CULTURA

Dizionario scientifico di Gianni Rodari, 2: le atomiche nell'armadio

Ce lo ricorda spesso Alessandro Pascolini su Il Bo Live. È stato oggetto di un reportage  di Pierre Haski ripreso dall’Internazionale: gli anni ’20 del XXI secolo rischiano di essere seriamente segnati «da una corsa agli armamenti favorita da due fattori: le nuove rivalità tra le potenze e le rivoluzioni tecnologiche». In pratica, ci ritroveremo di nuovo con la bomba in casa. Non perché avesse mai davvero traslocato. Ma perché le armi nucleari ridiventano di nuovo protagoniste delle prove di forza tra le grandi superpotenze. «Il risultato – scrive ancora Pierre Haski - è che possiamo dimenticarci le speranze suscitate dopo la fine della guerra fredda dai “dividendi della pace”, in virtù dei quali la spesa militare degli stati si è ridotta sensibilmente, con alcuni paesi che hanno addirittura soppresso il proprio esercito. Oggi siamo molto lontani dall’appello ad abolire le armi nucleari lanciato da Barack Obama nel 2016, prima di lasciare la Casa Bianca».

Cha fare? Tra i fili rossi che intersecano e legano l’immensa opera di Gianni Rodari c’è quello – sempre evidente, sempre sensibile – del disarmo nucleare. Ecco come ci chiama tutti in causa in Sorprese in casa Rigògoli, tratto da Il giudice a dondolo.

         Stanco e sudato, Rigògoli scende dal lampadario, apre l’armadio per prendere la sua giacca da camera. Sorpresa: nell’armadio c’è un ingombrante e macchinoso aggeggio fusiforme, d’acciaio, o almeno sembra.

            - Carmen.

            La signora Rigògoli accorre in punta di piedi.

            - E quest’affare?

            -Oh, niente. Lo ha portato il Comando.

            - Quale Comando?

            - Ma sì, certi ufficiali. È soltanto una bomba all’idrogeno. Dicono che dobbiamo custodirla. Qui c’è anche un foglietto con le istruzioni: bisogna fare attenzione a questo e a quest’altro. Vieni, non hai ancora cenato.

            - Un momento, un momento. Che c’entriamo noi col Comando? Io questa roba in camera non ce la voglio. Non mi occupo di bombe, io, che me ne importa? Ho i miei figli, ho te, ho il mio lavoro. Al diavolo.

            - Caro, ma non ci puoi fare nulla. Anche al professor Locatelli, al piano di sotto, hanno messo una bomba nell’armadio. La signora Lorenzi ha un missile in cucina. Hanno fatto lo stesso in tutto il palazzo.

Siamo in piena guerra fredda. La corsa al riarmo ha prodotto tante armi nucleari che è come ne avessimo una ciascuno nell’armadio. Non c’è nulla da fare, sostiene la signora Rigògoli. Dobbiamo imparare a convivere con le armi atomiche nell’armadio. Non c’è nulla da fare? 

Niente affatto si può lottare per il disarmo:

         Il sudore si raggela in un secondo sulla fronte del dottor Rigògoli.

            - Che cosa sto facendo? – egli si chiede. – Ho messo a letto i bambini con le loro favole, e mi troncherei un piede per loro, tutt’e due le mani se fesse necessario. Ma che sto facendo? La cosa essenziale è togliere questa roba dall’armadio. Non si tratta del mio piede, ma della loro vita, del loro sonno tranquillo, del loro fervore. Carmen, presto, Carmen, bisogna subito provvedere. Bisogna suonare a tutte le porte, adesso, subito, senza perdere un minuto di tempo. Bisogna spalancare la finestra e dare l’allarme, gridare perché tutti si sveglino, altrimenti favole e sorprese, e anche il nostro affetto, non saranno che illusione e menzogna. Presto, subito, bisogna uscire di casa, scendere in piazza.

Smettiamola, dunque, di pensare come la signora Rigògoli e riprendiamo oggi – oggi più che mai – la battaglia per togliere le bombe dai nostri armadi. La cosa vale anche per gli scienziati. Come ben sottolinea Gianni Rodari in Il più bell’errore del mondo tratto da La torta in cielo.

Lì si parla di un certo professor Zeta che vuole realizzare il “fungo atomico dirigibile”.

         - Che bellezza, - esclamò Paolo. – Che soddisfazione per quelli che, dopo aver ricevuto la bomba atomica, si vedrebbero recapitare a domicilio anche il fungo. Ma sa, professore, che voi scienziati ne studiate proprio di buone?

            - Si fa per risparmiare, - rispose il professore, serio serio. 

            - Scusi, ma non si risparmierebbe di più se le bombe atomiche non si fabbricassero nemmeno?

            - Sono cose che tu non puoi capire. È politica. Io non mi interesso di politica. Io sono soltanto uno scienziato. 

No, caro scienziato non puoi dire «Io non mi interesso di politica. Io sono soltanto uno scienziato». Come avrebbe poi cantato Fabrizio de André: siamo tutti coinvolti.

Tu in primo luogo.

E a dimostrarlo ci sono propri quegli scienziati che si battano per il disarmo. Basti pensare alle Conferenze Pugwash, premio Nobel per la Pace, il cui segretario generale è un italiano, Paolo Cotta Ramusino. O anche all’Unione Scienziati per il Disarmo (USPID). Sono però pochi questi scienziati coraggiosi. La loro voce non sempre si sente. Occorre che siano di più. Occorre che tutti assumano in pieno la loro responsabilità sociale, come invitava a fare quel fine analista politico che era Gianni Rodari.

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