CULTURA

Il coraggio di essere illuministi

L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpevole. Minorità è l’incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza essere guidati da un altro. Sapere aude! – Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell’illuminismo

(I. Kant, Risposta alla domanda: che cos'è l'illuminismo?, 1784)

Quando sentiamo parlare di illuminismo, cos'è che ci viene in mente? Il nostro pensiero, bene o male, tende a collocare questo termine al XVIII secolo, alle figure di intellettuali, filosofi, giuristi, scienziati, come Kant, Diderot, Montesquieu, Beccaria, Newton. Ci vengono in mente le enciclopedie, i valori della rivoluzione francese, la Déclaration des Droits de l’Homme del 1789, ma anche la libertà dalla censura, la volontà di fare pubblico uso della propria ragione in tutti i campi, e la democrazia e la giustizia sociale come prerequisiti per potersi servire al meglio delle capacità del proprio intelletto.

Per Kant, l'illuminismo è l'uscita dell'uomo da uno stato di minorità, intesa come una condizione tutt'altro che virtuosa, caratterizzata da una sorta di pigrizia congenita, che lo porta ad accettare dogmi, falsi miti e ogni genere di idea che non sia sostenuta da valide motivazioni. L'illuminismo, insomma, è criticità. È capacità di utilizzare la mente e discernere attivamente tra le cose che ci inculcano e le nostre considerazioni personali a riguardo.

Abbiamo deciso di domandare al professor Umberto Curi, docente di filosofia all'università di Padova, di parlarci dell'argomento, in parte trattato, tra l'altro, nel suo testo La porta stretta. Come diventare maggiorenni.

“Il riferimento principale è quello all'importante contributo kantiano che compare originariamente nel 1784. Apparentemente si tratta di uno scritto minore, perché è molto breve (si tratta, infatti, di una decina di pagine) che non viene pubblicato in una rivista accademica e specialistica di filosofia, ma in una rivista di varia umanità. Questo testo è la risposta a una domanda apparsa nella stessa rivista, da parte di un pastore luterano che chiedeva che qualcuno gli spiegasse in che cosa consistesse l'illuminismo”, racconta il professore. “Vista la circostanza non particolarmente significativa, a sorpresa Kant prende l'iniziativa di pubblicare un articolo che riprende l'interrogativo del pastore fin dal titolo: risposta alla domanda che cos'è l'illuminismo. Lo scritto, passato quasi inosservato per due secoli, poi ha conosciuto una straordinaria risonanza quando, nel 1984, Michel Foucault richiamò l'attenzione a riguardo, dicendo che a suo giudizio questo testo segnasse l'inizio dell'età contemporanea, poiché rappresentava una vera e propria svolta decisiva nella tradizione filosofica e culturale dell'occidente”.

Secondo Foucault, Kant avrebbe compreso che l'essenza della nostra contemporaneità, che si condensa con il termine illuminismo, che consisterebbe nella capacità di ragionare con la propria testa. Ed è questa l'anima dell'illuminismo e della contemporaneità. È questo che dovrebbe venirci in mente quando sentiamo parlare di illuminismo. Non è un periodo storico fatto e finito, fermo in un tempo passato. L'illuminismo è la valorizzazione delle proprie capacità, senza soggiacere né ai vincoli del dogmatismo, né a condizionamenti da parte di qualunque autorità intellettuale.

“Molto importante è anche l'individuazione dei nemici di questa autonoma capacità di ragionamento”, continua Curi. “Secondo Kant, sono i precetti e le formule, due strumenti che rendono impossibile l'autonomo lavoro intellettuale e che vincolerebbero a un atteggiamento passivo e conformistico di puro assoggettamento all'autorità”

Se l'illuminismo non va ridotto a un secolo, se ancora vive oggi, allo stesso modo vivono i suoi nemici. Esiste ancora la minaccia di un'autorità che si instauri al di sopra della nostra autonomia intellettuale?

“Credo che avrebbe ragione Foucault a sottolineare, in forma anche polemica, che a contraddire la capacità di pensare con la propria testa siano quei tutori che vorrebbero tenerci in soggezione e che vorrebbero pensare al posto nostro”, riflette Curi. “Questa sottolineatura sia ancora oggi molto importante. Il passaggio dalla minore età alla maggiore età non è una transazione dovuta a motivi anagrafici ma è il passaggio dall'essere sottoposti all'autorità di tutori che rivendicano il diritto di pensare al nostro posto a una fase in cui invece si reclamano la libertà e l'autonomia del pensiero. Credo che questo breve scritto kantiano, così a lungo dimenticato e scarsamente valorizzato, davvero possa rappresentare la chiave di comprensione e l'essenza dell'illuminismo e dei pericoli che insidiano la piena affermazione dei suo valori”.

Sembra lecito domandarsi, allora, chi o cosa, oggi, rappresenti questi famigerati nemici ai valori dell'illuminismo.

“Innanzitutto, il sistema della comunicazione di massa molto spesso ha come effetto non già la valorizzazione dell'autonomia intellettuale, ma il tentativo di instaurare un conformismo di opinioni, che è l'esatto opposto della libertà di pensiero e della capacità di ragionare con la propria testa”, afferma Curi. “Poi, certamente, un altro pericolo o un altro avversario da sconfiggere è l'atteggiamento che hanno per lo più gli esponenti politici che trattano i cittadini non come persone di cui rispettare l'autonomia, ma come soggetti da indottrinare o da tenere sotto controllo attraverso quello che io ritengono essere il male peggiore dalla politica: non dire la verità; ingannare i propri interlocutori. Da questo punto di vista, le osservazioni che Kant fa a proposito di quelli che si ergono come nostri tutori mi sembra di grande attualità, tenendo conto che l'atteggiamento di buona parte della politica è proprio quello di espropriare i cittadini dalla loro capacità di controllare, valutare e giudicare, e ridurli invece alla passività lasciandoli fuori dalle loro manovre”.

Cos'è, allora, che può liberare l'uomo dall'ignoranza, dalla superstizione e dai limiti che spesso egli accetta di sopportare alla sua crescita intellettuale? La risposta si trova già dentro di lui. Il lume della ragione è il suo faro di speranza e costituisce il mezzo grazie al quale può liberare e innalzare se stesso.

Come si possono promuovere, allora, l'atteggiamento critico e il pensiero intelligente? Dov'è che risiede la speranza di un illuminismo ancora vivo e attivo? Un elemento fondamentale dovrebbe essere la promozione della cultura. Quest'esigenza di diffondere e riordinare il sapere fu proprio il motivo per cui nacquero le enciclopedie, connessa all'idea che la conoscenza fosse il principale motore del progresso umano.

“Mentre sono morosi e agguerriti i nemici del libero pensiero, non è facile indicare campioni ai quali riferirsi positivamente. Io credo che l'attenzione maggiore andrebbe riservata alle istituzioni formative. Quindi anche riconducendoci ad alcuni scritti minori di Kant, precedenti a quello del 1784, bisognerebbe riconoscere che davvero il compito primario delle istituzioni formative dovrebbe essere quello di mettere gli alunni in condizione di pensare con la propria testa. Mentre invece spesso le grandi possibilità che hanno le situazioni formative, visto che hanno l'opportunità di formare i giovani per un numero di anni considerevole, queste opportunità o sono sprecate o sono sviluppate in maniera opposta rispetto alla valorizzazione del libero pensiero. Certo, c'è una connessione che non può che suscitare allarme. Anche i governi che si sono succeduti nell'ultimo periodo si distinguono per la scarsa considerazione che dimostrano nei confronti delle potenzialità della scuola, della ricerca e dell'università”.

Credo che nulla di buono possa venire ad una società che non valorizza adeguatamente le potenzialità della ricerca intellettuale e nel lavoro di indagine scientifica e tecnologica Umberto Curi

Non si può dire, in conclusione, che il pensiero illuminista sia scomparso. Lontano dall'essere un mero prodotto del suo tempo, si tratta bensì di una forma mentis e, perché no, di un modo di essere, portatore di alcuni valori tutt'altro che estranei rispetto al nostro presente.

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