SOCIETÀ

L'aiuto pubblico allo sviluppo dell'Italia è ancora altamente insufficiente

Ad inizio dicembre abbiamo visto come gli enti locali come Regioni, province e città metropolitane siano fondamentali per cercare di raggiungere i 17 target degli sviluppo sostenibile. L’importanza dei territori è dovuta al fatto che proprio qui poi, nel locale, si devono mettere in campo le decisioni più concrete. Come denunciato dal Presidente di Legambiente Veneto Luigi Lazzaro in un’intervista su ytali, “quello che non si vede mai è proprio la ricaduta nei territori. Una volta presi accordi, soddisfacenti o meno, manca la loro applicazione nelle azioni da mettere in campo fino al livello più prossimo alla cittadinanza, che poi è quella che subirà per prima la crisi climatica e dovrà adattarsi, soprattutto nelle aree più esposte ai cambiamenti”. “Il problema - conclude Lazzaro - è come si possono coinvolgere, fare partecipare i territori, che devono avere un ruolo centrale nella transizione ecologica, se vogliamo chiamarla così, per risolvere la crisi climatica in corso”

Una volta presi accordi, soddisfacenti o meno, manca la loro applicazione nelle azioni da mettere in campo fino al livello più prossimo alla cittadinanza, che poi è quella che subirà per prima la crisi climatica e dovrà adattarsi Luigi Lazzaro - Legambiente

Anche l’ASviS, cioè l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, ha messo tra le priorità necessarie la creazione di un Sistema multilivello di Strategie e Agende per lo sviluppo sostenibile incardinato sugli strumenti di programmazione degli enti. Come si legge nel Rapporto Territori 2021,  “occorrerebbe costruire una Strategia territoriale nazionale per la rigenerazione urbana, il consumo di suolo e i principi fondamentali per il governo del territorio, avendo però un coordinamento di tutti i programmi di rigenerazione urbana già finanziati, oltre all’elaborazione dell’Agenda urbana nazionale da parte del Comitato interministeriale per le politiche urbane (CIPU)”.

Insomma non si possono iniziare a mettere concretamente in campo azioni importanti senza una sinergia tra governo centrale ed enti locali. 

L’Italia però in questo 2021 ha avuto un ruolo internazionale cruciale per quanto riguarda lo sguardo verso il futuro. Il nostro Paese infatti è stato Presidente del G20 ed ha avuto la co-presidenza della Cop26. Come messo in luce dall’ASviS, questo protagonismo contrasta con “il disimpegno del Paese (per il terzo anno consecutivo) rispetto all’Aiuto pubblico allo sviluppo (Aps), che si attesta, secondo i dati preliminari per il 2020, allo 0,22% Aps su reddito nazionale lordo. In pochi parole ci si sta allontanando dall’obiettivo dello 0,7% fissato per il 2030. Lo 0,7% è il rapporto tra aiuto pubblico allo sviluppo e reddito nazionale lordo che i paesi donatori si sono impegnati a raggiungere entro il 2030. Questo non è nient’altro che l’obiettivo numero 17 dell’agenda per lo sviluppo sostenibile.

Ci sono Paesi che superano di gran lunga quest’obiettivo, come Svezia, Norvegia e Lussemburgo ed altri, come Italia, Spagna e Stati Uniti, che ancora arrancano nel raggiungere la fatidica percentuale dello 0,7%.

 

Insomma l'Italia ad oggi è distante dal raggiungimento dell'obiettivo dello 0,7%, nonostante per anni ci sia stata una crescita evidente nel rapporto Aps/Rnl. Crescita che di fatto, analizzando i dati, è completamente svanita tra il 2018 ed il 2020, tornando ai dati di investimento uguali rispetto a quelli di 5 anni prima.

 

La situazione italiana però non è così distante da quella europea. Come ha messo in luce l’ASviS, “a livello europeo, l’indice del Goal 17 mostra una tendenza complessivamente negativa dovuta principalmente alla riduzione delle importazioni dai Paesi in via di sviluppo che passano dal 5,4% al 3,7% del Pil tra il 2010 e il 2019 e alla diminuzione della quota di tasse ambientali dal 6,2% al 5,9%. La quota di Aiuto pubblico allo sviluppo (Aps), pur con oscillazioni, rimane invece invariata tra il 2010 e il 2019 (0,41% del Reddito nazionale lordo), mentre migliora il debito pubblico, che passa dall’80,5% nel 2010 al 77,5% nel 2019”. 

Anche rispetto a questi indicatori, il nostro Paese si colloca al di sotto della media europea. La causa principale, e non solo di ciò, è l’enorme depito pubblico italiano. Rispetto al Pil infatti, siamo al 134,6% contro il 77,5% dell’Ue. Va da se poi, che, come abbiamo visto, anche l’investimento dedicato all’Aps è in percentuale molto più basso rispetto alla media dell’Unione Europea (0,22% contro il 0,41% dell’Ue).

Il lavoro da fare per l’Italia per raggiungere lo 0,7% è ancora molto. Il Goal 17 quindi, per ora rappresenta più un miraggio che una concreta meta a breve termine. Per accelerare questo necessario percorso l’ASviS ha messo in campo alcune proposte concrete. La prima di queste è quella di rendere obbligatorio, inserendolo nella legislazione italiana, un preciso vincolo per il raggiungimento dello 0,7% per l’Aiuto pubblico allo sviluppo entro il 2030, in modo tale da mettere un paletto inamovibile per i prossimi anni. 

Le proposte di ASviS poi vanno dal rendere effettivamente operativo il ruolo di Cassa Depositi e Prestiti nel quadro della legge 125/2014 sulla cooperazione internazionale al farsi promotore, come Paese, per la cancellazione del debito dei Paesi a più basso reddito e per la ristrutturazione di quello dei Paesi che possono sostenere una riconversione, vincolando a questi principi anche i creditori privati. Un’ulteriore proposta per raggiungere il Gola 17 dell’Agenda 2030 è quella di “valutare l’adesione dell’Italia al Covid-19 technology access pool”, cioè  la piattaforma promossa dall’Organizzazione mondiale della sanità per consentire una maggiore condivisione dei diritti di proprietà intellettuale dei dati clinici sul Covid-19 al fine di accelerare la risposta globale alla pandemia, e invitare le imprese italiane ad aderire. Infine l’ultimo “consiglio” dell’Agenzia italiana per lo sviluppo sostenibile è quello di “rispettare a livello europeo i diritti umani garantiti dai trattati internazionali nei confronti di rifugiati e migranti e riaprire il dialogo internazionale sul Global compact for migration”. Tutti temi che sono sul piatto da anni e che renderebbero ancor più civile il nostro Paese.

 

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