CULTURA

Don't look up, tra parodia e realtà politica

Si ride molto guardando Don't Look Up, uscito su Netflix il 24 dicembre, ma si ride amaro: è un film che, per quanto pieno di situazioni assurde, non esagera affatto. Mostra le élite politiche degli Stati Uniti esattamente come sono: avide e senza cervello, mentre i media che dovrebbero controllarle sono altrettanto vacui e irresponsabili. I tempi in cui viviamo sono contemporaneamente pieni di pericoli e incredibilmente stupidi: il merito del film di Adam McKay è il fatto che ne cattura acutamente la dinamica.

Le produzioni editoriali, cinematografiche e televisive negli anni di Donald Trump erano essenzialmente varianti di thriller politici in stile Watergate, in cui gli eroi erano istituzioni come la stampa e l'FBI, che difendevano coraggiosamente le leggi e la democrazia da un assalto senza pari nella sua pericolosità. Alla fine, naturalmente, i buoni vincevano e la cospirazione veniva sconfitta.

Don't Look Up si adatta molto meglio alla realtà degli Stati Uniti di oggi. Meryl Streep, nella parte del presidente, non si comporta da autocrate crudele che mette fine alla democrazia: è piuttosto sciocca e opportunista come la grande maggioranza dei politici di oggi. La democrazia americana nel film è già stata soffocata dal potere del denaro e dalla prepotenza degli oligarchi. Non c'è nessuna cospirazione segreta: i cattivi sono un'élite con i paraocchi, ossessionata da se stessa, ed è la loro avidità, venalità e stupidità che li porta a decisioni malvagie e catastrofiche.

Come probabilmente sapete già, il film è un'allegoria del disastro climatico. Gli astronomi Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence) e Randall Mindy (Leonardo Di Caprio) scoprono una cometa grande come il monte Everest che si dirige verso la Terra e capiscono (dopo aver disperatamente controllato e ricontrollato i calcoli) che è destinata a colpire la terra tra soli sei mesi. Naturalmente volano a Washington per informare il presidente.

Il cambiamento climatico è stato a lungo paragonato a un asteroide in avvicinamento dagli scienziati e molti happy end ci hanno abituato a dare per scontato che una coraggiosa squadra di personaggi, con l'aiuto della scienza moderna e di risorse governative illimitate, avrebbero disinnescato la minaccia spaziale. Gli unici ostacoli sarebbero stati i problemi personali, magari l’incapacità di fare squadra e l'immensità del compito stesso. Don't Look Up capovolge questo scenario: fermare il disastro vero e proprio non è la parte più difficile, il problema è convincere qualcuno a prendersi la briga di agire.

Mindy (ispirato dal noto climatologo americano Michael Mann) e Dibiasky sono frustrati nei loro sforzi ad ogni passo. Il presidente Orlean (una grandissima Meryl Streep) e il suo inetto figlio, che è anche il capo di gabinetto, inizialmente li respingono, poi cercano un motivo per ritardare l'intervento: le elezioni di metà mandato sono alle porte, hanno altro a cui pensare. La stampa è per lo più disinteressata, e l'unico giornale dell'establishment che tratta la storia come si dovrebbe ci rinuncia rapidamente dopo che la Casa Bianca contesta le affermazioni degli scienziati. La coppia si rivolge alla televisione e approda un popolare show del mattino, dove i conduttori danno loro meno spazio di quello dedicato al gossip sulle celebrità.

Le cose non migliorano quando il governo prende finalmente sul serio la minaccia, salvo che decide (ispirato dal capo di una multinazionale dei telefonini che è anche finanziatore della presidente e gioca dunque un ruolo determinante nelle sue decisioni) di “agganciare” la cometa per sfruttarne i metalli preziosi, anziché deviarla. A quel punto sembra logico intervistare in TV una donna che dice seriamente che "i posti di lavoro che la cometa creerà sembrano fantastici". Mindy si inebria della conquistata celebrità e diventa poco più di un portavoce del governo. Dibiasky si ritira completamente in una cupa apatia, finendo a lavorare in un supermercato. 

Non sono i cittadini, il problema, ma chi li governa e amministra

Alcuni critici hanno accusato il regista di compiacimento e disprezzo per la gente comune, dipingendo gli Stati Uniti come un paese troppo stupido per salvarsi. In Don't Look Up il problema non sono però i cittadini: al contrario, gli avventori del bar reagiscono con preoccupazione e violenta indignazione a ciò che rivelano i due astronomi. In un comizio modellato su quelli di Trump, gli organizzatori implorano la folla di "non guardare in alto"  (Don't Look Up, appunto) fino a quando un tizio vede la cometa che sfreccia chiaramente verso di loro e urla: "Ci hanno mentito, cazzo!".

L’interesse del film sta nel fatto di essere molto divertente ma sostanzialmente realista: sono le élite e le istituzioni del paese, compresi i mass media, il vero problema negli Stati Uniti. Il potere del denaro è sufficiente per ingannare, manipolare e distrarre i cittadini da ciò che conta davvero. Forse è per questo che il film è stato accolto con freddezza da molta stampa, che lo ha criticato per la “mancanza di sottigliezza”.

Come ha scritto Branko Marcetic su Jacobin, però, la sottigliezza non sempre è una virtù. Il Dottor Stranamore, il classico della Guerra fredda a cui il film di McKay è stato paragonato, non era certo un modello di understatement, con un militare americano consigliato da uno scienziato nazista e un pilota cowboy che si lancia dall’aereo a cavallo di una testata nucleare per distruggere gli odiati russi. Ci sono diversi modi di fare dei film e quello di McKay più che parlare del clima parla delle istituzioni americane mostrandone la logica fondamentalmente assurda e senza senso che le governa oggi.

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012