SOCIETÀ

L'OMS: cambiare i valori dell’economia per tutelare la salute dell’uomo e del pianeta

L’attuale modello economico è come il cinico di Oscar Wilde, che «conosce il prezzo di tutto, e il valore di nulla». Infatti, «nella nostra economia, la varietà e complessità dei valori è schiacciata su un’unica unità di misura, il prezzo. Ciò che ha valore richiede un prezzo più alto; ciò che richiede un prezzo più alto è considerato di maggior valore – questa è la narrazione condivisa».

Quelle riportate sopra non sono parole di attivisti o giovani idealisti: sono, invece, le parole di apertura di un autorevole Rapporto redatto dal “Consiglio sull’Economia della Salute per Tutti” (Council on the Economics of Health for All) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il Consiglio nasce a novembre 2020 per studiare e trovare soluzioni a uno dei temi di interesse globale più urgenti, di questi tempi: la salute pubblica. Composto da influenti esperti nel settore (a presiedere il Consiglio è Mariana Mazzucato, professoressa di Economia dell’Innovazione allo University College di Londra), il Consiglio sta pubblicando una serie di documenti in cui vengono approfonditi alcuni dei punti nodali nel cammino verso la costruzione di una vera “salute per tutti”.

Il terzo Rapporto, pubblicato a marzo 2022, si concentra sui valori che dovranno indirizzare la politica e l’economia in vista di questo obiettivo. Garantire la “Salute per tutti” significa raggiungere una condizione in cui salute e benessere siano realmente accessibili ad ogni membro della comunità globale. Per far sì che un simile scopo venga realizzato, tre devono essere i valori verso cui orientare ogni scelta individuale e collettiva:

  • Salute del pianeta: preservare alcuni fondamentali beni e servizi ecosistemici (acqua e aria pulita, un clima stabile, ecosistemi sani) e non oltrepassare i confini planetari;
  • Diversità e inclusione sociale: lavorare per incrementare la coesione sociale, ridurre i fattori che causano disuguaglianze, dare valore agli elementi di diversità;
  • Salute e benessere umani: garantire che ogni persona sia posta nelle migliori condizioni per prosperare dal punto di vista fisico, mentale ed emotivo.

L’inadeguatezza del sistema attuale

Il primo, imprescindibile passo di questo cambiamento di paradigma deve riguardare i valori fondanti del nostro sistema economico. «Confondere prezzo e valore e perseguire una crescita economica infinita» rende impossibile, infatti, comprendere quali sono gli elementi veramente necessari per far sì che la “Salute per tutti” divenga realtà. In effetti, il sistema economico attualmente dominante è affetto da una «ossessione patologica per il PIL», ritenuto l’unica misura del progresso, che tuttavia contiene in sé una ineliminabile perversione: premia una crescita che è resa possibile dalla distruzione dell’ambiente e dall’aumento delle diseguaglianze, trascurando completamente ciò che ha veramente valore – ciò che, in altri termini, contribuirebbe a tutelare la salute umana e del pianeta.

Eppure, sembra che i decisori politici siano in larghissima parte vittime dell’incantesimo del PIL. Solo nel 2020, l’anno della pandemia – denuncia il Consiglio patrocinato dall’OMS –, il PIL globale è cresciuto di 2,2 miliardi di miliardi di dollari ‘grazie’ all’aumento delle spese militari, mentre soltanto una piccola parte di questa immensa somma di denaro (circa 50 miliardi di dollari) sarebbe stata sufficiente per garantire la copertura vaccinale contro il SARS-CoV-2 all’intera popolazione mondiale. Tali dati mostrano chiaramente come la “salute per tutti” non sia certo in cima alla lista delle priorità della maggior parte dei governi: «Se così non fosse – sottolineano gli autori del Rapporto – i governi non avrebbero destinato alle spese militari investimenti 40 volte più ampi di quelli necessari per la salute».

Le alternative esistono, e c’è chi le applica

Eppure, questa tendenza negativa non è universale. Alcuni Paesi, infatti, si stanno pian piano liberando dal “fondamentalismo del PIL” e stanno iniziando ad applicare su scala nazionale altri sistemi di misurazione del benessere e del progresso della società. La Finlandia, ad esempio, ha sostituito il PIL con il GPI (Genuine Progress Indicator), che misura il progresso in termini di sostenibilità e valuta negativamente le attività che generano profitto a spese della giustizia sociale o ambientali. Il Bhutan, piccola monarchia himalayana tra l’India e il Tibet, dal 1972 (anno di pubblicazione del Rapporto del Club di Roma The Limits to Growth e della prima conferenza ONU sull’Ambiente umano) basa le proprie stime economiche sul Gross National Happiness Index (GNH), un indicatore molto variegato che valuta l’impatto che le scelte politiche nazionali hanno sulla felicità dei cittadini.

Quel che è stato osservato in questi Paesi ‘pionieri’ è molto istruttivo. Nel corso del tempo, infatti, il disaccoppiamento tra PIL e indicatori come il GPI o il GNH è evidente: laddove uno cresce, l’altro inevitabilmente diminuisce. È una dimostrazione sul campo di come il modello economico attuale non riconosca il giusto valore (e di conseguenza non favorisca) a ciò che sarebbe necessario per garantire il progresso e il benessere collettivo, al di là degli indici monetari e finanziari.

La differenza tra questi due approcci è, fondamentalmente, soltanto una: riconoscere la limitatezza del PIL significa riportare l’economia alla sua vera natura, che consiste nell’essere un mezzo, e non l’unico fine.

Per virare verso una visione più ‘umana’ dell’economia, dunque, bisogna imparare a dare valore anche ai beni e alle attività a cui non è possibile attribuire un prezzo in termini monetari. È essenziale, inoltre, riconoscere come gli obiettivi economici non siano gli unici da raggiungere, dal momento che individui e comunità abbracciano valori, scopi e visioni del mondo differenti, ma tutte egualmente degne di considerazione e che possono contribuire, nella loro diversità, a raggiungere il comune obiettivo di una “Salute per tutti”.

Un unico sistema di misurazione – affermano i membri del Consiglio – non potrà riunire tutti le componenti necessarie per la “Salute per tutti”. Ma, a ben guardare, inventare nuovi strumenti non è necessario: abbiamo i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030, sottoscritti da quasi tutte le Nazioni del mondo; da lì possiamo cominciare a costruire. E non si tratta solamente di buoni propositi: anche in questo caso, infatti, c’è già chi ha aperto la strada. L’esempio riportato dal Council è quello del Ghana, che, così come altre nazioni, ha creato da alcuni anni delle voci di spesa dedicate ai singoli SDGs con l’obiettivo di aumentare il benessere collettivo lavorando su quattro direttrici: economia, ambiente, società e istituzioni.

Quale “sviluppo”?

La “Salute per tutti” è una delle caratteristiche irrinunciabili per una società che voglia garantire giustizia ambientale e sociale a tutti i suoi cittadini, come teorizzato nella “Economia della Ciambella” (Doughnut Economy), il famoso modello economico sviluppato da Kate Raworth, professoressa all’Environmental Change Institute di Oxford. Questo modello, infatti, offre una perfetta sintesi del necessario equilibrio tra salute del pianeta e degli esseri viventi che lo abitano, e salute e benessere umani. Le priorità sociali e le esigenze ambientali non possono essere considerate come indipendenti le une dalle altre: si tratta di dimensioni strettamente correlate, alla cui cura non possiamo che dedicarci in modo concertato. Se consideriamo, dunque, l’insieme di queste due dimensioni come la soglia della sostenibilità, scopriamo che «nessuna nazione, ad oggi, opera effettivamente all’interno dei limiti planetari riuscendo, al tempo stesso, a soddisfare le esigenze dei propri cittadini. […] In questo senso, nessuna nazione può essere considerata sviluppata: ogni Paese deve perciò imboccare un percorso di trasformazione senza precedenti per garantire la salute degli esseri umani e del pianeta».

La crisi pandemica ha esposto in maniera irrevocabile le fragilità dell’attuale modello di sviluppo, e ha messo in evidenza l’intima correlazione tra tutela dell’ambiente e sviluppo umano. A valle di questa crisi, l’ignoranza non è più una scusa: d’ora in avanti, le soluzioni potranno essere soltanto sistemiche, e dovranno tenere in considerazione la complessità e la pluralità dei fattori in gioco.

Anche gli attori che prenderanno parte al cambiamento dovranno rispecchiare questa varietà e complessità. È necessario un approccio che coniughi le visioni cosiddette whole-of-government e whole-of-society, le uniche in grado di garantire che tutte le forze a disposizione (decisori politici, portatori di interesse, attori economici, organizzazioni, associazioni, società civile e comuni cittadini) siano adeguatamente coinvolte. L’obiettivo a cui mirare è un vero e proprio mutamento sistemico, che dovrà consentire, ad esempio, di arrivare preparati alla prossima crisi – sanitaria o ambientale che sia. La prevenzione, dunque, sarà un elemento chiave: bisognerà garantire non solo prestazioni sanitarie, ma anche educazione, condizioni di vita e di lavoro dignitose, indipendenza finanziaria, l’accesso a un ambiente sano. Tutte sfide che dovranno essere sostenute da politiche economiche mirate, le quali saranno rese possibile dalla condivisione, da parte dei decisori politici, di un presupposto comune: destinare fondi e investimenti non soltanto a ciò che ha valore sul piano monetario, ma a ciò che contribuisce al progresso e al miglioramento della società.

Come gli stessi autori di questo Policy Brief riconoscono, gli obiettivi qui delineati sono senz’altro ambiziosi, ma non fuori dalla nostra portata. Esempi incoraggianti di cambiamento sono già sotto i nostri occhi; la società civile e, seppur ancora timidamente, il mondo politico ed economico, stanno iniziando a muovere i primi passi in questa direzione. Come la pandemia ha insegnato, il cambiamento radicale delle nostre abitudini di vita può avvenire anche nel corso di una sola notte. Siamo di fronte a una sfida altrettanto urgente, altrettanto epocale: mettiamo a frutto le nostre risorse.

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