibilità di guadagnare una somma di denaro ulteriore (rispetto alla ricompensa che avrebbero comunque ricevuto per aver preso parte allo studio) ottenibile attraverso un'interazione con altri partecipanti all'esperimento.

I soggetti hanno ricevuto 10 unità monetarie che avevano lo stesso valore economico in tutte le nazioni e ognuno di loro ha dovuto prendere sostanzialmente tre decisioni: una in seguito all'interazione con un partner della stessa nazione, una con un membro di una nazione diversa e una senza sapere se l'altra persone fosse della stessa nazione o meno.

I partecipanti hanno dovuto prendere delle decisioni in base a una regola che rappresenta il paradigma sperimentale per studiare la cooperazione, ovvero il dilemma del prigioniero. Nella variante che abbiamo utilizzato noi, essi potevano investire parte, nulla o la totalità delle 10 unità monetarie a loro disposizione a favore dell'altro partecipante, raddoppiando la cifra iniziale. Insomma, se una persona era disposta a dare 5 unità monetarie all'altra, quest'ultima ne avrebbe ricevute 10. Allo stesso tempo, venivano informati che anche l'altro partecipante poteva fare lo stesso.
In questo caso, una persona cooperativa avrebbe dovuto investire 10 unità monetarie aspettandosi che anche l'altra si comportasse nel medesimo modo, così da ottenere entrambi un guadagno consistente. Al contrario, una persona non cooperativa, che agiva per il suo interesse individuale, si comportava in un certo senso in maniera più “razionale”, perché il suo guadagno personale sarebbe stato ancora maggiore se non avesse investito nessuna delle sue unità monetarie e si fosse accaparrata anche l'investimento dell'altro partecipante”.

Studi precedenti condotti per indagare il campanilismo all'interno di alcune nazioni dimostravano una tendenza generale dei partecipanti a cooperare di più, e quindi a investire somme maggiori, quando interagivano con membri del loro stesso gruppo.

“Uno degli obiettivi principali del nostro studio era quello di scoprire se questo fenomeno fosse presente anche in altre nazioni e se fosse collegato a determinati fattori culturali, economici o ambientali”, spiega Romano. “Tenendo conto di alcune teorie presenti nella letteratura scientifica, ci aspettavamo un'alta variabilità del livello di campanilismo tra le nazioni.
Invece, è stato sorprendente scoprire che questa inclinazione a favorire i propri connazionali rispetto a persone di altri paesi sembra essere onnipresente. In 39 nazioni su 42, in particolare, abbiamo riscontrato una differenza statisticamente significativa nella cooperazione tra i membri della propria nazione e quelli di altre nazioni. Anche nelle restanti tre nazioni è possibile osservare una tendenza nella stessa direzione, per quanto meno marcata e non statisticamente significativa”.

Foto: “National parochialism is ubiquitous across 42 nations around the world”, A. Romano et al., Nature Communications 2021 https://doi.org/10.1038/s41467-021-24787-1. http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/.

Questo tipo di campanilismo, quindi, sembra presente allo stesso livello tra nazioni”, continua Romano. “Si nota, piuttosto, una variabilità individuale nel comportamento degli individui all'interno delle nazioni. Questo significa che tutti i partecipanti differivano in media nel loro grado di campanilismo a seconda del genere, del livello educativo e dell'ideologia politica. Ad esempio, abbiamo osservato che, in generale, gli uomini tendono a favorire maggiormente i membri della loro stessa nazione rispetto alle donne, le quali invece si comportano solitamente allo stesso modo sia con i connazionali, sia con persone la cui appartenenza nazionale non era specificata. I nostri risultati suggeriscono anche che le persone che hanno un livello educativo più alto tendono a discriminare di meno in base alla nazione, e lo stesso vale per chi abbraccia un'ideologia politica più vicina all'area di sinistra o in generale meno conservatrice.

Inoltre, siccome speravamo di riuscire a trovare qualche fattore in grado di moderare gli effetti del campanilismo, abbiamo anche sottoposto i partecipanti a una condizione in cui venivano informati che la loro decisione poteva essere o pubblica o privata, per vedere se questa discriminante potesse modificare il loro comportamento. Non è stato così: abbiamo osservato che il campanilismo orientava le scelte dei partecipanti sia che queste fossero pubbliche, sia che fossero private”.

Molte sfide sociali, ambientali ed economiche richiedono cooperazione tra le nazioni. Riuscire a gestire la tendenza a favorire i membri dello stesso gruppo può rivelarsi cruciale per risolvere con successo queste sfide, quando esse trascendono i confini “National parochialism is ubiquitous across 42 nations around the world”, A. Romano et al., Nature Communications 2021

Lavori come quello di Romano e coautori possono assumere un'importanza centrale in un momento storico in cui è necessario definire delle strategie condivise a livello globale per fronteggiare i grandi problemi della nostra epoca, come la pandemia e il riscaldamento globale, che per essere affrontati necessitano di una cooperazione internazionale. Come viene sottolineato fin dall'inizio nello studio, infatti, il campanilismo nazionale limita il contributo che gli individui, i gruppi sociali e le organizzazioni statali apportano a beneficio della popolazione mondiale.

“Esistono molti limiti alla cooperazione tra individui, e possono variare in base alle circostanze”, riflette Romano. “Le situazioni che si studiano con il dilemma del prigioniero si possono applicare sia alle interazioni a livello di gruppo, sia a livello macro, quando pensiamo per esempio alle strategie per affrontare i grandi problemi globali.
Da un certo punto di vista, possiamo anche immaginare una società globalizzata in cui non esistono più dei “confini” tra nazioni e in cui i cittadini sono sempre più abituati, giorno dopo giorno, a interagire con persone di altre nazionalità. Studi come questo, quindi, diventano cruciali per capire come portare il grado di cooperazione tra membri di nazioni diverse almeno allo stesso livello di quello tra connazionali.

In questo senso, il nostro lavoro può essere considerato un primo passo in questa direzione. Abbiamo osservato che al netto di differenze individuali, nazionali ed economiche esistono ancora dei gap a livello di cooperazione. La questione che cercheranno di risolvere le ricerche future, quindi, sarà come colmare questo gap”.

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