SOCIETÀ

Crisi climatica. Armaroli: “La transizione energetica, un’opportunità da non perdere”

Il ventaglio di azioni da intraprendere per affrontare la crisi climatica si fa, con il passare del tempo, sempre più ristretto: ci stiamo drammaticamente avvicinando al punto in cui i danni agli ecosistemi diventeranno irreversibili, e l’unica prospettiva per la sopravvivenza della specie umana sarà l’adattamento.

Tra gli interventi che bisogna mettere in atto con più urgenza ve ne è uno, in particolare, che costituisce una sfida decisiva: l’attuazione, su scala globale, di una transizione energetica, cioè della conversione a fonti di energia diverse da quelle attualmente più diffuse. L’obiettivo consiste nell’individuare fonti energetiche meno inquinanti – in particolare, che non immettano CO2 nell’atmosfera – e nell’implementare progressivamente il loro utilizzo, fino a liberare completamente l'umanità dall’utilizzo dei combustibili fossili, nel lungo termine.

Si tratta, come accennato, di una sfida affatto semplice, sia per le dimensioni del cambiamento – che dovrebbe coinvolgere, idealmente, tutte le attività umane – sia per le resistenze opposte da un’economia largamente basata sulle fonti d’energia non rinnovabili. Per quanto il percorso verso la transizione si prospetti lungo e difficile, non si tratta di un obiettivo irraggiungibile: la scienza ha sviluppato un gran numero di soluzioni che, se applicate, possono rendere la conversione non soltanto indolore, ma anche un’occasione per arricchire la società e per migliorare, nel complesso, la qualità della vita.

È di questa opinione Nicola Armaroli, chimico, direttore di ricerca del CNR di Bologna e direttore della rivista Sapere, che da anni studia i meccanismi per la conversione dell’energia solare; a lui abbiamo rivolto alcune domande sul tema.

Servizio di Sofia Belardinelli, montaggio di Elisa Speronello

La concretizzazione della transizione energetica è un traguardo di ampia portata, che ha bisogno di essere adeguatamente declinato in modo da non avere ricadute negative nel tessuto sociale. Dott. Armaroli, secondo Lei sarà possibile attuare la transizione evitando la perdita di posti di lavoro e allontanando il pericolo di una crisi economica?

“Sicuramente sì. La transizione energetica avrà certamente ricadute positive in campo economico: al contrario dell’industria petrolifera, che genera poca occupazione, i campi dell’eolico e del fotovoltaico fanno molto affidamento sul settore manifatturiero, ad alta intensità di manodopera. Invertire la tendenza alla delocalizzazione, e aiutare le aziende nostrane a riconvertirsi per la produzione di queste tecnologie, risulta dunque cruciale. La crisi generata dalla diffusione del coronavirus ci ha insegnato proprio questo: perché un paese sia pronto ad affrontare situazioni di difficoltà deve mantenere in loco alcune aziende strategiche, è l'energia è assolutamente un settore vitale e strategico”.

L'iniziativa SUNERGY, finanziata dalla Commissione Europea

Se si amplia lo sguardo verso una prospettiva globale, ci si rende conto che la transizione energetica solleva un altro punto critico: vi è, infatti, una questione di giustizia. In quei paesi in cui ancora molte persone non hanno ancora facile accesso all'energia, come è possibile mettere in atto una transizione sostenibile? Chi ne sosterrà i costi?

“Nel contesto della crisi climatica, la questione della giustizia è di primaria importanza: la CO2, infatti, pur essendo emessa, per la maggior parte, da una minoranza della popolazione mondiale, provoca effetti negativi sull’intero pianeta, estendendo addirittura la sua influenza negativa anche sulle generazioni future. Nell’immediato, ad essere particolarmente colpiti dal cambiamento climatico indotto dalle emissioni di CO2 sono i più poveri, che hanno a disposizione meno strumenti di mitigazione per difendersi dalle sue nefaste conseguenze. Dobbiamo dunque essere consapevoli che con l’attuale sistema energetico stiamo infliggendo un’enorme ingiustizia ai più deboli del mondo.

La transizione energetica può essere, anche in questo senso, un’opportunità: con la diffusione delle tecnologie rinnovabili, il costo di produzione di energia pulita calerà, rendendo fonti come il solare e l’eolico sempre più competitive sul mercato. Di ciò potranno usufruire anche i paesi più poveri, che avranno accesso a fonti di energia a buon mercato e non inquinanti: mentre petrolio e carbone sono risorse concentrate solo in alcune regioni, il sole e il vento non hanno costo, e sono disponibili ovunque.

La vera sfida consisterà nell’attuazione di una gestione equa, a livello internazionale, di queste nuove fonti energetiche: solo attraverso una solida cooperazione internazionale, infatti, sarà possibile concretizzare un modello di sviluppo più sostenibile”.

La Terra è un'astronave che non può attraccare da nessuna parte: dobbiamo usare le nostre risorse con lungimiranza Nicola Armaroli

Le soluzioni tecnologiche attualmente disponibili non sono ancora sufficientemente diffuse: perché la transizione energetica divenga realtà sarà necessario un deciso intervento della politica, a livello tanto nazionale quanto internazionale, per guidare il cambiamento. Inoltre, sarà fondamentale anche l’impegno individuale: la riduzione dei consumi sarà un passaggio imprescindibile perché la svolta verso la sostenibilità sia effettiva. Cosa ne pensa?

“Sicuramente un incremento dell'elettrificazione determinerà un calo dei consumi di energia primaria. Volgersi all’elettrico è infatti vantaggioso almeno per due motivi: da una parte abbiamo tecnologie rinnovabili elettriche sempre più diffuse e competitive sul mercato; dall’altra i motori elettrici sono 3-4 volte più efficienti di quelli termici.

L’elettrificazione, tuttavia, non è l’unico obiettivo da raggiungere: un punto su cui ancora la scienza sta lavorando è l’individuazione di combustibili prodotti da flussi energetici rinnovabili. Dalla combustione di carbone, petrolio e gas dipende, infatti, larga parte delle emissioni di CO2, e finora non si è trovato un modo efficiente di produrre combustibili solidi, liquidi e gassosi su vasta scala, utilizzando fonti rinnovabili. Non potendo per ora rinunciare ai combustibili tradizionali – da questi infatti dipende la quasi totalità della rete mondiale dei trasporti – bisogna cercare soluzioni per il futuro. È necessario, innanzitutto, che i governi finanzino la ricerca (ad esempio, le sperimentazioni in atto che mirano a convertire in combustibili l’energia solare ed eolica) e che, al tempo stesso, indirizzino le persone verso scelte sostenibili, in modo che i grandi attori economici siano incentivati ad investire nella transizione verde.

Inoltre sarà fondamentale l’adozione, da parte dei singoli, di atteggiamenti improntati alla sobrietà: chiediamoci, ad esempio, se ogni nostro viaggio aereo – estremamente inquinante – sia necessario, o se, ogni tanto, possiamo rinunciare alla comodità dell’automobile e muoverci a piedi sulle brevi distanze. Il nostro pianeta ha dei limiti fisici che non possono essere oltrepassati: ognuno di noi ha la responsabilità di decidere il proprio agire, tenendone conto. Compiere piccoli sacrifici, riducendo i consumi individuali, non significa ridurre la qualità della propria vita: vi sono moltissime opzioni possibili per coniugare il proprio benessere con il benessere del pianeta”.

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