SCIENZA E RICERCA

Il valore della comunità

Cooperazione e complessità sociale vanno spesso di pari passo, nel mondo naturale. Le società più strutturate e complesse, infatti, presuppongono che tra i propri membri vigano relazioni di cooperazione, più che di competizione.

Una delle strutture sociali più articolate tra quelle esistenti è la società multilivello, cioè un grande gruppo popolazionale organizzato secondo diversi livelli di parentela o, più in generale, di vicinanza tra membri (gruppi con legami più stretti e gruppi con legami più laschi) e diversi gradi gerarchici. Fino ad oggi, il paradigma dominante nella biologia comportamentale e nell’ecologia è consistito nell’idea che lo sviluppo di questo tipo di società, caratterizzato da un alto tasso di cooperazione tra i suoi membri, fosse possibile solo in presenza di capacità cognitive superiori: esempi di società multilivello erano stati riscontrati soltanto in diverse specie di primati, in alcuni cetacei e negli elefanti africani, specie a cui è comunemente riconosciuto il possesso di una forma di intelligenza ‘superiore’ (cioè, fuori dal pregiudizio antropocentrico, più simile a quella umana).

Ma una mole crescente di studi sta mettendo in discussione questo paradigma, mostrando, ad esempio, che società multilivello si sono sviluppate anche in alcune specie di uccelli. Tra gli studiosi che lavorano per un cambiamento di paradigma in questo ambito di ricerca vi è il ricercatore italiano Ettore Camerlenghi, in forze all’università di Monash, in Australia. Insieme al suo gruppo di ricerca, Camerlenghi studia le caratteristiche comportamentali di una specie simbolo dell’Australia: il Malurus cyaneus, lo scricciolo azzurro australiano, un piccolo uccello passeriforme che da tempo attira l’attenzione dei ricercatori per la sua spiccata tendenza a comportarsi in modo cooperativo nel periodo riproduttivo (cooperative breeding).

In ambito ornitologico, la maggior parte delle ricerche si è storicamente concentrata proprio su quel che accade nel periodo riproduttivo: a contribuire a questo bias vi sono non solo ragioni teoriche, di genuino interesse scientifico, ma anche fattori pratici: ad esempio la presenza del nido, che rende le osservazioni molto più semplici. Ma nella maggior parte degli uccelli – fatta eccezione per le specie che vivono nelle zone tropicali, dove la riproduzione avviene nel corso dell’intero anno – il periodo riproduttivo si concentra in una finestra temporale molto breve: quel che accade, a livello comportamentale, nei restanti mesi dell’anno è quasi del tutto ignoto.

Nel corso dei suoi studi, Camerlenghi ha lavorato per colmare questa mancanza facendo luce sulle dinamiche sociali delle popolazioni di scricciolo azzurro australiano al di fuori del periodo riproduttivo e, in particolare, durante i freddi e difficili mesi invernali: «Mentre conducevo le mie ricerche sulla struttura sociale dello scricciolo – spiega il biologo – è comparso uno studio che dimostrava la presenza di società multilivello in un uccello africano, la faraona vulturina (Acryllium vulturinum): era la prima volta che si associava questo tipo di organizzazione sociale a una specie di uccello.

Avevo notato che la mia specie modello aveva un comportamento particolare: i gruppi rimanevano coesi anche d’inverno, ma si fondevano con altri gruppi vicini, formando dei clan, che a loro volta si fondevano con altri clan, costruendo delle “super unità”. Questa struttura è esattamente quella di una società multilivello, caratteristica che fino ad ora era stata descritta soltanto in relazione a poche specie di primati, agli elefanti africani, alle orche, ai capodogli e a una specie di zebra. In generale, si riteneva che soltanto animali con una long life history, grandi cervelli e una qualche forma di espressione culturale potessero formare questo genere di società, in cui H. sapiens vive da almeno trecentomila anni – o forse persino di più: probabilmente già le popolazioni di H. ergaster erano organizzate in società multilivello».

In alcuni lavori precedenti, Camerlenghi e il suo gruppo di ricerca australiano avevano studiato il legame tra la prevalenza di comportamenti cooperativi e le condizioni di instabilità ambientale (definita harshness dai ricercatori), dimostrando che la cooperazione si manifesta soprattutto in condizioni ambientali sfavorevoli (ad esempio, quando le risorse di cibo sono scarse). In studi successivi, i ricercatori si sono cimentati nell’applicare domande di ricerca e metodologie sviluppate nell’ambito della primatologia e dell’antropologia (le discipline che hanno maggiormente approfondito lo studio delle società multilivello) allo studio comportamentale dello scricciolo azzurro australiano.

«Il primo aspetto che abbiamo descritto è la struttura della società negli scriccioli, e abbiamo riscontrato un legame molto forte tra forme di cooperazione riproduttiva e l’evoluzione di una società multilivello. Il passo successivo è consistito nel replicare un esperimento sulla cooperazione che era stato realizzato da un gruppo di antropologi in alcune popolazioni di cacciatori-raccoglitori sia nelle Filippine che in Congo: abbiamo trovato nella nostra specie gli stessi pattern descritti nelle popolazioni umane di cacciatori-raccoglitori interessate da quegli studi. Abbiamo perciò iniziato a riflettere sul fatto che, forse, questa specie – nonostante la sua distanza filogenetica da noi umani – potesse aiutarci a rispondere a domande molto generali su come evolve una società multilivello».

In un lavoro di ricerca precedente a quello pubblicato da poco sulla prestigiosa rivista scientifica Proceedings of the Royal Society B, gli studiosi avevano mostrato che gli scriccioli azzurri australiani sono perfettamente in grado di riconoscere i singoli individui e di ricordare a quale livello sociale (più vicino o più lontano dal proprio gruppo familiare) appartengono; inoltre, avevano confermato che essi mostrano atteggiamenti cooperativi nei confronti dei loro conspecifici – ad esempio, aiutandosi a vicenda in caso di pericolo – ma impegnandosi con un’intensità maggiore per membri appartenenti al proprio gruppo, un po’ meno per i membri della cerchia estesa del proprio clan, e ancora meno per gli individui sconosciuti.

«Ci siamo poi chiesti quali fossero le condizioni che favorivano questo tipo di cooperazione. Un’ipotesi mutuata dall’antropologia è che in queste società multilivello la cooperazione offra dei benefici soprattutto quando le condizioni ambientali sono dure. Sappiamo che per questa specie di scricciolo l’inverno è un periodo estremamente difficile. L’individuo va in torpore, riducendo la temperatura corporea fino a pochi gradi durante la notte, e altri studi hanno misurato in questa specie un picco di mortalità che si concentra in alcune settimane, coincidenti con il periodo più freddo dell’anno. Comparando questo picco di mortalità con i miei dati che descrivevano l’evoluzione temporale della struttura della società multilivello, ho notato che le settimane in cui avevo osservato la formazione di clan più ampi erano proprio quelle più dure, con il più alto tasso di mortalità. Questa evidenza sembrava confermare la validità dell’ipotesi proveniente dagli studi antropologici su H. ergaster, che ipotizzavano il vantaggio della cooperazione in momenti di harshness».

Per confermare in modo conclusivo la validità delle osservazioni e dei dati raccolti, i ricercatori hanno sottoposto gli uccellini a un esperimento di playback, registrando il grido di aiuto degli individui che venivano catturati e riproducendolo per valutare se effettivamente gli altri membri della comunità fossero in grado di riconoscere i conspecifici. La particolarità è che questo esperimento è stato ripetuto sia nella stagione fredda che durante il periodo riproduttivo, quando le condizioni ambientali sono favorevoli e le risorse abbondanti, e lo scricciolo azzurro australiano ha un comportamento territoriale e non forma società multilivello.

«Abbiamo simulato la presenza di un predatore riproducendo grida d’allarme di alcuni individui, e abbiamo filmato le reazioni del gruppo: quel che è emerso è una evidente differenza tra le reazioni nelle diverse stagioni. Era come se ci fosse un “interruttore della cooperazione” che veniva acceso e spento: durante la stagione riproduttiva, durante la quale le risorse abbondano, c’è poca tolleranza tra i vicini e maggiore aggressività per difendere le risorse; invece, quando le risorse diminuiscono, la conflittualità cala, e gli individui diventano generalmente più tolleranti e si aiutano tra di loro. Questo risultato corrobora l’ipotesi che le società multilivello, almeno in alcune specie, si siano evolute proprio per aumentare la cooperazione e la tolleranza in momenti di grande instabilità ambientale. Che ci fosse un legame tra cooperazione a livello riproduttivo e instabilità ambientale era noto: noi abbiamo messo in luce l’altro lato della medaglia, mostrando che se, da una parte, la cooperazione tra individui nel periodo riproduttivo aumenta la fitness [cioè il successo riproduttivo, n.d.r.], la cooperazione tra clan aumenta la probabilità di sopravvivenza».

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