SOCIETÀ

Il coronavirus e i danni che non si vedono: quelli psicologici

Il peggio sembra sia passato. I ricoverati in terapia intensiva diminuiscono costantemente, e le attività, piano piano, riprendono. Si potrebbe pensare che il coronavirus sia ormai alle nostre spalle, e invece, al netto della crisi economica di cui sicuramente si parlerà, ci sono altri danni collaterali su cui si tende a glissare: quelli psicologici.
Si potrebbe pensare che l'isolamento sociale imposto dall'emergenza non abbia ripercussioni una volta concluso, ma purtroppo non sempre le cose vanno così, anzi. Se c'è un ritornello social con un fondamento psicologico è che non torneremo come prima, o comunque non sarà facile.

"Ci sono due principali variabili da considerare: - spiega Tiziana Metitieri, neuropsicologa clinica dell'ospedale Anna Meyer di Firenze - da una parte il carattere della persona, e dall'altra gli eventi che hanno caratterizzato la quarantena dei singoli".
Se è vero che esiste chi, chiuso in casa, non sta malissimo, magari perché non era da solo, era distratto da un lavoro appagante o è riuscito a trovare degli hobby che gli hanno riempito le giornate, c'è anche chi invece era abituato a trascorrere il tempo fuori casa e aveva una scarsa propensione al cambiamento e all'adattamento. Queste persone hanno vissuto la quarantena come una vera e propria prigionia, caratterizzata da vari disturbi, come per esempio quelli del sonno e dell'umore. E poi ci sono tutti quelli che hanno subito un danno diretto della pandemia".

E poi ci sono quelli che sono stati colti dalla quarantena in un periodo già delicato. "Chi si trovava già in situazioni di ansia e incertezza - continua Metitieri - ha visto la situazione precipitare, magari perché ha perso il lavoro o perché è rimasto solo a casa, senza una rete di affetti che potesse dare sostegno. Ognuno ha delle risorse diverse per affrontare la solitudine: c'è chi è riuscito a ricreare la stessa vita sociale intensa che aveva prima grazie a internet, chi ha trovato un modo per occupare le giornate magari leggendo di più o suonando, ma purtroppo c'è anche chi invece non è riuscito a ricreare una rete di supporto, per esempio gli anziani che non sanno destreggiarsi con la tecnologia".

Esistono infatti categorie più fragili di altre, come i disabili e gli anziani: "Per le persone anziane che vivono sole e che già prima avevano delle interazioni limitate e basate sul faccia a faccia, la situazione era molto a rischio, anche perché alla solitudine si aggiunge la paura di uscire e di ammalarsi. Paura che, tra l'altro, non finirà al termine della quarantena" conferma Metitieri.

E poi c'è la risicata minoranza che in quarantena stava bene, perché mal sopportava la pressione sociale di prima. Anche questi individui gradualmente dovranno tornare alla normalità, con tutto l'insieme di regole sociali a cui, in varia percentuale, non riuscivano ad adattarsi e l'aggiunta di altri precetti, come per esempio l'obbligo della mascherina.

Alcuni pensano che usciremo migliorati da questa situazione, anche se al momento la media delle persone sembra più triste, aggressiva o diffidente di prima. "Io non credo proprio che ne usciremo migliori - dichiara Metitieri - e anzi il prossimo periodo sarà molto difficile per tutto il personale medico, per chi ha subito un lutto e per chi ha contratto l'infezione. Non c'è stato tempo per elaborare quello che è successo, perché in pochi mesi per molti c'è stata una tragedia enorme. Ricomporsi dal punto di vista psicologico richiede, tra le altre cose, molta solidarietà da parte del prossimo. Gli studi fatti su quarantene più brevi dimostrano che a risentirne di più sono i medici e chi si è ammalato. Il rischio, nei casi più gravi, è quello di sviluppare un disturbo post traumatico da stress".

Oltre ai medici e ai professionisti del settore sanitario in generale (oltre 90.000 tra di loro si sono ammalati, e sembra un dato sottostimato) un'altra categoria colpita psicologicamente è quella degli adolescenti. I bambini hanno una capacità di adattamento maggiore, ma la deprivazione sociale mette a rischio la salute psicologica dei più grandi, visto che è proprio in questa fascia di età che si sviluppano molte abilità sociali. A questo si aggiunge il fatto che, anche senza quarantena, molti disturbi mentali si sviluppano proprio durante l'adolescenza, quindi è facile immaginare che nei prossimi mesi molti ragazzi avranno bisogno di sostegno psicologico.

Nel complesso, quindi, la situazione appare critica, e bisogna sperare che le autorità pongano attenzione al problema, coordinando magari degli aiuti psicologici e psichiatrici per chi è stato colpito dall'epidemia nell'anima più che nel corpo.

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