SCIENZA E RICERCA

L'Europa approva la sua svolta "verde". Il percorso rimane in salita

Il primo passo è stato fatto: l’Unione Europea ha approvato il green deal, il piano europeo per l’ambiente fortemente voluto dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.

Il percorso non è certamente in discesa: molti ostacoli si presenteranno, da qui al futuro, per realizzare un piano che, sulla carta, promette di far diventare l’Europa, entro il 2050, il primo continente sostenibile del mondo.

Quello che è certo è il tempo, sempre meno – a livello globale – per compiere azioni decise a tutela e a salvaguardia del clima terrestre. Gli allarmi e le raccomandazioni non mancano.

L’ultima arrivata è contenuta nell’ultimo documento elaborato dall’Agenzia per la protezione dell’Ambiente dell’Ue: L’ambiente in Europa: stato e prospettive nel 2020. È proprio il rapporto a dettare le linee guida che l’Europa dovrebbe seguire per perseguire i suoi ambiziosi programmi per contrastare il cambiamento climatico: “Nonostante l’Europa – si legge nel rapporto – abbia portato avanti politiche ambientali e climatiche con relativi benefici negli ultimi decenni, il territorio affronta ancora persistenti problemi come perdita della biodiversità, uso delle risorse, impatti del cambiamento climatico e rischi ambientali che ricadono sulla salute pubblica e sul benessere in generale”. Il suggerimento dell’Agenzia per l’ambiente è chiaro: l’Europa si trova a un bivio nel 2020. I leader politici hanno l’opportunità di prendere delle decisioni per plasmare il futuro che non potranno avere i loro successori. Il messaggio è in linea con quanto dichiarato dal mondo scientifico: senza una ferma azione politica non si potranno fare i passi necessari per contenere, in tempo, il trending dei cambiamenti climatici. 

Va da sé che la politica sta, invece, ancora latitando: ne è dimostrazione il fallimento dell’ultima conferenza sul clima di Madrid del 2019 (la COP25), dove i leader mondiali che hanno aderito agli accordi sul clima di Parigi non sono riusciti a trovare un accordo, rimandando, di fatto, tutto alla prossima COP (la 26) in programma a Glasgow nel 2020. I veti incrociati hanno portato a una fumata nera con alcuni Paesi, più virtuosi, in aperto contrasto con territori che temono forti ricadute economiche e sociali nel tentativo di modificare i trend di emissione di CO2 e abbandonare, di conseguenza, una produzione industriale basata sul consumo di materiali fossili (il carbone in primis).


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La notizia di ieri dell’approvazione del Green deal europeo è un primo passo, forse ancora timido, per invertire il percorso nel tentativo di rendere l’Europa un modello virtuoso che possa fare da traino anche per i Paesi ancora titubanti. “Vogliamo raggiungere le emissioni zero entro il 2050 – ha dichiarato il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis – il piano per gli investimenti sostenibili punta alla mobilitazione di almeno 1.000 miliardi di euro nei prossimi dieci anni”. I fondi, che richiederanno sostanziali modifiche ai meccanismi di finanziamento finora adottati, avranno un duplice scopo: saranno utilizzati per fare in modo di modificare, radicalmente, i vari comparti chiave per ridurre le emissioni di gas climalteranti (energia, mobilità, industria, trasporti pubblici, costruzioni) e come manleva per convincere e aiutare i Paesi membri dell’Unione più riluttanti proprio per i timori collegati a una conversione del sistema economico-industriale verso politiche verdi (la Polonia ne è un chiaro esempio).

È la stessa Commissione europea a spiegare quali sarebbero i rischi di inattività su questi pronti: “regaleremmo” alle future generazioni (i dati sono presi dalla stessa Agenzia per l’Ambiente) 400.000 morti premature a causa dell’inquinamento dell’aria,  90.000 morti annuali come risultato delle ondate di calore, il 16% delle specie a rischio estinzione se le temperature salissero oltre i 4° gradi centigradi e un aumento di 600.000 richieste di asilo in più a cause delle migrazioni dovute al clima.

I propositi, ora approvati, sono insomma più che lodabili e vanno nella direzione giusta. Ma il percorso non è scevro dagli intoppi: Ursula von der Leyen ha dichiarato che entro marzo sarà predisposta e approvata la prima legge sul clima a livello europeo, vincolante. La speranza è che i vari Paesi membri seguano senza imbarazzo e con convinzione le linee guida di legge (e non). Altrimenti si tratterebbe dell’ennesimo buco nell’acqua. 

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