SCIENZA E RICERCA

Giornata mondiale donne nella scienza. Votano: “No agli stereotipi e incoraggiare i talenti femminili”

In tutto il mondo, solo il 30% delle persone che lavorano nel campo della ricerca scientifica sono donne. La disparità di genere all’interno della comunità scientifica è ancora un problema che rischia di privare la società di professionalità e talenti che possono dare un contributo prezioso per il progresso scientifico e culturale dell’umanità intera. Ma perché intraprendere una carriera scientifica è più arduo per le donne, rispetto agli uomini? E quali sono i principali ostacoli che le ricercatrici incontrano lungo il loro percorso? Si tratta, naturalmente, di domande che non hanno un’unica risposta e che possono essere affrontate da diversi punti di vista. In occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza abbiamo affrontato questi argomenti con Lucia Votano, dirigente di ricerca emerita dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che ha condiviso con Il Bo Live la sua opinione su queste tematiche.

“Viviamo in una società in cui spesso, purtroppo, la funzione sociale della scienza viene sottovalutata, se non addirittura ignorata”, riflette Votano. “La popolazione (e, di riflesso, anche la classe politica) ha in generale poca fiducia e scarsa consapevolezza del ruolo che hanno gli scienziati all’interno della società, a prescindere dal loro genere. Si tratta, quindi, di un problema di mentalità: la scienza continua ad essere considerata, fin troppo spesso, una nicchia culturale che, pur destando fascino e interesse, rimane, nell’immaginario comune, un settore riservato a pochi. Questa mancanza di riconoscimento verso il ruolo sociale della scienza (e della cultura in generale) può allontanare i giovani dallo studio di questa materia durante il loro percorso scolastico. Ebbene, questo vale a maggior ragione per le ragazze che devono anche scontrarsi, purtroppo, con alcuni stereotipi che sono ancora radicati nella società e che possono scoraggiarle e minare la fiducia che ripongono in loro stesse. Ad esempio, uno stereotipo che spesso viene perpetuato anche all’interno delle famiglie è la convinzione che le cosiddette “scienze dure” siano appannaggio degli uomini, più che delle donne”.

Insomma, la percezione sociale delle donne nella scienza sembra variare a seconda degli specifici ambiti di ricerca. Si tratta di una tesi che è stata sostenuta anche dagli autori di uno studio recentemente pubblicato sul Journal of Experimental Social Psychology che evidenzia un legame tra gli stereotipi di genere nella scienza e la distinzione, nell’immaginario comune, tra “scienze dure” (hard sciences) e “scienze morbide” (soft sciences). Infatti, attraverso una serie di esperimenti che hanno coinvolto un campione di 177 partecipanti, gli autori di questa ricerca hanno rilevato che le persone che non lavorano nel campo della scienza tendono a etichettare come “scienze morbide” i campi disciplinari in cui ritengono ci sia una maggiore presenza femminile e come “scienze dure” i settori in cui osservano, al contrario, una maggiore partecipazione di uomini. Inoltre, lo studio conferma anche una propensione generale a svalutare le scienze morbide rispetto a quelle dure. Alle scienze dure, infatti, sembrano essere attribuite, nell'immaginario comune, le caratteristiche solitamente associate allo stereotipo maschile, come l'obiettività, l'affidabilità e il rigore; alle scienze morbide, invece, vengono riconosciuti un grado di autorevolezza minore e un maggior livello di soggettività.

Come fare, quindi, ad abbattere questi stereotipi ancora così radicati all’interno della popolazione? Secondo Lucia Votano, è fondamentale trovare dei modi per aumentare la confidenza e la fiducia che le donne hanno in loro stesse e nelle loro capacità.

Non è solo la diversa fama di cui godono i vari ambiti di ricerca a influenzare la scelta di intraprendere o meno la carriera scientifica. Esistono infatti molti altri fattori che possono entrare in gioco e spingere una donna a rinunciare alla ricerca scientifica o ad abbandonarla.

“La preoccupazione di non riuscire a conciliare l’impegno lavorativo con la famiglia e il tempo libero è un altro degli ostacoli solitamente incontrati dalle donne”, commenta Votano. “Occuparsi della ricerca scientifica è senza dubbio un mestiere che richiede molto tempo, ma per fortuna in quest’ultimo periodo la situazione è progressivamente migliorata: è in atto un cambiamento culturale che promuove una maggiore collaborazione tra uomini e donne nella gestione familiare. Allo stesso modo, anche la figura della scienziata per antonomasia si è trasformata parecchio rispetto al passato. Fino a poco tempo fa, nell’immaginario collettivo e sociale, la donna di scienza era piuttosto una “vestale della scienza” che per perseguire questa carriera doveva rinunciare ad avere una famiglia e ad ogni altro interesse. Oggi, per fortuna, ci sono tanti esempi di scienziate che pur svolgendo un lavoro impegnativo e coinvolgente in campo scientifico riescono a conciliare (seppur, a volte, con fatica) lavoro, tempo libero e famiglia. È importante, soprattutto per le più giovani, avere delle role model di questo tipo, che possano essere d’ispirazione sia per i traguardi lavorativi raggiunti, sia per la loro esperienza personale e familiare”.

“Naturalmente, per aumentare il numero di donne coinvolte nella ricerca, bisognerebbe anche investire di più nella formazione scientifica e nei progetti avviati”, continua Votano. “Infatti, se in un paese si conduce poca ricerca scientifica e le donne nella scienza sono in minoranza, è chiaro che le prime ad essere penalizzate sono proprio queste ultime. Oltre a destinare un maggior numero di fondi ai progetti di ricerca, è anche importante cercare di prevenire il più possibile l’abbandono della carriera scientifica da parte delle donne. Dobbiamo immaginare il settore della ricerca scientifica femminile come un tubo forato e il capitale umano come l’acqua che lo attraversa e che, in parte, fuoriesce”.

Per cercare di “tappare i buchi” di questo metaforico tubo sono stati istituiti diversi premi, come il programma l’Oréal Italia per le donne e la scienza – per il quale Lucia Votano presiede la giuria – che offre delle borse di studio destinate alle ricercatrici sotto i 35 anni.

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